Clemen Parrocchetti divora la vita al FRAC della Lorena di Metz

Tempo stimato per la lettura: 6,4 minuti
Rocchetti, fili, puntaspilli, aghi e siringhe, sono tra gli oggetti impiegati da Clemen Parrocchetti per denunciare la condizione della donna negli anni 70. A quest’artista italiana, il 49 Nord 6 Est – Frac Lorraine dedica l’esposizione Clemen Parrocchetti Dévorer la vie, curata da Fanny Gonella, direttrice del Frac Lorraine, in cooperazione con Sophie Potelon, coordinatrice de la programmazione.
Dal 14 marzo al 17 agosto 2025, al Fondo regionale d’arte contemporanea di Metz sono esposte per la prima volta in Francia le opere di Clemen Parrocchetti dal linguaggio visivo ben caratterizzato come il suo posizionamento politico. Quest’esposizione sarà presentata in ottobre al museo del Novecento di Firenze.
Alla ricerca di un nuovo simbolismo
Formatosi all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano negli anni ’50, Clemen Parrocchetti è un artista italiana la cui vasta opera comprende disegno, scultura e installazione. Il suo alfabeto visivo, di cui gli elementi fondatori appaiono già nella prima sala espositiva, testimonia un ricco dialogo tra parole e forme, espresso attraverso composizioni su carta e tessuto. Parrocchetti trae il suo vocabolario formale da materiali quotidiani, in particolare dal cucito e dal ricamo, trasformando aghi, fuselli, fili e bambole in strumenti di denuncia e protesta.
Nel 1973, ricama su una placca di alluminio il suo manifesto Promemoria per un oggetto di cultura femminile, unendo un discorso emancipativo a un gesto tradizionale legato culturalmente, soprattutto nel mondo occidentale, all’universo della donna.
Una voce femminista attraverso l’arte
L’arte di Clemen Parrocchetti si distingue per la capacità di affrontare temi complessi e spesso delicati, in particolare l’oggettivazione del corpo femminile attraverso il prisma dello sguardo maschile. Nelle sue opere utilizza la frammentazione del corpo femminile – rappresentato da elementi come bocche, seni e vulve – per criticare questa oggettivazione. Parrocchetti non si limita a raffigurare l’anatomia femminile; integra le lotte femministe contemporanee, come il diritto all’aborto, la lotta contro la violenza domestica e il riconoscimento del lavoro delle “casalinghe”, lotte che risuonano ancora oggi.
Dai collettivi la linfa artistica
Alla fine degli anni ’70 entra a far parte del collettivo Immagine di Varese, un gruppo di artiste femministe italiane, e partecipa a opere emblematiche come Barriere (1978), un’installazione monumentale che simboleggia le donne e materializza il legame tra le arti visive e i movimenti femministi in Italia. In quest’installazione, esposta a Metz, i rocchetti portano la bandiera italiana a quella del Vaticano: una critica esplicita dell’influenza della religione sulle scelte dello stato.
Le opere di Parrocchetti di questo periodo illustrano una svolta artistica legata al suo impegno attivista. Esprime la sua rivolta contro un’educazione familiare rigida, affermando che il suo amore per il disegno e la pittura era una forma di terapia, che le permetteva di liberarsi dalle sue paure e fantasie.
Le donne artiste nella storia dell’arte
Deviando i materiali e giocando con i simboli, il suo vocabolario artistico prende in prestito da varie tendenze, come l’artigianato, la pop art e il surrealismo, per creare immagini e volumi che risuonano con i nostri tempi. Con un estremo sarcasmo, attraverso il grottesco senza idealizzazione, esprime le sue emozioni contrastanti personali che acquistano una dimensione universale.
Il Frac Lorraine, presentando per la prima volta in Francia l’opera di Clemen Parrocchetti, mette in luce genealogie artistiche spesso invisibili, restituendo così un posto alle donne artiste nella storia dell’arte.
Gli anni Settanta
Negli anni ’70, mentre le femministe italiane cantavano “Tremate, tremate, le streghe sono tornate”, Parrocchetti mette in discussione il suo ambiente sociale e collega il suo femminismo alla sua pratica artistica. Le sue opere, come Quattro tappe obbligate per un’apoteosi (1975), denunciano i ruoli assegnati alle donne attraverso simboli potenti.
Nel 1978, partecipa alla Woman Art Society, un primo incontro nazionale di operatori culturali, dove denuncia il sessismo ambientale e il patriarcato nel mondo artistico. Il suo discorso, segnato dalla rabbia di fronte all’emarginazione, segna una svolta nella sua ricerca artistica, permettendogli di liberarsi dalla cultura maschile che lo soffocava. Parrocchetti utilizza materiali modesti per raccontare in modo ironico la storia della donna, invitandola a reagire e ribaltare le regole del gioco.
Le battaglie politiche
La mostra Clemen Parrocchetti Dévorer la vie propone al pubblico una delle sue opere iconiche, Macchina delle frustrazioni (1975), che simboleggia l’aborto e collega la sua storia personale a una realtà sociale, ricordando che questo diritto è legale in Italia dal 1978. Parrocchetti riesce a fondere l’intimo e il politico, illustrando come le esperienze personali delle donne siano spesso ancorate a contesti sociali più ampi.
L’opera Metamorosi di una processione (Sveglia!) del 1978 simboleggia questo risveglio femminista, testimoniando l’impegno dell’artista attraverso un’arte che sfida e provoca. La sua eredità sopravvive, ispirando nuove generazioni di artisti a continuare la lotta per l’uguaglianza e il riconoscimento delle voci femminili nel mondo dell’arte.
Guerra agli stereotipi
Clemen Parrocchetti esplora anche la dualità delle donne, oscillando tra la pulsione di vita e quella di morte, il seducente e l’abietto. Presenta le donne in molteplici sfaccettature, abbracciandone la complessità. Nelle sue opere la donna non è solo aggraziata; è anche mostruosa, capace di divorare o proteggere. In un autoritratto, la carne della donna si sovrappone a quella dell’animale, sfumando i confini tra le specie. Ad esempio, in Medusa (1997), le forme evocano sia elementi femminili che creature marine, sottolineando questa interconnessione.
L’interesse per gli insetti
Parrocchetti non si limita alla rappresentazione delle donne; si interessa anche ad altre forme di vita spesso considerate secondarie o dannose. Insetti come falene, pulci e scarafaggi diventano soggetti di studio preferiti, così come i suoi cani, con i quali si raffigura negli autoritratti. Mettendo l’animale sullo stesso piano dell’essere umano, conferisce a queste creature caratteristiche antropomorfe, come in Danza nuziale di due pulci amorevoli (2002). Questo approccio dimostra empatia verso coloro che spesso vengono rifiutati dalla società.
Donna, natura, ecologia
Indirettamente Clemen Parrocchetti affronta questioni ecologiche, nell’ambito di una riflessione eco-femminista. Questa scuola di pensiero evidenzia le somiglianze tra i sistemi di dominio delle donne da parte degli uomini e quelli di sfruttamento eccessivo della natura da parte degli esseri umani. In questo senso, l’arte di Parrocchetti invita a riesaminare le relazioni tra i generi e tra l’umanità e la natura, suggerendo che la pratica dell’ecologia richiede una rivalutazione di queste dinamiche.
Clemen Parrocchetti, attraverso la sua arte, spinge a riflettere sulla condizione femminile, all’oggettivazione e al nostro rapporto con la natura. La sua opera è un potente appello al riconoscimento della complessità dell’essere umano e della necessità di una convivenza armoniosa tra tutte le forme di vita.
Foto:
Vista dell’esposizione Clemen Parrocchetti Dévorer la vie – particolare Tarma, 1998 © Cristina Biordi
Vista dell’esposizione Clemen Parrocchetti Dévorer la vie – particolare Barriere, 1978 © Cristina Biordi
Vista dell’esposizione Clemen Parrocchetti Dévorer la vie – particolare Promemoria per un oggetto di cultura femminile, © Cristina Biordi
A proposito di un certo pranzo con croci, gioielli e fiori, 1969 © Antonio Maniscalco Courtesy Chert Lüdde, Berlin, and Clemen Parrocchetti Archive, Borgo Adorno
Metamorfosi di una processione (Sveglia!), 1978, © Andrea Rossetti Courtesy Chert Lüdde, Berlin, and Clemen Parrocchetti Archive, Borgo Adorno
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Clemen Parrocchetti divora la vita al FRAC della Lorena di Metz
Tempo stimato per la lettura: 19 minuti
Rocchetti, fili, puntaspilli, aghi e siringhe, sono tra gli oggetti impiegati da Clemen Parrocchetti per denunciare la condizione della donna negli anni 70. A quest’artista italiana, il 49 Nord 6 Est – Frac Lorraine dedica l’esposizione Clemen Parrocchetti Dévorer la vie, curata da Fanny Gonella, direttrice del Frac Lorraine, in cooperazione con Sophie Potelon, coordinatrice de la programmazione.
Dal 14 marzo al 17 agosto 2025, al Fondo regionale d’arte contemporanea di Metz sono esposte per la prima volta in Francia le opere di Clemen Parrocchetti dal linguaggio visivo ben caratterizzato come il suo posizionamento politico. Quest’esposizione sarà presentata in ottobre al museo del Novecento di Firenze.
Alla ricerca di un nuovo simbolismo
Formatosi all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano negli anni ’50, Clemen Parrocchetti è un artista italiana la cui vasta opera comprende disegno, scultura e installazione. Il suo alfabeto visivo, di cui gli elementi fondatori appaiono già nella prima sala espositiva, testimonia un ricco dialogo tra parole e forme, espresso attraverso composizioni su carta e tessuto. Parrocchetti trae il suo vocabolario formale da materiali quotidiani, in particolare dal cucito e dal ricamo, trasformando aghi, fuselli, fili e bambole in strumenti di denuncia e protesta.
Nel 1973, ricama su una placca di alluminio il suo manifesto Promemoria per un oggetto di cultura femminile, unendo un discorso emancipativo a un gesto tradizionale legato culturalmente, soprattutto nel mondo occidentale, all’universo della donna.
Una voce femminista attraverso l’arte
L’arte di Clemen Parrocchetti si distingue per la capacità di affrontare temi complessi e spesso delicati, in particolare l’oggettivazione del corpo femminile attraverso il prisma dello sguardo maschile. Nelle sue opere utilizza la frammentazione del corpo femminile – rappresentato da elementi come bocche, seni e vulve – per criticare questa oggettivazione. Parrocchetti non si limita a raffigurare l’anatomia femminile; integra le lotte femministe contemporanee, come il diritto all’aborto, la lotta contro la violenza domestica e il riconoscimento del lavoro delle “casalinghe”, lotte che risuonano ancora oggi.
Dai collettivi la linfa artistica
Alla fine degli anni ’70 entra a far parte del collettivo Immagine di Varese, un gruppo di artiste femministe italiane, e partecipa a opere emblematiche come Barriere (1978), un’installazione monumentale che simboleggia le donne e materializza il legame tra le arti visive e i movimenti femministi in Italia. In quest’installazione, esposta a Metz, i rocchetti portano la bandiera italiana a quella del Vaticano: una critica esplicita dell’influenza della religione sulle scelte dello stato.
Le opere di Parrocchetti di questo periodo illustrano una svolta artistica legata al suo impegno attivista. Esprime la sua rivolta contro un’educazione familiare rigida, affermando che il suo amore per il disegno e la pittura era una forma di terapia, che le permetteva di liberarsi dalle sue paure e fantasie.
Le donne artiste nella storia dell’arte
Deviando i materiali e giocando con i simboli, il suo vocabolario artistico prende in prestito da varie tendenze, come l’artigianato, la pop art e il surrealismo, per creare immagini e volumi che risuonano con i nostri tempi. Con un estremo sarcasmo, attraverso il grottesco senza idealizzazione, esprime le sue emozioni contrastanti personali che acquistano una dimensione universale.
Il Frac Lorraine, presentando per la prima volta in Francia l’opera di Clemen Parrocchetti, mette in luce genealogie artistiche spesso invisibili, restituendo così un posto alle donne artiste nella storia dell’arte.
Gli anni Settanta
Negli anni ’70, mentre le femministe italiane cantavano “Tremate, tremate, le streghe sono tornate”, Parrocchetti mette in discussione il suo ambiente sociale e collega il suo femminismo alla sua pratica artistica. Le sue opere, come Quattro tappe obbligate per un’apoteosi (1975), denunciano i ruoli assegnati alle donne attraverso simboli potenti.
Nel 1978, partecipa alla Woman Art Society, un primo incontro nazionale di operatori culturali, dove denuncia il sessismo ambientale e il patriarcato nel mondo artistico. Il suo discorso, segnato dalla rabbia di fronte all’emarginazione, segna una svolta nella sua ricerca artistica, permettendogli di liberarsi dalla cultura maschile che lo soffocava. Parrocchetti utilizza materiali modesti per raccontare in modo ironico la storia della donna, invitandola a reagire e ribaltare le regole del gioco.
Le battaglie politiche
La mostra Clemen Parrocchetti Dévorer la vie propone al pubblico una delle sue opere iconiche, Macchina delle frustrazioni (1975), che simboleggia l’aborto e collega la sua storia personale a una realtà sociale, ricordando che questo diritto è legale in Italia dal 1978. Parrocchetti riesce a fondere l’intimo e il politico, illustrando come le esperienze personali delle donne siano spesso ancorate a contesti sociali più ampi.
L’opera Metamorosi di una processione (Sveglia!) del 1978 simboleggia questo risveglio femminista, testimoniando l’impegno dell’artista attraverso un’arte che sfida e provoca. La sua eredità sopravvive, ispirando nuove generazioni di artisti a continuare la lotta per l’uguaglianza e il riconoscimento delle voci femminili nel mondo dell’arte.
Guerra agli stereotipi
Clemen Parrocchetti esplora anche la dualità delle donne, oscillando tra la pulsione di vita e quella di morte, il seducente e l’abietto. Presenta le donne in molteplici sfaccettature, abbracciandone la complessità. Nelle sue opere la donna non è solo aggraziata; è anche mostruosa, capace di divorare o proteggere. In un autoritratto, la carne della donna si sovrappone a quella dell’animale, sfumando i confini tra le specie. Ad esempio, in Medusa (1997), le forme evocano sia elementi femminili che creature marine, sottolineando questa interconnessione.
L’interesse per gli insetti
Parrocchetti non si limita alla rappresentazione delle donne; si interessa anche ad altre forme di vita spesso considerate secondarie o dannose. Insetti come falene, pulci e scarafaggi diventano soggetti di studio preferiti, così come i suoi cani, con i quali si raffigura negli autoritratti. Mettendo l’animale sullo stesso piano dell’essere umano, conferisce a queste creature caratteristiche antropomorfe, come in Danza nuziale di due pulci amorevoli (2002). Questo approccio dimostra empatia verso coloro che spesso vengono rifiutati dalla società.
Donna, natura, ecologia
Indirettamente Clemen Parrocchetti affronta questioni ecologiche, nell’ambito di una riflessione eco-femminista. Questa scuola di pensiero evidenzia le somiglianze tra i sistemi di dominio delle donne da parte degli uomini e quelli di sfruttamento eccessivo della natura da parte degli esseri umani. In questo senso, l’arte di Parrocchetti invita a riesaminare le relazioni tra i generi e tra l’umanità e la natura, suggerendo che la pratica dell’ecologia richiede una rivalutazione di queste dinamiche.
Clemen Parrocchetti, attraverso la sua arte, spinge a riflettere sulla condizione femminile, all’oggettivazione e al nostro rapporto con la natura. La sua opera è un potente appello al riconoscimento della complessità dell’essere umano e della necessità di una convivenza armoniosa tra tutte le forme di vita.
Foto:
Vista dell’esposizione Clemen Parrocchetti Dévorer la vie – particolare Tarma, 1998 © Cristina Biordi
Vista dell’esposizione Clemen Parrocchetti Dévorer la vie – particolare Barriere, 1978 © Cristina Biordi
Vista dell’esposizione Clemen Parrocchetti Dévorer la vie – particolare Promemoria per un oggetto di cultura femminile, © Cristina Biordi
A proposito di un certo pranzo con croci, gioielli e fiori, 1969 © Antonio Maniscalco Courtesy Chert Lüdde, Berlin, and Clemen Parrocchetti Archive, Borgo Adorno
Metamorfosi di una processione (Sveglia!), 1978, © Andrea Rossetti Courtesy Chert Lüdde, Berlin, and Clemen Parrocchetti Archive, Borgo Adorno
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