Studio Conversations: tre coppie d’artisti dialogano su arte e ispirazione alla galleria David Zwirner

About the Author: Cristina Biordi

Published On: 5 Aprile 2025

Tempo stimato per la lettura: 5,8 minuti

David Zwirner presenta nella sua galleria di Parigi, dal 1° aprile al 24 maggio 2025, Studio Conversations, un’esposizione curata da Anaël Pigeat che si sviluppa attraverso dialoghi tra tre artisti scelti per riflettere la scena attuale parigina e tre artisti che li hanno ispirati fin dai loro primi lavori. Ammirazione, appropriazione, ispirazione… Come vede un artista il lavoro di un altro artista? Quali dialoghi e interazioni giocosi possono emergere tra di loro? Gli incontri avvenuti tra questi pittori, che spaziano dalla conversazione alla collaborazione, hanno dato vita a scambi e riflessioni, frizione e risonanze.

Durante i mesi di preparazione della mostra, sono stati realizzati tre colloqui che testimoniano questi scambi sulle opere esposte e sui modi di produrle. Questi incontri sono stati moderati da Anaël Pigeat, sotto forma di conversazioni o corrispondenze, offrendo uno sguardo unico sulle dinamiche creative che caratterizzano il mondo dell’arte contemporanea. Studio Conversations non è solo un’esposizione, ma un invito a riflettere sulle relazioni artistiche e le influenze che plasmano il nostro modo di percepire l’arte contemporanea. Un affascinante intreccio di storie, forme e colori che si compongono in un dialogo continuo tra passato e presente, ispirazione e creazione.

Christine Safa e Suzan Frecon

L’incontro tra Christine Safa e Suzan Frecon sembra essere un momento ricco di riflessioni sull’arte e sulle sue molteplici dimensioni. Christine Safa, nata nel 1994, ha avuto l’opportunità di dialogare con Suzan Frecon, artista nata nel 1941, il cui lavoro ha avuto una forte influenza su di lei sin dai suoi anni all’École des Beaux-Arts di Parigi. L’opera di Frecon ha spinto Safa verso l’astrazione, nonostante l’onnipresenza della pittura figurativa. Insieme, hanno discusso della presenza dei colori nell’architettura prerinascimentale e minoica, del peso dei pigmenti e degli effetti che questi producono sulla tela, della geometria, delle questioni di scala e della forma delle icone, ma anche di forme che, una volta dipinte, acquisiscono una loro realtà: stati di pittura irrisolti che ci riportano a un senso elementare della forma. La loro discussione su questi temi evidenzia l’importanza della tecnica e della teoria nella pratica artistica.

Quando Christine Safa chiede a Suzan Frecon se la poesia avesse un ruolo nel suo lavoro, la risposta è chiara: “la poesia è importante, poiché può trasportare lo spirito verso una dimensione più profonda, lontano dalle distrazioni quotidiane”. L’esplorazione dell’astrazione di Christine Safa, ispirata al lavoro di Suzan, mostra come l’arte possa essere un vettore di libertà e innovazione, soprattutto in un contesto in cui dominava la pittura figurativa. Suzan Frecon, con le sue opere astratte, invita lo spettatore a un’attenzione prolungata, dove la composizione funge da struttura fondamentale che tiene insieme colore, materiale e luce.Christine Safa dipinge paesaggi a memoria. Dipinge anche figure, ritratti, a volte controfigure. Sono momenti e luoghi ricchi di emozioni che la memoria ha conservato.

Nino Kapanadze e Mamma Andersson

Nino Kapanadze, nata nel 1990, ha incontrato Mamma Andersson, del 1962, a Parigi, mentre lavorava a una serie di incisioni in uno studio vicino a Place de la République. Originaria della Georgia, Kapanadze ha a lungo ammirato il lavoro di Andersson senza sapere che quest’ultima aveva mostrato interesse per il poco conosciuto pittore georgiano Niko Pirosmani, scrivendo anche un testo sul suo uso di sfondi neri. Entrambe sono appassionate dell’esperienza degli affreschi, in particolare quelli di Giotto nella Cappella Scrovegni a Padova, dei contrasti di luce e delle esplosioni di colore nelle tele di El Greco, e delle umili pitture nelle chiese romaniche. Dopo la loro iniziale conversazione, in preparazione di Studio Conversations, ciascuna ha realizzato opere ispirate a paesaggi naturali e forme semplici, creando un sorprendente effetto di eco sia formale che spirituale.

La corrispondenza che intraprendono per la mostra, che si svolge tra gennaio e marzo 2025, è una testimonianza vivente delle loro riflessioni e delle loro esperienze artistiche. Anaël Pigeat, in qualità di curatore, fa da ponte tra le due artiste, sollevando domande profonde sulla natura del gesto creativo. La figura dell’artista viene descritta come un “transistor”, un mediatore tra le forze dell’universo e l’opera d’arte, un concetto che risuona profondamente con entrambe le artisti. Nino Kapanadze cerca nei suoi dipinti la presenza del silenzio e delle sensazioni di paura o pace, evitando l’idea che un’immagine abbia un termine fisso o un punto di vista definito. Mamma Andersson è caratterizzata da una combinazione unica di pennellate testurizzate, lavaggi sciolti, linee grafiche nette e colori evocativi, incarnando un nuovo genere di pittura che ricorda il Romanticismo della fine del XIX secolo pur abbracciando un interesse contemporaneo per composizioni stratificate e psicologiche, ispirate a una vasta gamma di materiali sorgenti.

Jean Claracq e Marcel Dzama

Durante l’incontro, i due artisti Jean Claracq e Marcel Dzama hanno esplorato temi che spaziano dalla musica alla fotografia Polaroid, dal surf alla luce della luna piena, dando vita a un dialogo ricco di idee e ispirazioni. Jean Claracq, nato nel 1991 e in residenza a New York dall’inizio del 2025, ha visitato Marcel Dzama, nato nel 1974, nel suo studio a Brooklyn. I due artisti hanno parlato di musica, fotografia Polaroid, surf e della luce prodotta dalla luna piena. Con il progredire della conversazione, Claracq e Dzama hanno creato opere su carta collaborativamente, mescolando i loro mondi in una sorta di gioco. Per sperimentare nuove forme, Claracq si è allontanato dalle linee principali delle sue esplorazioni, riferimenti medievali e variazioni pittoriche sulla luce degli schermi di computer e telefoni. Dzama, il cui lavoro spazia dal disegno e dalla pittura alla scultura e alla scenografia, presenta anche una serie di opere su carta in cui personaggi in costume esplorano i nostri gesti e le nostre emozioni, penetrando nel nostro subconscio.

Entrambi gli artisti condividono un profondo amore per i libri illustrati. Dzama ha trovato ispirazione nei libri per bambini, mentre Claracq si è immerso nei manoscritti miniati. Infatti Jean Claracq, pittore di miniature e icone, crea un dialogo tra la pittura tradizionale e il mondo digitale. I suoi modelli provengono da social network come Instagram e Grindr, interagendo nelle sue opere con numerosi riferimenti alla storia dell’arte classica, in particolare alle scuole dell’Europa settentrionale. Marcel Dzama, emerso alla ribalta negli anni ’90, ha sviluppato un linguaggio visivo immediatamente riconoscibile che indaga l’azione e la motivazione umana, nonché il rapporto sfocato tra il reale e il subconscio. Il suo lavoro visualizza un universo di fantasie infantili e fiabe ultraterrene.

 

 

 

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Published On: 5 Aprile 2025

About the Author: Cristina Biordi

Tempo stimato per la lettura: 17 minuti

David Zwirner presenta nella sua galleria di Parigi, dal 1° aprile al 24 maggio 2025, Studio Conversations, un’esposizione curata da Anaël Pigeat che si sviluppa attraverso dialoghi tra tre artisti scelti per riflettere la scena attuale parigina e tre artisti che li hanno ispirati fin dai loro primi lavori. Ammirazione, appropriazione, ispirazione… Come vede un artista il lavoro di un altro artista? Quali dialoghi e interazioni giocosi possono emergere tra di loro? Gli incontri avvenuti tra questi pittori, che spaziano dalla conversazione alla collaborazione, hanno dato vita a scambi e riflessioni, frizione e risonanze.

Durante i mesi di preparazione della mostra, sono stati realizzati tre colloqui che testimoniano questi scambi sulle opere esposte e sui modi di produrle. Questi incontri sono stati moderati da Anaël Pigeat, sotto forma di conversazioni o corrispondenze, offrendo uno sguardo unico sulle dinamiche creative che caratterizzano il mondo dell’arte contemporanea. Studio Conversations non è solo un’esposizione, ma un invito a riflettere sulle relazioni artistiche e le influenze che plasmano il nostro modo di percepire l’arte contemporanea. Un affascinante intreccio di storie, forme e colori che si compongono in un dialogo continuo tra passato e presente, ispirazione e creazione.

Christine Safa e Suzan Frecon

L’incontro tra Christine Safa e Suzan Frecon sembra essere un momento ricco di riflessioni sull’arte e sulle sue molteplici dimensioni. Christine Safa, nata nel 1994, ha avuto l’opportunità di dialogare con Suzan Frecon, artista nata nel 1941, il cui lavoro ha avuto una forte influenza su di lei sin dai suoi anni all’École des Beaux-Arts di Parigi. L’opera di Frecon ha spinto Safa verso l’astrazione, nonostante l’onnipresenza della pittura figurativa. Insieme, hanno discusso della presenza dei colori nell’architettura prerinascimentale e minoica, del peso dei pigmenti e degli effetti che questi producono sulla tela, della geometria, delle questioni di scala e della forma delle icone, ma anche di forme che, una volta dipinte, acquisiscono una loro realtà: stati di pittura irrisolti che ci riportano a un senso elementare della forma. La loro discussione su questi temi evidenzia l’importanza della tecnica e della teoria nella pratica artistica.

Quando Christine Safa chiede a Suzan Frecon se la poesia avesse un ruolo nel suo lavoro, la risposta è chiara: “la poesia è importante, poiché può trasportare lo spirito verso una dimensione più profonda, lontano dalle distrazioni quotidiane”. L’esplorazione dell’astrazione di Christine Safa, ispirata al lavoro di Suzan, mostra come l’arte possa essere un vettore di libertà e innovazione, soprattutto in un contesto in cui dominava la pittura figurativa. Suzan Frecon, con le sue opere astratte, invita lo spettatore a un’attenzione prolungata, dove la composizione funge da struttura fondamentale che tiene insieme colore, materiale e luce.Christine Safa dipinge paesaggi a memoria. Dipinge anche figure, ritratti, a volte controfigure. Sono momenti e luoghi ricchi di emozioni che la memoria ha conservato.

Nino Kapanadze e Mamma Andersson

Nino Kapanadze, nata nel 1990, ha incontrato Mamma Andersson, del 1962, a Parigi, mentre lavorava a una serie di incisioni in uno studio vicino a Place de la République. Originaria della Georgia, Kapanadze ha a lungo ammirato il lavoro di Andersson senza sapere che quest’ultima aveva mostrato interesse per il poco conosciuto pittore georgiano Niko Pirosmani, scrivendo anche un testo sul suo uso di sfondi neri. Entrambe sono appassionate dell’esperienza degli affreschi, in particolare quelli di Giotto nella Cappella Scrovegni a Padova, dei contrasti di luce e delle esplosioni di colore nelle tele di El Greco, e delle umili pitture nelle chiese romaniche. Dopo la loro iniziale conversazione, in preparazione di Studio Conversations, ciascuna ha realizzato opere ispirate a paesaggi naturali e forme semplici, creando un sorprendente effetto di eco sia formale che spirituale.

La corrispondenza che intraprendono per la mostra, che si svolge tra gennaio e marzo 2025, è una testimonianza vivente delle loro riflessioni e delle loro esperienze artistiche. Anaël Pigeat, in qualità di curatore, fa da ponte tra le due artiste, sollevando domande profonde sulla natura del gesto creativo. La figura dell’artista viene descritta come un “transistor”, un mediatore tra le forze dell’universo e l’opera d’arte, un concetto che risuona profondamente con entrambe le artisti. Nino Kapanadze cerca nei suoi dipinti la presenza del silenzio e delle sensazioni di paura o pace, evitando l’idea che un’immagine abbia un termine fisso o un punto di vista definito. Mamma Andersson è caratterizzata da una combinazione unica di pennellate testurizzate, lavaggi sciolti, linee grafiche nette e colori evocativi, incarnando un nuovo genere di pittura che ricorda il Romanticismo della fine del XIX secolo pur abbracciando un interesse contemporaneo per composizioni stratificate e psicologiche, ispirate a una vasta gamma di materiali sorgenti.

Jean Claracq e Marcel Dzama

Durante l’incontro, i due artisti Jean Claracq e Marcel Dzama hanno esplorato temi che spaziano dalla musica alla fotografia Polaroid, dal surf alla luce della luna piena, dando vita a un dialogo ricco di idee e ispirazioni. Jean Claracq, nato nel 1991 e in residenza a New York dall’inizio del 2025, ha visitato Marcel Dzama, nato nel 1974, nel suo studio a Brooklyn. I due artisti hanno parlato di musica, fotografia Polaroid, surf e della luce prodotta dalla luna piena. Con il progredire della conversazione, Claracq e Dzama hanno creato opere su carta collaborativamente, mescolando i loro mondi in una sorta di gioco. Per sperimentare nuove forme, Claracq si è allontanato dalle linee principali delle sue esplorazioni, riferimenti medievali e variazioni pittoriche sulla luce degli schermi di computer e telefoni. Dzama, il cui lavoro spazia dal disegno e dalla pittura alla scultura e alla scenografia, presenta anche una serie di opere su carta in cui personaggi in costume esplorano i nostri gesti e le nostre emozioni, penetrando nel nostro subconscio.

Entrambi gli artisti condividono un profondo amore per i libri illustrati. Dzama ha trovato ispirazione nei libri per bambini, mentre Claracq si è immerso nei manoscritti miniati. Infatti Jean Claracq, pittore di miniature e icone, crea un dialogo tra la pittura tradizionale e il mondo digitale. I suoi modelli provengono da social network come Instagram e Grindr, interagendo nelle sue opere con numerosi riferimenti alla storia dell’arte classica, in particolare alle scuole dell’Europa settentrionale. Marcel Dzama, emerso alla ribalta negli anni ’90, ha sviluppato un linguaggio visivo immediatamente riconoscibile che indaga l’azione e la motivazione umana, nonché il rapporto sfocato tra il reale e il subconscio. Il suo lavoro visualizza un universo di fantasie infantili e fiabe ultraterrene.

 

 

 

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