Urban Lives. L’arte urbana secondo Ivana De Innocentis
Tempo stimato per la lettura: 6,9 minuti
Per “People” abbiamo intervistato Ivana De Innocentis, la mente, il cuore e gli occhi dietro Urban Lives, il portale dedicato all’arte urbana italiana
Come e quando nasce il progetto Urban Lives?
Urban Lives è andato online a fine novembre 2014, ma l’idea fluttuava nella mia testa da tanto, tanto tempo. Cresceva in me l’esigenza di scrivere di street art, viverla sempre più in prima persona, scoprirne storie, dettagli, retroscena. L’occasione del “lancio” è avvenuto a Torino, una delle città più stimolanti per l’arte urbana a livello nazionale, anche grazie alla presenza di un’associazione importante quale Il Cerchio e le Gocce.
Se dovessi spiegare la street art attraverso 3 opere urbane, quali sceglieresti e perché?
In quanto appassionata ma non esperta ho scelto con Urban Lives di fungere da tramite tra l’artista e i fruitori della street art: le loro storie, le loro riflessioni, le loro testimonianze, perfino i loro suggerimenti sono il cuore del mio progetto. Proprio per questo, piuttosto che tracciare un percorso storico, vorrei piuttosto limitarmi a consigliare tre opere a cui sono molto legata, che rappresentano tre diverse sfaccettature dell’arte urbana italiana degli ultimi anni: l’opera di Etnik nel quartiere San Donato a Bologna, quella di Blu a via del Porto Fluviale a Roma e infine quella di 108 per la Sagra della Street Art, Reggio Emilia. Pensando ad artisti stranieri una delle emozioni più grandi me l’ha suscitata l’opera di Aryz, realizzata al MOS di Buenos Aires e quella realizzata dallo stesso artista a Torino, a Palazzo Nuovo.
Keith Haring diceva che l’arte è la stessa sin dai tempi della preistoria, il fine è il medesimo: unire gli uomini al mondo che abitano, pensi che questo concetto si possa applicare maggiormente all’arte urbana, intesa come arte che modifica i luoghi della quotidianità?
L’arte può certamente rappresentare un elemento fondamentale di coesione, di confronto, di contatto. L’arte di strada in questo senso ha un vantaggio: l’esecuzione stessa può rappresentare un momento di unione tra persone. Inoltre, essendo l’opera della strada, appartiene di fatto alla comunità, che può osservarla, viverla, sentirla sua.
Oggi anche l’Italia sembra riconoscere l’importanza degli street artist, seppure c’è chi li considera ancora dei “vandali” che sporcano i muri. Qual è lo stato dell’arte nel nostro paese rispetto all’Europa?
Siamo indietrissimo … così come lo siamo stati per i graffiti. C’è sempre uno scarto di anni, non solo a livello culturale (parlo di cultura dell’arte urbana) ma di sperimentazione.
In Italia spesso regna la confusione, la ripetitività: servirebbe più coraggio, più fiducia, più consapevolezza, più rispetto. Ma soprattutto andrebbero valorizzati i talenti, l’esperienza e la creatività: smentiamo una volta per tutte questa credenza diffusa che basta poco per essere uno street artist.
Urban Lives racconta la vita degli artisti, si focalizza sul processo creativo più che sul risultato definitivo, qual è l’aspetto più eccitante di assistere ad un making of?
Assistere ai “making of” permette innanzitutto di comprendere la padronanza delle tecniche, lo studio del muro e anche il carattere dell’artista: c’è chi ama dipingere da solo ascoltando musica in cuffia, chi ama conversare, chi ama pittare quasi sempre in gruppo. Per me il massimo è stato osservare 108 mentre con un gesso bianco delineava la sua grande forma astratta, con una maestria e una velocità del tratto sorprendenti. Altrettanto emozionante assistere a street art jam o incursioni di street artist in fabbriche abbandonate: questo tipo di contesto permette di vivere l’esperienza con un grande senso di libertà, di meraviglia, di scoperta generale ma anche la voglia di creare qualcosa insieme e l’opportunità di sfruttare gli elementi strutturali presenti, di concepire l’arte in base alle condizioni e alle caratteristiche dell’ambiente. Fantastico.
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Urban Lives. L’arte urbana secondo Ivana De Innocentis
Tempo stimato per la lettura: 21 minuti
Per “People” abbiamo intervistato Ivana De Innocentis, la mente, il cuore e gli occhi dietro Urban Lives, il portale dedicato all’arte urbana italiana
Come e quando nasce il progetto Urban Lives?
Urban Lives è andato online a fine novembre 2014, ma l’idea fluttuava nella mia testa da tanto, tanto tempo. Cresceva in me l’esigenza di scrivere di street art, viverla sempre più in prima persona, scoprirne storie, dettagli, retroscena. L’occasione del “lancio” è avvenuto a Torino, una delle città più stimolanti per l’arte urbana a livello nazionale, anche grazie alla presenza di un’associazione importante quale Il Cerchio e le Gocce.
Se dovessi spiegare la street art attraverso 3 opere urbane, quali sceglieresti e perché?
In quanto appassionata ma non esperta ho scelto con Urban Lives di fungere da tramite tra l’artista e i fruitori della street art: le loro storie, le loro riflessioni, le loro testimonianze, perfino i loro suggerimenti sono il cuore del mio progetto. Proprio per questo, piuttosto che tracciare un percorso storico, vorrei piuttosto limitarmi a consigliare tre opere a cui sono molto legata, che rappresentano tre diverse sfaccettature dell’arte urbana italiana degli ultimi anni: l’opera di Etnik nel quartiere San Donato a Bologna, quella di Blu a via del Porto Fluviale a Roma e infine quella di 108 per la Sagra della Street Art, Reggio Emilia. Pensando ad artisti stranieri una delle emozioni più grandi me l’ha suscitata l’opera di Aryz, realizzata al MOS di Buenos Aires e quella realizzata dallo stesso artista a Torino, a Palazzo Nuovo.
Keith Haring diceva che l’arte è la stessa sin dai tempi della preistoria, il fine è il medesimo: unire gli uomini al mondo che abitano, pensi che questo concetto si possa applicare maggiormente all’arte urbana, intesa come arte che modifica i luoghi della quotidianità?
L’arte può certamente rappresentare un elemento fondamentale di coesione, di confronto, di contatto. L’arte di strada in questo senso ha un vantaggio: l’esecuzione stessa può rappresentare un momento di unione tra persone. Inoltre, essendo l’opera della strada, appartiene di fatto alla comunità, che può osservarla, viverla, sentirla sua.
Oggi anche l’Italia sembra riconoscere l’importanza degli street artist, seppure c’è chi li considera ancora dei “vandali” che sporcano i muri. Qual è lo stato dell’arte nel nostro paese rispetto all’Europa?
Siamo indietrissimo … così come lo siamo stati per i graffiti. C’è sempre uno scarto di anni, non solo a livello culturale (parlo di cultura dell’arte urbana) ma di sperimentazione.
In Italia spesso regna la confusione, la ripetitività: servirebbe più coraggio, più fiducia, più consapevolezza, più rispetto. Ma soprattutto andrebbero valorizzati i talenti, l’esperienza e la creatività: smentiamo una volta per tutte questa credenza diffusa che basta poco per essere uno street artist.
Urban Lives racconta la vita degli artisti, si focalizza sul processo creativo più che sul risultato definitivo, qual è l’aspetto più eccitante di assistere ad un making of?
Assistere ai “making of” permette innanzitutto di comprendere la padronanza delle tecniche, lo studio del muro e anche il carattere dell’artista: c’è chi ama dipingere da solo ascoltando musica in cuffia, chi ama conversare, chi ama pittare quasi sempre in gruppo. Per me il massimo è stato osservare 108 mentre con un gesso bianco delineava la sua grande forma astratta, con una maestria e una velocità del tratto sorprendenti. Altrettanto emozionante assistere a street art jam o incursioni di street artist in fabbriche abbandonate: questo tipo di contesto permette di vivere l’esperienza con un grande senso di libertà, di meraviglia, di scoperta generale ma anche la voglia di creare qualcosa insieme e l’opportunità di sfruttare gli elementi strutturali presenti, di concepire l’arte in base alle condizioni e alle caratteristiche dell’ambiente. Fantastico.
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