Stefano Benni e il suo ultimo libro: Cari mostri
Tempo stimato per la lettura: 6,4 minuti
Il 13 maggio è cerchiato sul calendario di tutti gli amanti della narrativa italiana, domani infatti uscirà Cari mostri, l’ultimo libro di Stefano “Il lupo” Benni.
Il lupo vuole stupire per l’ennesima volta i suoi numerosi lettori, con una raccolta di racconti (6 per la precisione) dove si racconta di paura, magia e stregoni.
Tramite un’attenta gestione della pagina social Benni e il suo staff hanno seminato indizi su piccole anticipazioni del libro, sappiamo quindi tre titoli di racconti: l’uomo dei quadri, l’hotel del Lago e la storia della strega Charlotte.
Purtroppo, oltre la data di uscita, gli appuntamenti per le presentazioni del libro in tutta Italia e la certezza che in uno dei racconti ci sarà come protagonista Wenge, un cane con faccia da pesce e coda da rettile, il resto del libro è avvolto da una fitta coltre di mistero.
Personalmente sono letteralmente in fibrillazione per l’uscita di Cari Mostri, ho letto praticamente tutti i libri di Stefano Benni e da là ho capito che probabilmente non riuscirò mai più a leggere qualcosa di simile.
Il primo incontro con “Il Lupo” è avvenuto quando avevo solamente 10 anni, sono stato attratto magneticamente da un libro, non troppo voluminoso, dalla copertina colorata su cui spuntava un volto vagamente inquietante, un titolo di sole 7 lettere, che però avrebbe cambiato per sempre il mio rapporto con la letteratura e che mi avrebbe fatto capire più che mai di quanto la cultura e la formazione possa essere importante: Elianto
.
La trama di Elianto è facilmente recuperabile su diversi siti, quindi non vi annoierò riportandovela, anche perché difficilmente riuscirei a farvi innamorare di questo libro come Benni è riuscito a fare con me, voglio però sottolinearvi come con il suo tono ironico e scanzonato Stefano Benni racconti la nostra Italia, i suoi difetti strappandoci tanti tanti sorrisi e ancora di più risate, lasciano però alla fine un velo di malinconia.
Elianto oggi rientrerebbe nella schiera dei libri distopici, sarà per questo che non faccio altro che divorarne in continuazione, ma per farvi capire cosa rappresenta effettivamente per me questo libro, il desiderio di non arrendersi e riuscire a combattere ancora le ingiustizie del nostro Paese vi riporto solamente due citazioni:
“Ci vuole un gran fisico per correre dietro ai sogni.”
“Ma che paese è questo dove gli unici che hanno ancora qualche speranza vengono chiamati disperati?”
Elianto è un viaggio all’interno di sé stessi, dei propri sogni, della propria rabbia e incoscienza, è un viaggio che una volta fatto cambia totalmente la percezione della lettura. Come si fa a non leggere un libro simile?
Dopo essermi innamorato di Stefano Benni non ho potuto non leggere ogni suo libro, pendendo letteralmente dalla sua penna, aspettando con ansia ogni sua nuova uscita, ogni suo nuovo libro, perdendomi per ore nel suo fiume di lettere, nella sua fantasia, nel desiderio di non uscire mai sazio da quelle letture.
È così che ho iniziato a leggere qualsiasi cosa scritta dal Lupo, con un ritmo forsennato, incalzante. Mi ero ammalato di Bennite e non lo sapevo, ma i segni ormai c’erano già tutti: ho viaggiato con Terra!, ho riso e mi sono appassionato agli strani di animali di Stranalandia, mi sono appassionato a Comici spaventati guerrieri e a Baol, ho scoperto il secondo miglior libro in assoluto che abbia mai letto, La compagnia dei Celestini.
Sì, su di esso due parole voglio spenderle, un libro che coniuga umorismo, politica e calcio o meglio, la pallastrada, come potevo non leggerlo? Mi sono immedesimato in quei piccoli ragazzi, spesso orfani o provenienti da situazioni disagiate, che non hanno mai smesso di inseguire il loro sogno: diventare campioni di pallastrada, un gioco simile al calcio, dove non ci sono regole.
L’auto ripartì con un impressionante guaito di gomme e Algopedante disse:
“Ma che generazione è mai questa che non ha altri ideali che vacanze, vestiti e carburatori? Quanto sono diversi da noi, che parlavamo di filosofia, e amore, e di come cambiare il mondo.”
Pantamelo non rispose. Guardava una coppia che parlava fittamente, e gli sembrava di udire nelle voci una dolorosa nota conosciuta.
La ragazza salì su una vespa e si allontanò. Il ragazzo restò immobile, e nemmeno i lazzi degli amici e il frastuono del dragone nero che si metteva in moto sembrava scuoterlo.
“Non so che dire,” disse Pantamelo “se non che quello che fanno, essi lo hanno imparato da qualcuno.”
“Non certo da noi,” disse Algopedante “i nostri sogni erano migliori dei loro.”
“Forse,” disse Pantamelo. “Oppure abbiamo sognato che i nostri sogni fossero migliori.”“Chi ha inventato la pallastrada?”
Dal Libro del Grande Bastardo, capitolo 56
Un giorno uno stregone della tribù degli Algos, che vivevano sulle montagne del Sud, si annoiava a morte, quando vide il Grande Bastardo che saliva per il sentiero, mezzo ubriaco e cantando canzonacce.
Lo stregone pensò di divertirsi alle sue spalle. Prese un grosso e rotondo frutto di majakao (leggia magiacòn) e lo fece rotolare giù per il sentiero: il majakao prese velocità e il Grande Bastardo se lo vide piombare addosso.
Istintivamente, lo respinse col piede e lo scagliò in aria.
Donna Florinda Sobbellella Algociras, che stava facendo la sfoglia, vide il majakao volarle incontro e lo respinse con un colpo di mattarello.
Il majakao finì nella tinozza del marito che stava facendo il bagno, e subito l’acqua lo rilanciò in aria.
Il figlio prese il majakao dentro la cesta del bucato che portava in testa e lo tirò sopra il filo dei panni stesi alla sorella che glielo rimandò con le mani, e il rotondo majakao volò ai piedi del nonno che con un colpo preciso del suo bastone lo infilò nella buca per cuociere il maialetto.
“Fermi!” disse allora il Grande Bastardo. “Stiamo inventando troppe cose in una volta.”.
Naturalmente una storia d’amore non si interrompe mai e così ho continuato a divorare qualsiasi cosa, non sono mancati i momenti di crisi come con Pantera e Dottor Niù, ma libri come Pane e tempesta, Il bar sotto il mare, Margherita Dolcevita
e Saltatempo non possono non essere letti.
Come ogni storia che si rispetti, aspetto di aggiungere un altro ricordo ad essa e domani correrò in libreria per comprare “Cari Mostri”. Voi che ne pensate? Chi sono quegli autori che vi hanno fatto innamorare o qual è il vostro libro preferito del Lupo?
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Stefano Benni e il suo ultimo libro: Cari mostri
Tempo stimato per la lettura: 18 minuti
Il 13 maggio è cerchiato sul calendario di tutti gli amanti della narrativa italiana, domani infatti uscirà Cari mostri, l’ultimo libro di Stefano “Il lupo” Benni.
Il lupo vuole stupire per l’ennesima volta i suoi numerosi lettori, con una raccolta di racconti (6 per la precisione) dove si racconta di paura, magia e stregoni.
Tramite un’attenta gestione della pagina social Benni e il suo staff hanno seminato indizi su piccole anticipazioni del libro, sappiamo quindi tre titoli di racconti: l’uomo dei quadri, l’hotel del Lago e la storia della strega Charlotte.
Purtroppo, oltre la data di uscita, gli appuntamenti per le presentazioni del libro in tutta Italia e la certezza che in uno dei racconti ci sarà come protagonista Wenge, un cane con faccia da pesce e coda da rettile, il resto del libro è avvolto da una fitta coltre di mistero.
Personalmente sono letteralmente in fibrillazione per l’uscita di Cari Mostri, ho letto praticamente tutti i libri di Stefano Benni e da là ho capito che probabilmente non riuscirò mai più a leggere qualcosa di simile.
Il primo incontro con “Il Lupo” è avvenuto quando avevo solamente 10 anni, sono stato attratto magneticamente da un libro, non troppo voluminoso, dalla copertina colorata su cui spuntava un volto vagamente inquietante, un titolo di sole 7 lettere, che però avrebbe cambiato per sempre il mio rapporto con la letteratura e che mi avrebbe fatto capire più che mai di quanto la cultura e la formazione possa essere importante: Elianto
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La trama di Elianto è facilmente recuperabile su diversi siti, quindi non vi annoierò riportandovela, anche perché difficilmente riuscirei a farvi innamorare di questo libro come Benni è riuscito a fare con me, voglio però sottolinearvi come con il suo tono ironico e scanzonato Stefano Benni racconti la nostra Italia, i suoi difetti strappandoci tanti tanti sorrisi e ancora di più risate, lasciano però alla fine un velo di malinconia.
Elianto oggi rientrerebbe nella schiera dei libri distopici, sarà per questo che non faccio altro che divorarne in continuazione, ma per farvi capire cosa rappresenta effettivamente per me questo libro, il desiderio di non arrendersi e riuscire a combattere ancora le ingiustizie del nostro Paese vi riporto solamente due citazioni:
“Ci vuole un gran fisico per correre dietro ai sogni.”
“Ma che paese è questo dove gli unici che hanno ancora qualche speranza vengono chiamati disperati?”
Elianto è un viaggio all’interno di sé stessi, dei propri sogni, della propria rabbia e incoscienza, è un viaggio che una volta fatto cambia totalmente la percezione della lettura. Come si fa a non leggere un libro simile?
Dopo essermi innamorato di Stefano Benni non ho potuto non leggere ogni suo libro, pendendo letteralmente dalla sua penna, aspettando con ansia ogni sua nuova uscita, ogni suo nuovo libro, perdendomi per ore nel suo fiume di lettere, nella sua fantasia, nel desiderio di non uscire mai sazio da quelle letture.
È così che ho iniziato a leggere qualsiasi cosa scritta dal Lupo, con un ritmo forsennato, incalzante. Mi ero ammalato di Bennite e non lo sapevo, ma i segni ormai c’erano già tutti: ho viaggiato con Terra!, ho riso e mi sono appassionato agli strani di animali di Stranalandia, mi sono appassionato a Comici spaventati guerrieri e a Baol, ho scoperto il secondo miglior libro in assoluto che abbia mai letto, La compagnia dei Celestini.
Sì, su di esso due parole voglio spenderle, un libro che coniuga umorismo, politica e calcio o meglio, la pallastrada, come potevo non leggerlo? Mi sono immedesimato in quei piccoli ragazzi, spesso orfani o provenienti da situazioni disagiate, che non hanno mai smesso di inseguire il loro sogno: diventare campioni di pallastrada, un gioco simile al calcio, dove non ci sono regole.
L’auto ripartì con un impressionante guaito di gomme e Algopedante disse:
“Ma che generazione è mai questa che non ha altri ideali che vacanze, vestiti e carburatori? Quanto sono diversi da noi, che parlavamo di filosofia, e amore, e di come cambiare il mondo.”
Pantamelo non rispose. Guardava una coppia che parlava fittamente, e gli sembrava di udire nelle voci una dolorosa nota conosciuta.
La ragazza salì su una vespa e si allontanò. Il ragazzo restò immobile, e nemmeno i lazzi degli amici e il frastuono del dragone nero che si metteva in moto sembrava scuoterlo.
“Non so che dire,” disse Pantamelo “se non che quello che fanno, essi lo hanno imparato da qualcuno.”
“Non certo da noi,” disse Algopedante “i nostri sogni erano migliori dei loro.”
“Forse,” disse Pantamelo. “Oppure abbiamo sognato che i nostri sogni fossero migliori.”“Chi ha inventato la pallastrada?”
Dal Libro del Grande Bastardo, capitolo 56
Un giorno uno stregone della tribù degli Algos, che vivevano sulle montagne del Sud, si annoiava a morte, quando vide il Grande Bastardo che saliva per il sentiero, mezzo ubriaco e cantando canzonacce.
Lo stregone pensò di divertirsi alle sue spalle. Prese un grosso e rotondo frutto di majakao (leggia magiacòn) e lo fece rotolare giù per il sentiero: il majakao prese velocità e il Grande Bastardo se lo vide piombare addosso.
Istintivamente, lo respinse col piede e lo scagliò in aria.
Donna Florinda Sobbellella Algociras, che stava facendo la sfoglia, vide il majakao volarle incontro e lo respinse con un colpo di mattarello.
Il majakao finì nella tinozza del marito che stava facendo il bagno, e subito l’acqua lo rilanciò in aria.
Il figlio prese il majakao dentro la cesta del bucato che portava in testa e lo tirò sopra il filo dei panni stesi alla sorella che glielo rimandò con le mani, e il rotondo majakao volò ai piedi del nonno che con un colpo preciso del suo bastone lo infilò nella buca per cuociere il maialetto.
“Fermi!” disse allora il Grande Bastardo. “Stiamo inventando troppe cose in una volta.”.
Naturalmente una storia d’amore non si interrompe mai e così ho continuato a divorare qualsiasi cosa, non sono mancati i momenti di crisi come con Pantera e Dottor Niù, ma libri come Pane e tempesta, Il bar sotto il mare, Margherita Dolcevita
e Saltatempo non possono non essere letti.
Come ogni storia che si rispetti, aspetto di aggiungere un altro ricordo ad essa e domani correrò in libreria per comprare “Cari Mostri”. Voi che ne pensate? Chi sono quegli autori che vi hanno fatto innamorare o qual è il vostro libro preferito del Lupo?
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