Macbeth a Cannes 2015

Tempo stimato per la lettura: 2,2 minuti
Sarà presentato sabato 24 maggio nella selezione ufficiale a Cannes il film dell’australiano Justin Kurzel con la sceneggiatura di Jacob Koskoff e Todd Louiso Macbeth, con il premio Oscar Marion Cotillard e il pluricandidato agli Oscar Michael Fassbender. Prima di lui, grandissimi nomi in passato hanno tentato di portare sullo schermo le vicende del sanguinoso re scozzese e della sua cinica Lady, diventate archetipo della sete di potere e dei suoi mortali tranelli, da Orson Welles nel 1948 e Akira Kurosawa nel 1957, che aveva ispirato il suo Trono di sangue proprio a quella tragedia, a Roman Polanski che a Cannes, fuori concorso, presentò nel 1971 The Tragedy of Macbeth, violento e disturbante come la terribile vicenda dell’uccisione della moglie incinta, Sharon Tate, per mano della setta di Charles Manson. E, in fondo, di questo parlano le opere del Bardo: sangue, vendetta, follia, morte. Come la vita, più di essa.
“La vita è un’ombra che cammina, un povero attore che si agita e pavoneggia la sua ora sul palco e poi non se ne sa più niente. È un racconto narrato da un idiota, pieno di suoni e furore, significante niente.” (Macbeth: atto V, scena V)
Portare Shakespeare sul grande schermo è un’operazione rischiosa sotto molteplici punti di vista, uno tra tutti quello di ridurre la trasposizione in un semplice trasloco, dal palcoscenico al set, senza cogliere le differenze sostanziali tra due linguaggi così distanti. Restare fedeli al testo, ai dialoghi, senza fare lo sforzo di interpretare, decostruire e, quindi, celebrare l’universalità della narrazione. Scomparire, impietriti di fronte alla grandezza del poeta inglese. Ecco, tutti si aspettano che l’acclamato regista di The Snowtown Murders inciampi come, d’altronde, hanno fatto molti dei suoi predecessori, che la vitalità dell’opera, la sua forza, il nervo stesso della storia, si spenga nella macchinosa messa in scena, nei 24 fotogrammi al secondo che sono altro dalle pause e dai tempi del teatro.
Forse, il talento indiscusso di Marion Cotillard e Michael Fassbender non sarà sufficiente a sostenere l’ennesima rivisitazione, ma è presto per dirlo, sentiremo domani quanti applausi o fischi si prenderanno e, poi, c’è sempre il pubblico che potrebbe, invece, amare molto questa storia di amore e morte.
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Macbeth a Cannes 2015
Tempo stimato per la lettura: 6 minuti
Sarà presentato sabato 24 maggio nella selezione ufficiale a Cannes il film dell’australiano Justin Kurzel con la sceneggiatura di Jacob Koskoff e Todd Louiso Macbeth, con il premio Oscar Marion Cotillard e il pluricandidato agli Oscar Michael Fassbender. Prima di lui, grandissimi nomi in passato hanno tentato di portare sullo schermo le vicende del sanguinoso re scozzese e della sua cinica Lady, diventate archetipo della sete di potere e dei suoi mortali tranelli, da Orson Welles nel 1948 e Akira Kurosawa nel 1957, che aveva ispirato il suo Trono di sangue proprio a quella tragedia, a Roman Polanski che a Cannes, fuori concorso, presentò nel 1971 The Tragedy of Macbeth, violento e disturbante come la terribile vicenda dell’uccisione della moglie incinta, Sharon Tate, per mano della setta di Charles Manson. E, in fondo, di questo parlano le opere del Bardo: sangue, vendetta, follia, morte. Come la vita, più di essa.
“La vita è un’ombra che cammina, un povero attore che si agita e pavoneggia la sua ora sul palco e poi non se ne sa più niente. È un racconto narrato da un idiota, pieno di suoni e furore, significante niente.” (Macbeth: atto V, scena V)
Portare Shakespeare sul grande schermo è un’operazione rischiosa sotto molteplici punti di vista, uno tra tutti quello di ridurre la trasposizione in un semplice trasloco, dal palcoscenico al set, senza cogliere le differenze sostanziali tra due linguaggi così distanti. Restare fedeli al testo, ai dialoghi, senza fare lo sforzo di interpretare, decostruire e, quindi, celebrare l’universalità della narrazione. Scomparire, impietriti di fronte alla grandezza del poeta inglese. Ecco, tutti si aspettano che l’acclamato regista di The Snowtown Murders inciampi come, d’altronde, hanno fatto molti dei suoi predecessori, che la vitalità dell’opera, la sua forza, il nervo stesso della storia, si spenga nella macchinosa messa in scena, nei 24 fotogrammi al secondo che sono altro dalle pause e dai tempi del teatro.
Forse, il talento indiscusso di Marion Cotillard e Michael Fassbender non sarà sufficiente a sostenere l’ennesima rivisitazione, ma è presto per dirlo, sentiremo domani quanti applausi o fischi si prenderanno e, poi, c’è sempre il pubblico che potrebbe, invece, amare molto questa storia di amore e morte.
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