Il caso Nivea vs Neve: lo sporco lavoro del social media manager
Tempo stimato per la lettura: 3,6 minuti
Il mestiere del social media manager non è un lavoro facile: è necessario monitorare, gestire e creare engagement in una community di utenti dalle sfaccettature più varie. Se poi il tuo brand è pure un nome importante, un brand conosciuto , allora il lavoro diventa ancora più difficile. Ne sa qualcosa la multinazionale del settore cosmetico Nivea, lo storico marchio tedesco della crema idratante multiuso utilizzata da nonne, mamme e figlie.
Qualche giorno fa i portali di settore e alcuni quotidiani danno la notizia della vittoria di Nivea su Neve Cosmetics, marchio italiano, piemontese nello specifico, che produce prodotti di cosmetica bio e non testati sugli animali, per la sentenza di primo grado intentata, proprio da Nivea, nel lontano 2009. Il motivo? La troppa somiglianza dei nomi dei due brand. Infatti, secondo l’accusa, il nome Neve avrebbe potuto confondere i consumatori e togliere incassi e quote di mercato a Nivea.
Il tribunale di Milano ha dato ragione alla multinazionale tedesca affermando che il termine “neve” non può essere utilizzato da altri concorrenti sul mercato dei prodotti per la cura della persona, appellandosi addirittura alla derivazione latina della parola. Da qui, l’indignazione virale dei fan di Neve Cosmetics, spinti sia dagli stessi principi etici propri della piccola azienda, sia dall’idea di difendere una piccola realtà come quella del marchio di Moncalieri. Praticamente un Davide contro Golia nel settore beauty. Piovono commenti durissimi nei confronti del marchio tedesco e di attestati di stima e solidarietà verso il piccolo brand italiano.
Su Twitter impazzano i cinguettii a suon di hashtag #StoConNeve e su change.org c’è, persino una petizione in favore di Neve: ” Vogliamo che la Beiersdorf ritiri la causa contro la Neve Cosmetics per il plagio della parola del marchio” e ancora “come può una azienda multinazionale (e multimilionaria) tentare di affossare una piccola, ma eticamente molto più valida grazie alla produzione di prodotti esclusivamente di origine naturale, azienda con un cavillo del genere?
Come possono essersi svegliati solo ora, dato che la Neve Cosmetics esiste da ben 6 anni ormai? E soprattutto, come potrebbero i consumatori confondere i due marchi, nonostante Neve Cosmetics venga commercializzata esclusivamente sul proprio e-commerce o in bioprofumerie?
E cosa fanno i social media manager del colosso tedesco? Decidono di cancellare i commenti negativi e, come ultima spiaggia, di bloccare la possibilità di inserire post da parte degli utenti sulla propria bacheca. Mai errore fu più fatele, perché si sa che cancellare un qualsiasi commento sulle piattaforme social equivale ad un suicidio. Infatti, i fan di Neve, ancora più determinati, hanno iniziato a bombardare di commenti negativi anche i post precedenti più vecchi.
La sentenza è solo di primo grado, vedremo cosa accadrà dopo il ricorso che Neve Cosmetics ha fatto. Oggi la bacheca di Nivea non risulta ancora aggiornata, con post datati 15 settembre, nessuna comunicazione ufficiale e il blocco dei post. Non esattamente una strategia vincente. Ma non sono poche le società che in passato hanno commesso gli stessi errori. Un esempio tra tutti, l’epic fail del social media manager di Patrizia Pepe che, dopo un messaggio di una fan la quale faceva notare la presenza di modelle troppo magre nelle loro pubblicità sottolineando la possibilità di far passare un messaggio malsano, ha risposto in malo modo zittendo la povera fan e additandola come incompetente in materia.
Se i profili social di un brand sono il punto di riferimento dei propri fan chi gestisce la comunicazione sui social deve esserne a conoscenza e gestire le crisi in maniera ottimale e professionale e, soprattutto, mantenendo sempre il rispetto nei confronti dei propri fan.
di Stefania Ferraro
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Il caso Nivea vs Neve: lo sporco lavoro del social media manager
Tempo stimato per la lettura: 10 minuti
Il mestiere del social media manager non è un lavoro facile: è necessario monitorare, gestire e creare engagement in una community di utenti dalle sfaccettature più varie. Se poi il tuo brand è pure un nome importante, un brand conosciuto , allora il lavoro diventa ancora più difficile. Ne sa qualcosa la multinazionale del settore cosmetico Nivea, lo storico marchio tedesco della crema idratante multiuso utilizzata da nonne, mamme e figlie.
Qualche giorno fa i portali di settore e alcuni quotidiani danno la notizia della vittoria di Nivea su Neve Cosmetics, marchio italiano, piemontese nello specifico, che produce prodotti di cosmetica bio e non testati sugli animali, per la sentenza di primo grado intentata, proprio da Nivea, nel lontano 2009. Il motivo? La troppa somiglianza dei nomi dei due brand. Infatti, secondo l’accusa, il nome Neve avrebbe potuto confondere i consumatori e togliere incassi e quote di mercato a Nivea.
Il tribunale di Milano ha dato ragione alla multinazionale tedesca affermando che il termine “neve” non può essere utilizzato da altri concorrenti sul mercato dei prodotti per la cura della persona, appellandosi addirittura alla derivazione latina della parola. Da qui, l’indignazione virale dei fan di Neve Cosmetics, spinti sia dagli stessi principi etici propri della piccola azienda, sia dall’idea di difendere una piccola realtà come quella del marchio di Moncalieri. Praticamente un Davide contro Golia nel settore beauty. Piovono commenti durissimi nei confronti del marchio tedesco e di attestati di stima e solidarietà verso il piccolo brand italiano.
Su Twitter impazzano i cinguettii a suon di hashtag #StoConNeve e su change.org c’è, persino una petizione in favore di Neve: ” Vogliamo che la Beiersdorf ritiri la causa contro la Neve Cosmetics per il plagio della parola del marchio” e ancora “come può una azienda multinazionale (e multimilionaria) tentare di affossare una piccola, ma eticamente molto più valida grazie alla produzione di prodotti esclusivamente di origine naturale, azienda con un cavillo del genere?
Come possono essersi svegliati solo ora, dato che la Neve Cosmetics esiste da ben 6 anni ormai? E soprattutto, come potrebbero i consumatori confondere i due marchi, nonostante Neve Cosmetics venga commercializzata esclusivamente sul proprio e-commerce o in bioprofumerie?
E cosa fanno i social media manager del colosso tedesco? Decidono di cancellare i commenti negativi e, come ultima spiaggia, di bloccare la possibilità di inserire post da parte degli utenti sulla propria bacheca. Mai errore fu più fatele, perché si sa che cancellare un qualsiasi commento sulle piattaforme social equivale ad un suicidio. Infatti, i fan di Neve, ancora più determinati, hanno iniziato a bombardare di commenti negativi anche i post precedenti più vecchi.
La sentenza è solo di primo grado, vedremo cosa accadrà dopo il ricorso che Neve Cosmetics ha fatto. Oggi la bacheca di Nivea non risulta ancora aggiornata, con post datati 15 settembre, nessuna comunicazione ufficiale e il blocco dei post. Non esattamente una strategia vincente. Ma non sono poche le società che in passato hanno commesso gli stessi errori. Un esempio tra tutti, l’epic fail del social media manager di Patrizia Pepe che, dopo un messaggio di una fan la quale faceva notare la presenza di modelle troppo magre nelle loro pubblicità sottolineando la possibilità di far passare un messaggio malsano, ha risposto in malo modo zittendo la povera fan e additandola come incompetente in materia.
Se i profili social di un brand sono il punto di riferimento dei propri fan chi gestisce la comunicazione sui social deve esserne a conoscenza e gestire le crisi in maniera ottimale e professionale e, soprattutto, mantenendo sempre il rispetto nei confronti dei propri fan.
di Stefania Ferraro
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