Proiezionisti anonimi: “La creatività è la capacità di trovare soluzioni”
Tempo stimato per la lettura: 6,2 minuti
Abbiamo intervistato i Proiezionisti Anonimi, un gruppo di ragazzi che ha illuminato le notti di Colli Aniene, un quartiere di Roma, regalando un sorriso…. e che ha da poco editato un libro.
“Siamo i Proiezionisti Anonimi, tre ragazzi di Colli Aniene, periferia Est di Roma. Ci siamo conosciuti tanti anni fa frequentando gli scout laici del quartiere (CNGEI) e due di noi ancora sono iscritti.
Siamo anonimi perché vogliamo dare risalto a quello che facciamo e non a quello che siamo. Inoltre, in questo quartiere ci abitano i nostri genitori e volevamo preservare anche le loro identità.
Per giocare ci siamo dati tre nomi fantasia legati alla nostra prima proiezione: Batman, Robin e Catwoman.
Batman è un insegnante delle scuole superiori e un grafico freelance: nel gruppo è colui che si occupa della grafica e delle proiezioni fisiche. Robin nella vita reale organizza e gestisce eventi legati al mondo cinema: nei Proiezionisti scatta le foto alle proiezioni e gestisce i social. Catwoman è un architetto e una mamma a tempo pieno: è colei che raccoglie le notizie e tutto quello che parla di noi. Tutti e tre inventiamo, scriviamo e decidiamo le frasi da proiettare”.
Quando avete cominciato e perché?
Il 13 marzo 2020 abbiamo fatto la nostra prima proiezione. Ci stavamo mandando dei messaggi per gioco e scherzo, ci siamo detti “servirebbe un supereroe in questo momento per aiutarci a sistemare la situazione” e così abbiamo proiettato il Bat-segnale come nei film. Ci siamo ispirati a Batman perché è il super eroe più conosciuto che non ha poteri innaturali. Da lì le prime frasi, sempre tutto spontaneamente e cercando di rispettare il più possibile la sensibilità di tutti.
Inizialmente non avevamo nemmeno le pagine social, quando ci siamo resi conto che quello che facevamo piaceva abbiamo deciso di mettere tutto sui canali giusti. Da quando è iniziata la quarantena non ci siamo mai visti (nemmeno in video chiamata), abbiamo gestito questo piccolo progetto ognuno lontano dall’altro, ognuno da dentro la sua casa con i messaggi e le telefonate.
Cosa significa per voi Colli Aniene?
È la nostra casa, il quartiere dove siamo nati e cresciuti, dove ci abitano i nostri amici e i nostri familiari. Lo abbiamo visto crescere e lui ha visto crescere noi. Abbiamo riso e pianto in ogni angolo del quartiere e anche durante la quarantena lo sentivamo vicino a noi. Fare le proiezioni qui, tutte le sere, visibili a tutti dai loro balconi o portando a spasso il cane significava per noi cercare di ricreare un senso di comunità. Non volevamo che si perdesse il rapporto con la comunità e che tutti potessero ritrovarsi in quel momento serale.
Avete da poco editato un libro… ce ne volete parlare?
Durante le proiezioni è nata l’idea di chiudere il progetto con un altro gesto reale e siamo arrivati al libro. Abbiamo racchiuso tutte le nostre foto in un piccolo volume che potesse diventare un ricordo bello di questa esperienza per tutti quelli che ci hanno visto e sostenuto. Donare il ricavato della vendita alla Croce Rossa Italiana ha reso l’idea completa e ancora più significativa per noi. Volevamo ringraziare chi ha vissuto in prima linea questa emergenza e una semplice proiezione non sarebbe bastata: anche qui serviva un gesto reale.
Il libro doveva avere una super copertina e lo abbiamo chiesto a Francesco Poroli che ci ha disegnato e donato una delle sue fantastiche illustrazioni.
La tipografia Sprint24 inoltre, ha deciso di collaborare al progetto donando le stampe dei libri ordinati, questa è stata una vera sorpresa che ci ha riempito di gioia.
Il libro è in vendita ora sul nostro sito.
Vi sposterete anche in altri quartieri romani?
Noi personalmente crediamo di no. Il progetto è molto legato al territorio e alla periferia della città che parla a tutti. Il progetto era aperto a chiunque avesse un proiettore e volesse partecipare con noi.
Abbiamo avuto due esperienze interessanti però: la prima con un ragazzo della periferia di Napoli: alla luce della situazione sanitaria spagnola, abbiamo proiettando contemporaneamente la stessa frase; la seconda con alcuni ragazzi tedeschi che ci hanno chiesto di proiettare in contemporanea a loro, collegando Roma, Berlino e New York.
Che cosa ha significato per voi il periodo della quarantena e cosa pensate succederà nel campo creativo/artistico?
Il periodo della quarantena è stato un momento di riscoperta personale e di ciò che realmente è essenziale. Ci siamo resi conto che il rapporto umano con le persone era ciò che più ci stava mancando e allontanando.
Noi speriamo che si possa tornare a vivere la comunità e i rapporti sociali senza paura, attraverso la cultura. Il distanziamento fisico sarà necessario purtroppo ancora per un po’ ma dobbiamo sforzarci di non chiuderci o di allontanarci. La cultura in questo senso ci può aiutare, ci può avvicinare, creando momenti di condivisione che non siano solo digitali o virtuali ma concreti e tangibili.
Cosa significa per voi la parola creatività?
La capacità di trovare soluzioni, indipendentemente da quale sia il problema o la dimensione. Il creativo, per noi, è colui che sa progettare con consapevolezza qualcosa che possa essere di aiuto anche alla comunità.
Che tecnica utilizzate?
Creiamo l’immagine sul computer che poi, attraverso un semplice proiettore da ufficio, proiettiamo sulla superficie bianca del palazzo.
Qual è stato finora il momento più emozionante e quello più difficile?
Anche noi, come tutti, abbiamo avuto momenti di difficoltà: ci sono state giornate che non avevamo idee su quale frase proiettare perché stanchi o esausti; giornate in cui eravamo tanto convinti delle nostre idee fino a discutere tra di noi perché nervosi o stressati.
Tutto questo però era sempre compensato da piccoli momenti di felicità: i messaggi di ringraziamento delle persone; la risposta di Zerocalcare ad un nostro post; il re-twett della Ministra Bonetti sul post del 1522 (numero antiviolenza e stalking); le numerose collaborazioni che ci hanno fatto amare il progetto (Er Pinto, Francesco Poroli, Federico Cimatti, Ottavia Tracagni, Daniele Pampanelli).
Tutti questi momenti ci hanno dato sempre la forza di continuare a proiettare.
Cosa volete comunicare? Che tipo di messaggio volete dare alle persone?
Cerchiamo sempre di mandare un messaggio di speranza a volte con uno sfondo più civico (numero contro la violenza sulle donne, donazione del sangue, solidarietà alla città di Bergamo) altre semplicemente per far sorridere.
Non abbiamo mai avuto una vera e propria linea editoriale da seguire, siamo sempre andati secondo le giornate o quello che ci sentivamo di dire in quel momento. È successo tantissime volte di aver cambiato frase all’ultimo secondo.
Progetti per il futuro…
Al momento stiamo seguendo il progetto del libro che finirà per fine giugno. Ognuno di noi poi, sta già riprendendo i propri progetti di vita interrotti dalla quarantena.
FB: ProiezionistiAnonimi
IG: Proiezionisti Anonimi
TW: Proiezionisti Anonimi
SITO: Proiezionisti Anonimi
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Proiezionisti anonimi: “La creatività è la capacità di trovare soluzioni”
Tempo stimato per la lettura: 19 minuti
Abbiamo intervistato i Proiezionisti Anonimi, un gruppo di ragazzi che ha illuminato le notti di Colli Aniene, un quartiere di Roma, regalando un sorriso…. e che ha da poco editato un libro.
“Siamo i Proiezionisti Anonimi, tre ragazzi di Colli Aniene, periferia Est di Roma. Ci siamo conosciuti tanti anni fa frequentando gli scout laici del quartiere (CNGEI) e due di noi ancora sono iscritti.
Siamo anonimi perché vogliamo dare risalto a quello che facciamo e non a quello che siamo. Inoltre, in questo quartiere ci abitano i nostri genitori e volevamo preservare anche le loro identità.
Per giocare ci siamo dati tre nomi fantasia legati alla nostra prima proiezione: Batman, Robin e Catwoman.
Batman è un insegnante delle scuole superiori e un grafico freelance: nel gruppo è colui che si occupa della grafica e delle proiezioni fisiche. Robin nella vita reale organizza e gestisce eventi legati al mondo cinema: nei Proiezionisti scatta le foto alle proiezioni e gestisce i social. Catwoman è un architetto e una mamma a tempo pieno: è colei che raccoglie le notizie e tutto quello che parla di noi. Tutti e tre inventiamo, scriviamo e decidiamo le frasi da proiettare”.
Quando avete cominciato e perché?
Il 13 marzo 2020 abbiamo fatto la nostra prima proiezione. Ci stavamo mandando dei messaggi per gioco e scherzo, ci siamo detti “servirebbe un supereroe in questo momento per aiutarci a sistemare la situazione” e così abbiamo proiettato il Bat-segnale come nei film. Ci siamo ispirati a Batman perché è il super eroe più conosciuto che non ha poteri innaturali. Da lì le prime frasi, sempre tutto spontaneamente e cercando di rispettare il più possibile la sensibilità di tutti.
Inizialmente non avevamo nemmeno le pagine social, quando ci siamo resi conto che quello che facevamo piaceva abbiamo deciso di mettere tutto sui canali giusti. Da quando è iniziata la quarantena non ci siamo mai visti (nemmeno in video chiamata), abbiamo gestito questo piccolo progetto ognuno lontano dall’altro, ognuno da dentro la sua casa con i messaggi e le telefonate.
Cosa significa per voi Colli Aniene?
È la nostra casa, il quartiere dove siamo nati e cresciuti, dove ci abitano i nostri amici e i nostri familiari. Lo abbiamo visto crescere e lui ha visto crescere noi. Abbiamo riso e pianto in ogni angolo del quartiere e anche durante la quarantena lo sentivamo vicino a noi. Fare le proiezioni qui, tutte le sere, visibili a tutti dai loro balconi o portando a spasso il cane significava per noi cercare di ricreare un senso di comunità. Non volevamo che si perdesse il rapporto con la comunità e che tutti potessero ritrovarsi in quel momento serale.
Avete da poco editato un libro… ce ne volete parlare?
Durante le proiezioni è nata l’idea di chiudere il progetto con un altro gesto reale e siamo arrivati al libro. Abbiamo racchiuso tutte le nostre foto in un piccolo volume che potesse diventare un ricordo bello di questa esperienza per tutti quelli che ci hanno visto e sostenuto. Donare il ricavato della vendita alla Croce Rossa Italiana ha reso l’idea completa e ancora più significativa per noi. Volevamo ringraziare chi ha vissuto in prima linea questa emergenza e una semplice proiezione non sarebbe bastata: anche qui serviva un gesto reale.
Il libro doveva avere una super copertina e lo abbiamo chiesto a Francesco Poroli che ci ha disegnato e donato una delle sue fantastiche illustrazioni.
La tipografia Sprint24 inoltre, ha deciso di collaborare al progetto donando le stampe dei libri ordinati, questa è stata una vera sorpresa che ci ha riempito di gioia.
Il libro è in vendita ora sul nostro sito.
Vi sposterete anche in altri quartieri romani?
Noi personalmente crediamo di no. Il progetto è molto legato al territorio e alla periferia della città che parla a tutti. Il progetto era aperto a chiunque avesse un proiettore e volesse partecipare con noi.
Abbiamo avuto due esperienze interessanti però: la prima con un ragazzo della periferia di Napoli: alla luce della situazione sanitaria spagnola, abbiamo proiettando contemporaneamente la stessa frase; la seconda con alcuni ragazzi tedeschi che ci hanno chiesto di proiettare in contemporanea a loro, collegando Roma, Berlino e New York.
Che cosa ha significato per voi il periodo della quarantena e cosa pensate succederà nel campo creativo/artistico?
Il periodo della quarantena è stato un momento di riscoperta personale e di ciò che realmente è essenziale. Ci siamo resi conto che il rapporto umano con le persone era ciò che più ci stava mancando e allontanando.
Noi speriamo che si possa tornare a vivere la comunità e i rapporti sociali senza paura, attraverso la cultura. Il distanziamento fisico sarà necessario purtroppo ancora per un po’ ma dobbiamo sforzarci di non chiuderci o di allontanarci. La cultura in questo senso ci può aiutare, ci può avvicinare, creando momenti di condivisione che non siano solo digitali o virtuali ma concreti e tangibili.
Cosa significa per voi la parola creatività?
La capacità di trovare soluzioni, indipendentemente da quale sia il problema o la dimensione. Il creativo, per noi, è colui che sa progettare con consapevolezza qualcosa che possa essere di aiuto anche alla comunità.
Che tecnica utilizzate?
Creiamo l’immagine sul computer che poi, attraverso un semplice proiettore da ufficio, proiettiamo sulla superficie bianca del palazzo.
Qual è stato finora il momento più emozionante e quello più difficile?
Anche noi, come tutti, abbiamo avuto momenti di difficoltà: ci sono state giornate che non avevamo idee su quale frase proiettare perché stanchi o esausti; giornate in cui eravamo tanto convinti delle nostre idee fino a discutere tra di noi perché nervosi o stressati.
Tutto questo però era sempre compensato da piccoli momenti di felicità: i messaggi di ringraziamento delle persone; la risposta di Zerocalcare ad un nostro post; il re-twett della Ministra Bonetti sul post del 1522 (numero antiviolenza e stalking); le numerose collaborazioni che ci hanno fatto amare il progetto (Er Pinto, Francesco Poroli, Federico Cimatti, Ottavia Tracagni, Daniele Pampanelli).
Tutti questi momenti ci hanno dato sempre la forza di continuare a proiettare.
Cosa volete comunicare? Che tipo di messaggio volete dare alle persone?
Cerchiamo sempre di mandare un messaggio di speranza a volte con uno sfondo più civico (numero contro la violenza sulle donne, donazione del sangue, solidarietà alla città di Bergamo) altre semplicemente per far sorridere.
Non abbiamo mai avuto una vera e propria linea editoriale da seguire, siamo sempre andati secondo le giornate o quello che ci sentivamo di dire in quel momento. È successo tantissime volte di aver cambiato frase all’ultimo secondo.
Progetti per il futuro…
Al momento stiamo seguendo il progetto del libro che finirà per fine giugno. Ognuno di noi poi, sta già riprendendo i propri progetti di vita interrotti dalla quarantena.
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