Al Jeu de Paume il festival sui paesaggi in movimento

About the Author: Cristina Biordi

Published On: 8 Febbraio 2025

Tempo stimato per la lettura: 5,7 minuti

Il Jeu de Paume presenta la seconda edizione del suo festival dedicato alle metamorfosi dell’immagine contemporanea, combinando una mostra, performance, proiezioni, serate, incontri, workshop con artisti e un libro.

Paysages mouvants è il titolo di quest’edizione che propone, dal 7 febbraio al 23 marzo 2025, un’esposizione «concepita come una narrazione collettiva che dispiega una storia di rappresentazioni di ambienti naturali e dell’immaginario che li evoca», come spiega la curatrice Jeanne Mercier al vernissage per la stampa.

Per non perdere nessun appuntamento di questa manifestazione culturale parigina esiste un pass a soli 30 euro valido per tutto il periodo del festival.

Una drammaturgia per dei nuovi paesaggi

«Un racconto collettivo che spazia dalla pittura ai fumetti, dalla fotografia all’intelligenza artificiale, passando per il disegno, i tessuti stampati e i video. Molti i temi affrontati: ecologia, immigrazione, questioni identitarie…Una nuova visione dell’immaginario del passaggio legata da una vera drammaturgia – creata dal direttore artistico Loo Hui Phang – con un narratore, dei personaggi, dei momenti di suspence. I testi presenti nelle diverse sale fanno da contrappunto dando il ritmo per mantenere viva l’attenzione dello spettatore e accompagnarlo per tutto il percorso della visita. Abbracciano tutti gli universi per immergere il visitatore in uno stato di ricezione, invitandolo a riflettere.»

Ogni progetto si appropria di questi spazi naturali in lotta con gli stereotipi per offrire un nuovo immaginario. Inoltre, «Alla voce del narratore si uniscono quelle di 4 scrittori di fiction e 5 autrici invitati a commentare le installazioni esposte», aggiunge Jeanne Mercier. «14 progetti esposti, realizzati da 15 artisti, tra cui 7 opere inedite mentre le altre sono state adattate allo spazio Jeu de Paume».

Una relazione sensoriale e intima

Questo invito al viaggio, attraversando paesaggi reali, irreali e forse futuri inizia dal “principio”, quando c’erano solo fuoco e ghiaccio. A questa sorta di genesi è legata l’opera di Julian Charrière, che apre questo festival parlando dei cambiamenti climatici grazie a un’immersione profonda nell’Artico e nell’Antartide. Per poi attraversare delle zone vulcaniche, montagne, deserti e oasi, foreste, mondi sommersi e interstellari.

A seguire lo scenario di Léonard Pongo che trae ispirazione dalle tradizioni congolesi e kasaïane: il paesaggio come personaggio dotato di volontà e potere. Sovrapposizione di immagini e proiezioni ricreare un paesaggio complesso e vibrante. A seguire l’installazione di Mónica de Miranda, con un video in cui una donna osserva con attenzione la natura che lo circonda, metafora di uno spazio femminile che attraversa più tempi e spazi.

L’azione dell’uomo sul paesaggio

Nella sua installazione fotografica Richard Pak esplora il destino tragedia di Nauru, piccola isola di 21 km2 devastata dall’estrazione di fosfati. Cattura la bellezza perduta dei paesaggi in rovina e li altera chimicamente, dando loro così una dimensione mitologica, come un oracolo moderno.

Segue viaggio introspettivo nel massiccio dei Carpazi in Ucraina di Andrea Olga Mantovani in cui l’artista si interroga sul rapporto con le foreste primarie e collega il passato familiare, la memoria collettiva e le attuali questioni geopolitiche.

Ancora un approccio personale nell’opera di Plum Phi che esplora la storia della sua famiglia vietnamita e la politica migratoria coloniale che hanno sostenuto lo sviluppo della coltivazione intensiva del riso in Camargue.

Favole e fantascienza

Il progetto di Yo-Yo Gonthier riunisce scultura, disegno, video e fotografia. Dalle nuvole in cielo a quelle che marciano in corteo a Saint Denis, nella periferia parigina. Un lavoro liberamente ispirato dall’esplorazione spaziale che porta con sé l’impegno collettivo di persone che ce l’hanno realizzato.

Dal quasi fantascientifico al paesaggio da favola di Eliza Levy, che con pochi elementi trasforma il reale in fantastico, svelandone l’anima. Per poi tornare allo spazio passando per il deserto di Sonora disseminato di detriti tecnologici. È l’opera di Julien Lombardi che si inspira alla missione Apollo, in cui si intreccia un dialogo tra cielo e terra, scienza e immaginazione.

I paradisi perduti e quelli importati

Continua l’esplorazione della fascinazione per spazi esotici. Thomas Struth mette in dubbio la rappresentazione del paradiso e cattura la bellezza delle foreste pluviali e delle giungle di tutto il mondo. Mentre, Laila Hida parla dello sfruttamento finanziario dell’impiantazione della palma marocchina in Costa Azzurra poi in California, mettendo in discussione le nozioni dell’esotismo e dell’ozio a partire dall’orientalismo del XIX° secolo fino ai giorni nostri.

Mentre, l’installazione di Edgar Cleijne ed EllenGallagher ricorda il paradiso perduto in una foresta sommersa. Un tempo in cui gli uomini vivranno separati dalla natura e dagli altri esseri viventi.

Le strade dei migranti e un futuro senza uomo

Uomini e natura uniti nell’opera di Mathieu Pernot interessato alla circolazione del sapere. Un lavoro prodotto in collaborazione con dei rifugiati. Mescolando astronomia, botanica e cartografia, questo progetto collettivo ripercorre i drammatici percorsi dell’esilio e conoscenza condivisa dell’umanità. Infine, l’installazione tecnologica di Mounir Ayache che trasporta nel XXVI° secolo. Quest’opera trae ispirazione dalle versioni arabe del mito di Cariddi e Scilla, personificate da due figure femminili simboleggianti due poli politici.

È lo sguardo che crea il paesaggio

«Non esiste il paesaggio senza punto di vista. Questo appare come tale perché lo si osserva da un certo angolo», sostiene Loo Hui Phang, nel libro che accompagna questo festival. Grazie al punto d’osservazione dei diversi artisti e a quello dello spettatore, che, come un fiume, scorre e attraversa questi “paesaggi mobili”.

Concepita come un’esperienza immersiva e interattiva, questa nuova edizione del festival di Jeu de Paume offre al pubblico un affresco artistico in cui i mondi della fotografia, della letteratura e della scienza si incontrano e si trasformano: il paesaggio diventa così un territorio vivo e in perpetuo movimento.

 

Foto:

Andrea Olga Mantovani / Cicatrice della serie  Racines 2023 / Stampa fotografica © Mantovani Andrea

Richard Pak / Sole verde, 2023 della serie L’isola naufragata / Stampa fotografica  © Richard Pak

Yo-Yo Gonthier / I nuvoloni di sabbia, Sahara del progetto « La nuvola che parlava» 2011 – 2025 trittico / Stampa fotografica © Yo-Yo Gonthier © Adagp, 2025

Thomas Struth / Paradiso 24, Sao Francisco Xavier, Brazil, 2001 della serie New Pictures from Paradise 2001 / Tirage chromogène © Thomas Struth

Mounir Ayache The Scylla/Charybdis Temporal Rift Paradox 2025 © Mounir Ayache /Dettaglio installazione : tessuti di seta, braccio robotico, video, luci leds et Uvs (détail)

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Published On: 8 Febbraio 2025

About the Author: Cristina Biordi

Tempo stimato per la lettura: 17 minuti

Il Jeu de Paume presenta la seconda edizione del suo festival dedicato alle metamorfosi dell’immagine contemporanea, combinando una mostra, performance, proiezioni, serate, incontri, workshop con artisti e un libro.

Paysages mouvants è il titolo di quest’edizione che propone, dal 7 febbraio al 23 marzo 2025, un’esposizione «concepita come una narrazione collettiva che dispiega una storia di rappresentazioni di ambienti naturali e dell’immaginario che li evoca», come spiega la curatrice Jeanne Mercier al vernissage per la stampa.

Per non perdere nessun appuntamento di questa manifestazione culturale parigina esiste un pass a soli 30 euro valido per tutto il periodo del festival.

Una drammaturgia per dei nuovi paesaggi

«Un racconto collettivo che spazia dalla pittura ai fumetti, dalla fotografia all’intelligenza artificiale, passando per il disegno, i tessuti stampati e i video. Molti i temi affrontati: ecologia, immigrazione, questioni identitarie…Una nuova visione dell’immaginario del passaggio legata da una vera drammaturgia – creata dal direttore artistico Loo Hui Phang – con un narratore, dei personaggi, dei momenti di suspence. I testi presenti nelle diverse sale fanno da contrappunto dando il ritmo per mantenere viva l’attenzione dello spettatore e accompagnarlo per tutto il percorso della visita. Abbracciano tutti gli universi per immergere il visitatore in uno stato di ricezione, invitandolo a riflettere.»

Ogni progetto si appropria di questi spazi naturali in lotta con gli stereotipi per offrire un nuovo immaginario. Inoltre, «Alla voce del narratore si uniscono quelle di 4 scrittori di fiction e 5 autrici invitati a commentare le installazioni esposte», aggiunge Jeanne Mercier. «14 progetti esposti, realizzati da 15 artisti, tra cui 7 opere inedite mentre le altre sono state adattate allo spazio Jeu de Paume».

Una relazione sensoriale e intima

Questo invito al viaggio, attraversando paesaggi reali, irreali e forse futuri inizia dal “principio”, quando c’erano solo fuoco e ghiaccio. A questa sorta di genesi è legata l’opera di Julian Charrière, che apre questo festival parlando dei cambiamenti climatici grazie a un’immersione profonda nell’Artico e nell’Antartide. Per poi attraversare delle zone vulcaniche, montagne, deserti e oasi, foreste, mondi sommersi e interstellari.

A seguire lo scenario di Léonard Pongo che trae ispirazione dalle tradizioni congolesi e kasaïane: il paesaggio come personaggio dotato di volontà e potere. Sovrapposizione di immagini e proiezioni ricreare un paesaggio complesso e vibrante. A seguire l’installazione di Mónica de Miranda, con un video in cui una donna osserva con attenzione la natura che lo circonda, metafora di uno spazio femminile che attraversa più tempi e spazi.

L’azione dell’uomo sul paesaggio

Nella sua installazione fotografica Richard Pak esplora il destino tragedia di Nauru, piccola isola di 21 km2 devastata dall’estrazione di fosfati. Cattura la bellezza perduta dei paesaggi in rovina e li altera chimicamente, dando loro così una dimensione mitologica, come un oracolo moderno.

Segue viaggio introspettivo nel massiccio dei Carpazi in Ucraina di Andrea Olga Mantovani in cui l’artista si interroga sul rapporto con le foreste primarie e collega il passato familiare, la memoria collettiva e le attuali questioni geopolitiche.

Ancora un approccio personale nell’opera di Plum Phi che esplora la storia della sua famiglia vietnamita e la politica migratoria coloniale che hanno sostenuto lo sviluppo della coltivazione intensiva del riso in Camargue.

Favole e fantascienza

Il progetto di Yo-Yo Gonthier riunisce scultura, disegno, video e fotografia. Dalle nuvole in cielo a quelle che marciano in corteo a Saint Denis, nella periferia parigina. Un lavoro liberamente ispirato dall’esplorazione spaziale che porta con sé l’impegno collettivo di persone che ce l’hanno realizzato.

Dal quasi fantascientifico al paesaggio da favola di Eliza Levy, che con pochi elementi trasforma il reale in fantastico, svelandone l’anima. Per poi tornare allo spazio passando per il deserto di Sonora disseminato di detriti tecnologici. È l’opera di Julien Lombardi che si inspira alla missione Apollo, in cui si intreccia un dialogo tra cielo e terra, scienza e immaginazione.

I paradisi perduti e quelli importati

Continua l’esplorazione della fascinazione per spazi esotici. Thomas Struth mette in dubbio la rappresentazione del paradiso e cattura la bellezza delle foreste pluviali e delle giungle di tutto il mondo. Mentre, Laila Hida parla dello sfruttamento finanziario dell’impiantazione della palma marocchina in Costa Azzurra poi in California, mettendo in discussione le nozioni dell’esotismo e dell’ozio a partire dall’orientalismo del XIX° secolo fino ai giorni nostri.

Mentre, l’installazione di Edgar Cleijne ed EllenGallagher ricorda il paradiso perduto in una foresta sommersa. Un tempo in cui gli uomini vivranno separati dalla natura e dagli altri esseri viventi.

Le strade dei migranti e un futuro senza uomo

Uomini e natura uniti nell’opera di Mathieu Pernot interessato alla circolazione del sapere. Un lavoro prodotto in collaborazione con dei rifugiati. Mescolando astronomia, botanica e cartografia, questo progetto collettivo ripercorre i drammatici percorsi dell’esilio e conoscenza condivisa dell’umanità. Infine, l’installazione tecnologica di Mounir Ayache che trasporta nel XXVI° secolo. Quest’opera trae ispirazione dalle versioni arabe del mito di Cariddi e Scilla, personificate da due figure femminili simboleggianti due poli politici.

È lo sguardo che crea il paesaggio

«Non esiste il paesaggio senza punto di vista. Questo appare come tale perché lo si osserva da un certo angolo», sostiene Loo Hui Phang, nel libro che accompagna questo festival. Grazie al punto d’osservazione dei diversi artisti e a quello dello spettatore, che, come un fiume, scorre e attraversa questi “paesaggi mobili”.

Concepita come un’esperienza immersiva e interattiva, questa nuova edizione del festival di Jeu de Paume offre al pubblico un affresco artistico in cui i mondi della fotografia, della letteratura e della scienza si incontrano e si trasformano: il paesaggio diventa così un territorio vivo e in perpetuo movimento.

 

Foto:

Andrea Olga Mantovani / Cicatrice della serie  Racines 2023 / Stampa fotografica © Mantovani Andrea

Richard Pak / Sole verde, 2023 della serie L’isola naufragata / Stampa fotografica  © Richard Pak

Yo-Yo Gonthier / I nuvoloni di sabbia, Sahara del progetto « La nuvola che parlava» 2011 – 2025 trittico / Stampa fotografica © Yo-Yo Gonthier © Adagp, 2025

Thomas Struth / Paradiso 24, Sao Francisco Xavier, Brazil, 2001 della serie New Pictures from Paradise 2001 / Tirage chromogène © Thomas Struth

Mounir Ayache The Scylla/Charybdis Temporal Rift Paradox 2025 © Mounir Ayache /Dettaglio installazione : tessuti di seta, braccio robotico, video, luci leds et Uvs (détail)

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