Augusto De Luca: esploratore dell’immenso universo dell’arte tra realismo e metafisica
Tempo stimato per la lettura: 5,5 minuti
Prima di diventare fotografo, Augusto De Luca, (Napoli, 1° luglio 1955) intraprende degli studi di giurisprudenza. Poi un incontro gli fa nascere la passione per la fotografia. Oggi vanta una carriera di oltre 50 anni da fotografo e performer, durante la quale ha ritratto molti personaggi famosi. Conosciuto a livello internazionale, ha esposto in molte gallerie italiane ed estere.
Augusto De Luca diventa fotografo professionista nella metà degli anni ’70. Si dedica alla fotografia tradizionale e alla sperimentazione utilizzando diversi materiali fotografici. Il suo stile è caratterizzato da un’attenzione particolare per le inquadrature e per le minime unità espressive dell’oggetto fotografato. Immagini di netto realismo sono affiancate da altre nelle quali forme e segni, correlandosi, ricordano la lezione della metafisica.
Inoltre, nel 1987 realizza la scenografia del programma televisivo Samarcanda diretto dal giornalista Michele Santoro. Nel 1996, ha ricevuto il premio Città di Roma per le fotografie del libro Roma Nostra (foto apertura) insieme al compositore Ennio Morricone per la poesia Roma Amore pubblicata nello stesso libro. Nel corso della sua carriera ha realizzato anche copertine di dischi, pannelli pubblicitari e libri fotografici.
Le sue fotografie compaiono in collezioni pubbliche e private come quelle della International Polaroid Collection (USA), della Biblioteca Nazionale di Parigi, dell’Archivio Fotografico Comunale di Roma, della Galleria Nazionale delle Arti Estetiche della Cina (Pechino), del Museo de la Photographie di Charleroi (Belgio).
Quando è stato il suo primo contatto con la fotografia?
Nella metà degli anni ’70, un mio carissimo amico fotoamatore mi invitò nella sua camera oscura. Quando entrai rimasi subito colpito dall’ atmosfera dell’ambiente, infatti era accesa solo una fioca luce rossa che i giovani fotografi di oggi non conoscono, utilizzata per poter aprire tranquillamente i pacchi di carta fotografica senza incorrere in alcun problema. Ma la cosa che mi colpì, anzi mi scioccò, fu quando vidi apparire miracolosamente le immagini sui fogli immersi nell’acido di sviluppo. Proprio in quel momento mi innamorai e decisi che assolutamente dovevo fotografare e stampare.
Come descriverebbe la sua estetica?
Sicuramente nelle mie foto ad un realismo evidente si affianca una matrice metafisica, talvolta surreale che ottengo variando i rapporti di grandezza tra gli elementi fotografati. Questo lo faccio attraverso l’inquadratura e sfruttando con l’iperfocale il “tutt’affuoco” degli obbiettivi. Il mio modo di “falsare” la realtà che comunque rimane sé stessa, nasce dal mio essere un sognatore e un visionario; c’è in me la necessità di creare un mondo alternativo…il mio.
Freud con me non si annoierebbe.
Cosa vuole trasmettere attraverso le sue foto?
Sicuramente emozioni.
Mi sento navigatore, o meglio, esploratore dell’immenso universo dell’arte. L’artista è uno scopritore, cerca le chiavi per aprire la porta delle emozioni e delle sensazioni e l’arte è il luogo dove razionalità, fantasia, verità e finzione si sposano creando una miscela esplosiva.
Quali sono le sue fonti di ispirazione? E cosa di queste si può ritrovare nel suo lavoro?
Nelle architetture di città sicuramente dei riferimenti più o meno consapevoli potrebbero rimandare a Giorgio De Chirico. Infatti, in queste mie fotografie c’è, come nelle piazze del grande pittore, molto silenzio.
Nei ritratti invece, sicuramente mi ispiro a Bill Brandt e a Irving Penn e questo è rintracciabile nei tagli e nella profondità dei neri.
Come nutre la sua creatività?
Guardando moltissime immagini e studiando continuamente la Storia dell’Arte: da Giotto in poi. Sono un collezionista e amo l’arte in tutte le sue forme.
Quali sono le fasi del suo processo creativo?
Ogni mia foto è filtrata dall’emozione, dal rapporto che si crea tra me ed il luogo o il soggetto da ritrarre. Quando vedo qualcosa che mi attrae, comincio a girarci intorno per trovare la mia inquadratura. È un lavoro su di me e sull’oggetto/soggetto al tempo stesso.
Non meno importante e la postproduzione. È proprio al computer che la foto acquista carattere. Personalmente però utilizzo il Photoshop solo per schiarire o scurire parti dell’immagine. In realtà faccio esattamente quello che una volta facevo usando le mani sotto l’ingranditore, mascherando.
Quali sono gli aspetti più complessi nel realizzare un ritratto?
Credo che il problema maggiore sia proprio nel soggetto.
È fondamentale mettere a proprio agio la persona da ritrarre. Personalmente cerco di sdrammatizzare facendo battute su battute…poi…lo stanco…comincio, infatti, a fingere di scattare fin quando il soggetto, rassegnato, allenta la tensione e si rilassa completamente. È una piccola, utile e inconsapevole per il soggetto, lotta.
E quando il soggetto è un’architettura?
Il problema maggiore è la luce. Infatti, anche nel fotografare altre città è stato fondamentale rimanere qualche mese sul posto in modo da studiare le architetture, i monumenti e la loro illuminazione in orari diversi della giornata.
I suoi numerosi scatti hanno dato vita a una serie di volumi dedicati alle città italiane. Tra questi Roma Nostra.
Qual è il suo rapporto con la città eterna?
Ho vissuto nella città eterna per sette anni e l’ho amata molto. Insieme a Napoli, dove sono nato, anche Roma è la città dove vivo bene e non mi sento straniero. Forse perché mia madre era romana e quindi nelle mie vene scorre un po’ di Tevere.
C’è un aspetto del suo lavoro che preferisce?
È tutto stimolante…sempre. Ma prendere la fotocamera tra le mani e sapere, sentire che stai per scattare creando un qualche cosa di assolutamente tuo, è almeno per me esaltante. Mentre prima utilizzavo una pesante Hasselblad analogica, ora soltanto piccole fotocamere Leica digitali dalle elevate prestazioni e il risultato è ogni volta sorprendente.
In tutta la sua carriera, cosa le ha insegnato la fotografia che non si attendeva?
Se fotografi per gli altri, solo perché sai che quelle foto piacciono, non verrà mai fuori la tua essenza e finirai per fare cose che hanno fatto e fanno tutti. Invece, se continui il tuo percorso creativo, attraverso le foto vengono fuori le tue idee, le tue passioni e anche i tuoi mostri. Scopri chi sei e cosa pensi.
Foto tratte da Roma Nostra ©cortesia dell’artista
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Augusto De Luca: esploratore dell’immenso universo dell’arte tra realismo e metafisica
Tempo stimato per la lettura: 16 minuti
Prima di diventare fotografo, Augusto De Luca, (Napoli, 1° luglio 1955) intraprende degli studi di giurisprudenza. Poi un incontro gli fa nascere la passione per la fotografia. Oggi vanta una carriera di oltre 50 anni da fotografo e performer, durante la quale ha ritratto molti personaggi famosi. Conosciuto a livello internazionale, ha esposto in molte gallerie italiane ed estere.
Augusto De Luca diventa fotografo professionista nella metà degli anni ’70. Si dedica alla fotografia tradizionale e alla sperimentazione utilizzando diversi materiali fotografici. Il suo stile è caratterizzato da un’attenzione particolare per le inquadrature e per le minime unità espressive dell’oggetto fotografato. Immagini di netto realismo sono affiancate da altre nelle quali forme e segni, correlandosi, ricordano la lezione della metafisica.
Inoltre, nel 1987 realizza la scenografia del programma televisivo Samarcanda diretto dal giornalista Michele Santoro. Nel 1996, ha ricevuto il premio Città di Roma per le fotografie del libro Roma Nostra (foto apertura) insieme al compositore Ennio Morricone per la poesia Roma Amore pubblicata nello stesso libro. Nel corso della sua carriera ha realizzato anche copertine di dischi, pannelli pubblicitari e libri fotografici.
Le sue fotografie compaiono in collezioni pubbliche e private come quelle della International Polaroid Collection (USA), della Biblioteca Nazionale di Parigi, dell’Archivio Fotografico Comunale di Roma, della Galleria Nazionale delle Arti Estetiche della Cina (Pechino), del Museo de la Photographie di Charleroi (Belgio).
Quando è stato il suo primo contatto con la fotografia?
Nella metà degli anni ’70, un mio carissimo amico fotoamatore mi invitò nella sua camera oscura. Quando entrai rimasi subito colpito dall’ atmosfera dell’ambiente, infatti era accesa solo una fioca luce rossa che i giovani fotografi di oggi non conoscono, utilizzata per poter aprire tranquillamente i pacchi di carta fotografica senza incorrere in alcun problema. Ma la cosa che mi colpì, anzi mi scioccò, fu quando vidi apparire miracolosamente le immagini sui fogli immersi nell’acido di sviluppo. Proprio in quel momento mi innamorai e decisi che assolutamente dovevo fotografare e stampare.
Come descriverebbe la sua estetica?
Sicuramente nelle mie foto ad un realismo evidente si affianca una matrice metafisica, talvolta surreale che ottengo variando i rapporti di grandezza tra gli elementi fotografati. Questo lo faccio attraverso l’inquadratura e sfruttando con l’iperfocale il “tutt’affuoco” degli obbiettivi. Il mio modo di “falsare” la realtà che comunque rimane sé stessa, nasce dal mio essere un sognatore e un visionario; c’è in me la necessità di creare un mondo alternativo…il mio.
Freud con me non si annoierebbe.
Cosa vuole trasmettere attraverso le sue foto?
Sicuramente emozioni.
Mi sento navigatore, o meglio, esploratore dell’immenso universo dell’arte. L’artista è uno scopritore, cerca le chiavi per aprire la porta delle emozioni e delle sensazioni e l’arte è il luogo dove razionalità, fantasia, verità e finzione si sposano creando una miscela esplosiva.
Quali sono le sue fonti di ispirazione? E cosa di queste si può ritrovare nel suo lavoro?
Nelle architetture di città sicuramente dei riferimenti più o meno consapevoli potrebbero rimandare a Giorgio De Chirico. Infatti, in queste mie fotografie c’è, come nelle piazze del grande pittore, molto silenzio.
Nei ritratti invece, sicuramente mi ispiro a Bill Brandt e a Irving Penn e questo è rintracciabile nei tagli e nella profondità dei neri.
Come nutre la sua creatività?
Guardando moltissime immagini e studiando continuamente la Storia dell’Arte: da Giotto in poi. Sono un collezionista e amo l’arte in tutte le sue forme.
Quali sono le fasi del suo processo creativo?
Ogni mia foto è filtrata dall’emozione, dal rapporto che si crea tra me ed il luogo o il soggetto da ritrarre. Quando vedo qualcosa che mi attrae, comincio a girarci intorno per trovare la mia inquadratura. È un lavoro su di me e sull’oggetto/soggetto al tempo stesso.
Non meno importante e la postproduzione. È proprio al computer che la foto acquista carattere. Personalmente però utilizzo il Photoshop solo per schiarire o scurire parti dell’immagine. In realtà faccio esattamente quello che una volta facevo usando le mani sotto l’ingranditore, mascherando.
Quali sono gli aspetti più complessi nel realizzare un ritratto?
Credo che il problema maggiore sia proprio nel soggetto.
È fondamentale mettere a proprio agio la persona da ritrarre. Personalmente cerco di sdrammatizzare facendo battute su battute…poi…lo stanco…comincio, infatti, a fingere di scattare fin quando il soggetto, rassegnato, allenta la tensione e si rilassa completamente. È una piccola, utile e inconsapevole per il soggetto, lotta.
E quando il soggetto è un’architettura?
Il problema maggiore è la luce. Infatti, anche nel fotografare altre città è stato fondamentale rimanere qualche mese sul posto in modo da studiare le architetture, i monumenti e la loro illuminazione in orari diversi della giornata.
I suoi numerosi scatti hanno dato vita a una serie di volumi dedicati alle città italiane. Tra questi Roma Nostra.
Qual è il suo rapporto con la città eterna?
Ho vissuto nella città eterna per sette anni e l’ho amata molto. Insieme a Napoli, dove sono nato, anche Roma è la città dove vivo bene e non mi sento straniero. Forse perché mia madre era romana e quindi nelle mie vene scorre un po’ di Tevere.
C’è un aspetto del suo lavoro che preferisce?
È tutto stimolante…sempre. Ma prendere la fotocamera tra le mani e sapere, sentire che stai per scattare creando un qualche cosa di assolutamente tuo, è almeno per me esaltante. Mentre prima utilizzavo una pesante Hasselblad analogica, ora soltanto piccole fotocamere Leica digitali dalle elevate prestazioni e il risultato è ogni volta sorprendente.
In tutta la sua carriera, cosa le ha insegnato la fotografia che non si attendeva?
Se fotografi per gli altri, solo perché sai che quelle foto piacciono, non verrà mai fuori la tua essenza e finirai per fare cose che hanno fatto e fanno tutti. Invece, se continui il tuo percorso creativo, attraverso le foto vengono fuori le tue idee, le tue passioni e anche i tuoi mostri. Scopri chi sei e cosa pensi.
Foto tratte da Roma Nostra ©cortesia dell’artista
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