Dialogo tra costellazioni visive e sonore
Tempo stimato per la lettura: 4,9 minuti
Il Museo d’Arte e Storia Paul Eluard a Saint-Denis, periferia parigina, invita il pubblico a immergersi in una serie d’esperienze sensoriali attraverso l’esposizione Polyphone, Polyphonies visuels et sonores, dal 2 maggio al 7 novembre 2022.
Grazie a queste polifonie visive e sonore, la mostra è l’occasione per pensare al mondo attraverso l’incontro con le opere di 14 artisti internazionali che rivelano il potenziale poetico e politico dell’ascolto. Le installazioni, le performance, i disegni, le fotografie e i video presentati provengono da diversi contesti creativi, sia storici – dagli anni ’70 ad oggi – che geografici – tra cui Germania, Francia, Libano, Stati Uniti, Giappone e Sud Africa.
L’unione di più voci
Il Museo d’Arte e Storia Paul Eluard a Saint-Denis è un luogo di scambio, di reciprocità e condivisione. In cui i messaggi si sovrappongono, nell’ex edificio religioso che lo ospita. Alle opere di ieri rispondono le voci di oggi, quelle di artisti, ospiti del programma, ma anche quelle dei visitatori.
La mostra Polyphone, Polyphonies visuels et sonores articola gli sguardi degli artisti, intrisi di poesia e di un pensiero critico. Queste opere mettono in discussione gli effetti e il potere delle voci e dei suoni plurali nella società contemporanea.
Polifonico e polisemantico
Se la mostra si basa sulla polifonia musicale come un insieme di più voci e suoni, si riferisce anche al significato linguistico secondo il teorico Mikhail Bachtin. La mostra mette in evidenza anche i modi in cui i sistemi di espressione e rappresentazioni a volte sono in contraddizione.
Le opere esposte si propongono di mettere in discussione l’armonia e la discordanza ed esplorare le nozioni di percezione e ascolto. Sono tanti inviti sensoriali, sia sonori che visivi, la cui dimensione immersiva crea un’esperienza individuale o collettiva.
Un dialogo costante tra passato e presente
L’esposizione si articola in diversi luoghi del museo: dagli spazi dedicati alle mostre temporanee, alla cappella, passando per le celle e altre sale, instaurando un dialogo con le collezioni permanenti. Una mostra che alterna il visivo al sonoro, l’osservazione all’interazione.
Polyphone, Polyphonies visuels et sonores offre la percezione di accenti, canti, vibrazioni, suoni di pianoforte, campi elettromagnetici, rumba, gocce d’acqua, intonazioni vocali, un manifesto, rumori legati un carro armato militare, discorsi di donne e politici, fino al linguaggio dei segni. La mostra implementa diversi modi di ascolto e di osservazione, invita a passeggiare con le cuffie a catturare l’inudibile, a soffermarsi su una piattaforma che contiene un archivio audio, a lasciarsi sorprendere da voci spettrali che emergono così casualmente dalle stanze della collezione permanente.
Suoni naturalmente artificiali
Il visitatore è invitato ad attraversare la foresta di cavi de La Serra di Christina Kubish. Un’installazione composta da circa 1.600 metri di fili elettrici sospesi che intrecciandosi creano una sorta di struttura vegetale verticale. Grazie a delle cuffie speciali, che si attivano grazie al principio dell’induzione elettromagnetica, le persone possono ascoltare una composizione sonora impercettibile ad orecchio nudo, spostandosi all’interno della serra.
Il suono della pioggia è proposto dall’opera di Will Menter, Rain Songs. Musicista, sassofonista, l’artista ha creato uno strumento con piastrelle d’ardesia e cilindri in ceramica suonato dalle gocce d’acqua. Per ottenere il suono desiderato, Menter ha “accordato” le ardesie e giocato con la lunghezza dei tubi che fanno da cassa di risonanza. Le melodie sono aleatorie ed evocative.
Produrre e percepire i suoni linguistici
I suoni che noi produciamo hanno un lungo passato. Sono il risultato della lingua parlata, dei dialetti, delle influenze familiari, della conformazione del palato, di difetti di pronunciazione, sono una sorta d’impronta digitale, che dicono chi siamo e soprattutto da dove veniamo. Di questo tratta l’opera di Lawrence Abu Hamdan, Conflicted Phonemes.
L’installazione dei fonemi in conflitto consiste in diagrammi realizzati nel 2012 dall’artista con un gruppo di lavoro comprendente linguisti, ricercatori, attivisti, organizzazioni culturali e un grafico. Il punto di partenza del progetto è un insieme dossier di richiedenti asilo somali, le cui domande sono state respinte dalle autorità olandesi. Come parte del processo di candidatura asilo, queste persone erano state sottoposte a un test d’analisi vocale che hanno concluso che le loro origini sono diverse da quelle indicate. Intrappolati dai suoni delle loro voci, i richiedenti asilo sono stati così accusati di mentire sulle loro regioni di origine.
Una bella esposizione collettiva
L’esposizione dimostra che la polifonia non nasce solo dai confronti. Si esprime anche all’interno di ciascuna opera, di ogni oggetto, che porta in sé la storia della sua manifattura, della sua genesi e sviluppo, un’avventura tecnica, artistica, collettiva e individuale che ne ha permesso la creazione.
Gli altri artisti espositi sono, Félicia Atkinson, Kazumichi Fujiwara, Rolf Julius, Vincent Meessen, Will Menter, Ari Benjamin Meyers, Rie Nakajima, Max Neuhaus, Natascha Sadr Haghighian, Matthieu Saladin, Jorinde Voigt e Lerato Shadi ( foto d’apertura Mabogo Dinku, 2019). La mostra, realizzata in collaborazione con il Comune di Gera, in Germania, è corredata da un catalogo (Éditions Kehrer), e da una ricca programmazione culturale e d’incontri che si articola lungo tutto il periodo dell’esposizione.
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Dialogo tra costellazioni visive e sonore
Tempo stimato per la lettura: 15 minuti
Il Museo d’Arte e Storia Paul Eluard a Saint-Denis, periferia parigina, invita il pubblico a immergersi in una serie d’esperienze sensoriali attraverso l’esposizione Polyphone, Polyphonies visuels et sonores, dal 2 maggio al 7 novembre 2022.
Grazie a queste polifonie visive e sonore, la mostra è l’occasione per pensare al mondo attraverso l’incontro con le opere di 14 artisti internazionali che rivelano il potenziale poetico e politico dell’ascolto. Le installazioni, le performance, i disegni, le fotografie e i video presentati provengono da diversi contesti creativi, sia storici – dagli anni ’70 ad oggi – che geografici – tra cui Germania, Francia, Libano, Stati Uniti, Giappone e Sud Africa.
L’unione di più voci
Il Museo d’Arte e Storia Paul Eluard a Saint-Denis è un luogo di scambio, di reciprocità e condivisione. In cui i messaggi si sovrappongono, nell’ex edificio religioso che lo ospita. Alle opere di ieri rispondono le voci di oggi, quelle di artisti, ospiti del programma, ma anche quelle dei visitatori.
La mostra Polyphone, Polyphonies visuels et sonores articola gli sguardi degli artisti, intrisi di poesia e di un pensiero critico. Queste opere mettono in discussione gli effetti e il potere delle voci e dei suoni plurali nella società contemporanea.
Polifonico e polisemantico
Se la mostra si basa sulla polifonia musicale come un insieme di più voci e suoni, si riferisce anche al significato linguistico secondo il teorico Mikhail Bachtin. La mostra mette in evidenza anche i modi in cui i sistemi di espressione e rappresentazioni a volte sono in contraddizione.
Le opere esposte si propongono di mettere in discussione l’armonia e la discordanza ed esplorare le nozioni di percezione e ascolto. Sono tanti inviti sensoriali, sia sonori che visivi, la cui dimensione immersiva crea un’esperienza individuale o collettiva.
Un dialogo costante tra passato e presente
L’esposizione si articola in diversi luoghi del museo: dagli spazi dedicati alle mostre temporanee, alla cappella, passando per le celle e altre sale, instaurando un dialogo con le collezioni permanenti. Una mostra che alterna il visivo al sonoro, l’osservazione all’interazione.
Polyphone, Polyphonies visuels et sonores offre la percezione di accenti, canti, vibrazioni, suoni di pianoforte, campi elettromagnetici, rumba, gocce d’acqua, intonazioni vocali, un manifesto, rumori legati un carro armato militare, discorsi di donne e politici, fino al linguaggio dei segni. La mostra implementa diversi modi di ascolto e di osservazione, invita a passeggiare con le cuffie a catturare l’inudibile, a soffermarsi su una piattaforma che contiene un archivio audio, a lasciarsi sorprendere da voci spettrali che emergono così casualmente dalle stanze della collezione permanente.
Suoni naturalmente artificiali
Il visitatore è invitato ad attraversare la foresta di cavi de La Serra di Christina Kubish. Un’installazione composta da circa 1.600 metri di fili elettrici sospesi che intrecciandosi creano una sorta di struttura vegetale verticale. Grazie a delle cuffie speciali, che si attivano grazie al principio dell’induzione elettromagnetica, le persone possono ascoltare una composizione sonora impercettibile ad orecchio nudo, spostandosi all’interno della serra.
Il suono della pioggia è proposto dall’opera di Will Menter, Rain Songs. Musicista, sassofonista, l’artista ha creato uno strumento con piastrelle d’ardesia e cilindri in ceramica suonato dalle gocce d’acqua. Per ottenere il suono desiderato, Menter ha “accordato” le ardesie e giocato con la lunghezza dei tubi che fanno da cassa di risonanza. Le melodie sono aleatorie ed evocative.
Produrre e percepire i suoni linguistici
I suoni che noi produciamo hanno un lungo passato. Sono il risultato della lingua parlata, dei dialetti, delle influenze familiari, della conformazione del palato, di difetti di pronunciazione, sono una sorta d’impronta digitale, che dicono chi siamo e soprattutto da dove veniamo. Di questo tratta l’opera di Lawrence Abu Hamdan, Conflicted Phonemes.
L’installazione dei fonemi in conflitto consiste in diagrammi realizzati nel 2012 dall’artista con un gruppo di lavoro comprendente linguisti, ricercatori, attivisti, organizzazioni culturali e un grafico. Il punto di partenza del progetto è un insieme dossier di richiedenti asilo somali, le cui domande sono state respinte dalle autorità olandesi. Come parte del processo di candidatura asilo, queste persone erano state sottoposte a un test d’analisi vocale che hanno concluso che le loro origini sono diverse da quelle indicate. Intrappolati dai suoni delle loro voci, i richiedenti asilo sono stati così accusati di mentire sulle loro regioni di origine.
Una bella esposizione collettiva
L’esposizione dimostra che la polifonia non nasce solo dai confronti. Si esprime anche all’interno di ciascuna opera, di ogni oggetto, che porta in sé la storia della sua manifattura, della sua genesi e sviluppo, un’avventura tecnica, artistica, collettiva e individuale che ne ha permesso la creazione.
Gli altri artisti espositi sono, Félicia Atkinson, Kazumichi Fujiwara, Rolf Julius, Vincent Meessen, Will Menter, Ari Benjamin Meyers, Rie Nakajima, Max Neuhaus, Natascha Sadr Haghighian, Matthieu Saladin, Jorinde Voigt e Lerato Shadi ( foto d’apertura Mabogo Dinku, 2019). La mostra, realizzata in collaborazione con il Comune di Gera, in Germania, è corredata da un catalogo (Éditions Kehrer), e da una ricca programmazione culturale e d’incontri che si articola lungo tutto il periodo dell’esposizione.
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