Ersilia Tarullo: la fotografia, un affare di famiglia
Tempo stimato per la lettura: 4,3 minuti
La sua ricerca propone temi a carattere intimista, utilizzando la fotografia come mezzo espressivo di indagine individuale. Fotografa e artista visiva, Ersilia Tarullo è la vincitrice – con il progetto Un ricordo da me – della sezione “fotografia” della Biennale MArteLive, di cui ViviCreativo è media partner.
In questa serie l’artista si e ci interroga sul rito domestico dell’album fotografico di famiglia, che immortala eventi e personaggi della vita familiare che “meritano” di essere custoditi e tramandati. Tre generazioni a confronto, i diversi processi di trattamento delle immagini, e i personali modi di interpretare, utilizzare e vivere il mezzo della fotografia.
Ersilia Tarullo è nata in una famiglia di fotografi. Il suo lavoro di raccolta e analisi delle immagini negli archivi fotografici familiari, attraverso il decoupage, la riproduzione, l’intervento del digitale, esplora le questioni legate alla memoria e propone una riflessione sulla morte e su chi vive e tramette il ricordo.
Durante gli anni della formazione, sviluppa la sua arte. Nel 2020, conclude il ciclo di studi triennale presso l’ISFCI, Istituto Superiore di Fotografia e Comunicazione Integrata di Roma e nel 2022 frequenta il master di specializzazione in Fotogiornalismo. Le diverse esperienze e la sua formazione le danno l’amore per la ricerca e la sperimentazione continua. Attualmente, Ersilia Tarullo vive a Roma e lavora come freelance.
Com’è nato il progetto con cui ha vinto MArteLive?
Un ricordo da me nasce essenzialmente da una necessità soggettiva. Nel suo stato embrionale, infatti, aveva l’aspetto di un racconto a stampo favolistico anche se verosimile, e narrava metaforicamente il mio personale viaggio “odisseico” volto a riconoscermi e confrontarmi con le mie eredità fotografiche. Ciò che rimane delle prime versioni è il percorso introspettivo, mentre successivamente si è arricchito di una componente storica comune, assumendo di conseguenza una forma più austera.
In questa serie Un ricordo da me interviene digitalmente sulle fotografie. Qual è il valore simbolico di quest’azione?
La scelta dell’intervento digitale è una delle chiavi fondamentali da considerare nel processo di creazione e costruzione delle opere: da una parte rappresenta il punto di rottura generazionale, dall’altra rimarca il cambio pelle, volente o nolente, degli archivi fotografici fisici che oggi visualizziamo quasi esclusivamente su supporti e schermi digitali.
Cosa vuole trasmettere attraverso le sue foto?
Non ho obiettivi specifici o messaggi indirizzati. Credo che si risolva tutto nell’atto di libera interpretazione da parte dell’interlocutore: mi auguro sempre che la mia esigenza individuale e privata si evolva tramite chi fruisce, quindi si alimenti dell’esperienza di qualcun’altro.
Quali son le sue fonti di ispirazione?
Le mie fonti di ispirazioni sono state molteplici e soprattutto diverse nell’arco del tempo: la prima cotta è senza ombra di dubbio per i grandi maestri della fotografia, da Man Ray a Luigi Ghirri, da Nan Goldin a Martin Parr… In questo caso credo che poi la crescita stia nel superare l’emulazione di alcuni modelli, “disinnamorandosi” di loro per quanto possibile, per poi plasmare una propria dimensione ibrida e nuova al tempo stesso.
Come nutre la sua creatività?
Come tutte le persone che hanno bisogno di stimolare la propria inventiva, rinnovandola al tempo stesso, sono attratta non solo dalla fotografia, ma dalle arti visive e figurative in generale: il gioco è interessante quando si intersecano i piani, dunque riuscire ad “estorcere” nozioni, temi, visioni e concetti dagli ambiti più disparati che possono ricollegarsi ai miei interessi.
Quali sono le fasi del suo processo creativo?
Di base, l’input di partenza dei miei progetti si rivela quasi sempre istintivo. Quando raggiunge la consapevolezza necessaria, cerco (come nel caso di Un ricordo da me) di far emergere tracce che si allaccino e aderiscano in qualche modo a tematiche attuali e/o universali; quindi, individuo possibili modelli di realizzazione.
C’è un aspetto del suo lavoro che preferisce?
Avendo a che fare con il proprio io, questo lavoro porta automaticamente ad una continua autoanalisi, e per questo lo ritengo un privilegio. Tuttavia, c’è da considerare che, se mal gestito, molto spesso può rivelarsi un’arma a doppio taglio: da un saldo punto di forza può trasformarsi nel tuo peggior nemico.
Progetti per il futuro?
Sicuramente continuerò a portare avanti il mio lavoro di ricerca personale, e insieme a questo, il piano di riorganizzazione, catalogazione e salvaguardia degli archivi lasciati a me come preziosa eredità non solo affettiva, ma di importanza storica e di documentazione sociale.
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Ersilia Tarullo: la fotografia, un affare di famiglia
Tempo stimato per la lettura: 13 minuti
La sua ricerca propone temi a carattere intimista, utilizzando la fotografia come mezzo espressivo di indagine individuale. Fotografa e artista visiva, Ersilia Tarullo è la vincitrice – con il progetto Un ricordo da me – della sezione “fotografia” della Biennale MArteLive, di cui ViviCreativo è media partner.
In questa serie l’artista si e ci interroga sul rito domestico dell’album fotografico di famiglia, che immortala eventi e personaggi della vita familiare che “meritano” di essere custoditi e tramandati. Tre generazioni a confronto, i diversi processi di trattamento delle immagini, e i personali modi di interpretare, utilizzare e vivere il mezzo della fotografia.
Ersilia Tarullo è nata in una famiglia di fotografi. Il suo lavoro di raccolta e analisi delle immagini negli archivi fotografici familiari, attraverso il decoupage, la riproduzione, l’intervento del digitale, esplora le questioni legate alla memoria e propone una riflessione sulla morte e su chi vive e tramette il ricordo.
Durante gli anni della formazione, sviluppa la sua arte. Nel 2020, conclude il ciclo di studi triennale presso l’ISFCI, Istituto Superiore di Fotografia e Comunicazione Integrata di Roma e nel 2022 frequenta il master di specializzazione in Fotogiornalismo. Le diverse esperienze e la sua formazione le danno l’amore per la ricerca e la sperimentazione continua. Attualmente, Ersilia Tarullo vive a Roma e lavora come freelance.
Com’è nato il progetto con cui ha vinto MArteLive?
Un ricordo da me nasce essenzialmente da una necessità soggettiva. Nel suo stato embrionale, infatti, aveva l’aspetto di un racconto a stampo favolistico anche se verosimile, e narrava metaforicamente il mio personale viaggio “odisseico” volto a riconoscermi e confrontarmi con le mie eredità fotografiche. Ciò che rimane delle prime versioni è il percorso introspettivo, mentre successivamente si è arricchito di una componente storica comune, assumendo di conseguenza una forma più austera.
In questa serie Un ricordo da me interviene digitalmente sulle fotografie. Qual è il valore simbolico di quest’azione?
La scelta dell’intervento digitale è una delle chiavi fondamentali da considerare nel processo di creazione e costruzione delle opere: da una parte rappresenta il punto di rottura generazionale, dall’altra rimarca il cambio pelle, volente o nolente, degli archivi fotografici fisici che oggi visualizziamo quasi esclusivamente su supporti e schermi digitali.
Cosa vuole trasmettere attraverso le sue foto?
Non ho obiettivi specifici o messaggi indirizzati. Credo che si risolva tutto nell’atto di libera interpretazione da parte dell’interlocutore: mi auguro sempre che la mia esigenza individuale e privata si evolva tramite chi fruisce, quindi si alimenti dell’esperienza di qualcun’altro.
Quali son le sue fonti di ispirazione?
Le mie fonti di ispirazioni sono state molteplici e soprattutto diverse nell’arco del tempo: la prima cotta è senza ombra di dubbio per i grandi maestri della fotografia, da Man Ray a Luigi Ghirri, da Nan Goldin a Martin Parr… In questo caso credo che poi la crescita stia nel superare l’emulazione di alcuni modelli, “disinnamorandosi” di loro per quanto possibile, per poi plasmare una propria dimensione ibrida e nuova al tempo stesso.
Come nutre la sua creatività?
Come tutte le persone che hanno bisogno di stimolare la propria inventiva, rinnovandola al tempo stesso, sono attratta non solo dalla fotografia, ma dalle arti visive e figurative in generale: il gioco è interessante quando si intersecano i piani, dunque riuscire ad “estorcere” nozioni, temi, visioni e concetti dagli ambiti più disparati che possono ricollegarsi ai miei interessi.
Quali sono le fasi del suo processo creativo?
Di base, l’input di partenza dei miei progetti si rivela quasi sempre istintivo. Quando raggiunge la consapevolezza necessaria, cerco (come nel caso di Un ricordo da me) di far emergere tracce che si allaccino e aderiscano in qualche modo a tematiche attuali e/o universali; quindi, individuo possibili modelli di realizzazione.
C’è un aspetto del suo lavoro che preferisce?
Avendo a che fare con il proprio io, questo lavoro porta automaticamente ad una continua autoanalisi, e per questo lo ritengo un privilegio. Tuttavia, c’è da considerare che, se mal gestito, molto spesso può rivelarsi un’arma a doppio taglio: da un saldo punto di forza può trasformarsi nel tuo peggior nemico.
Progetti per il futuro?
Sicuramente continuerò a portare avanti il mio lavoro di ricerca personale, e insieme a questo, il piano di riorganizzazione, catalogazione e salvaguardia degli archivi lasciati a me come preziosa eredità non solo affettiva, ma di importanza storica e di documentazione sociale.
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