Eva Monaco, illustratrice: “Mi è sempre piaciuto sporcarmi le mani”
Tempo stimato per la lettura: 6,4 minuti
“Non sono mai stata in grado di guardare molto avanti nel futuro, non faccio progetti per un domani, non so cosa farò, ma so di voler vivere con l’arte”
Prosegue il nostro viaggio per conoscere gli artisti emergenti che parteciperanno alla prossima edizione della Biennale MarteLive.
Eva Monaco è una illustratrice nata a Milano. Sin dalla tenera età coltiva la passione per l’arte, grazie allo stimolo della madre. Si approccia al disegno utilizzando i colori, ai quali inizialmente si lega. All’età di cinque anni si sposta con la famiglia a Latina, ove frequenta il Liceo Artistico per seguire un anno il corso di Architettura e iscriversi poi a quello di Pittura e Scultura, qui si appassiona all’acquerello e coltiva un amore per l’argilla. Durante gli anni della maturità, per venire incontro alla propria emotività e per assecondare i propri bisogni espressivi, abbandona i colori a favore del nero. Nel 2017 si trasferisce a Roma e si iscrive all’Accademia di Belle Arti per seguire il corso triennale di Grafica d’Arte dove si avvicina alle tecniche di incisione tradizionali, in particolar modo a quella calcografica trovando la sua dimensione nella puntasecca e nell’acquaforte.
Il suo progetto “UMOR NERO” del 2018 consiste in una serie di incisioni calcografiche realizzare tramite le tecniche dirette e indirette quali puntasecca, acquaforte e acquatinta. L’obiettivo era quello di liberarsi da uno stato coercitivo nel quale l’artista si sentiva costretta. Per arrivare all’osservatore fa leva sulla simbologia, filo che lega tutte le opere della serie. La mescolanza di figurazione e astrazione si basa sulla rappresentazione del tormento umano. Nelle opere presentate, volti straziati e corpi deformi dominano la scena su sfondi scanditi da linee e da segni ritmici, a creare contrasti di luce e ombra suggestivi e emotivamente coinvolgenti.
Raccontaci un po’ di te: quando hai cominciato a lavorare nel campo artistico, perché hai iniziato?
Ho sempre trovato grande gioia nello sporcarmi le mani. Da piccola ricordo che amavo riempirmi magliette e capelli di colore e immergere nell’acrilico qualunque cosa potessi afferrare. Mia madre è stata di grande ispirazione, anche lei disegna ed ama l’arte. Durante gli anni di scuola ho disegnato e dipinto, ma non ho mai preso realmente in considerazione l’idea di poterlo fare diventare un mestiere, volevo fare l’architetto e viaggiare ascoltando i Doors. È stato solo una volta aver finito il liceo, che tra l’altro, nonostante dovesse essere un liceo artistico, credo non sia riuscito a fare altro che farmi odiare Van Gogh e il dover leggere, che ho iniziato a mettere in pratica le mie idee provando a farci qualcosa. Mi sono presa due anni di tempo per capire cosa volessi fare prima di intraprendere il mio percorso all’Accademia di Belle Arti, e durante questi, oltre a dare sostanza ad uno dei mie sogni facendo un giro di otto mesi per l’Europa, ho potuto capire quanto realmente avevo bisogno di usare le mani e la testa per darmi un’identità e per esprimermi.
La creatività per te…
Avere creatività significa avere la capacità di creare o inventare un qualcosa attraverso un processo di raccolta, osservazione e critica. È la facoltà di produrre idee non convenzionali, non legate alla realtà e quindi a regole esistenti, ma seguendo l’istinto e l’immaginazione. È il superamento di ciò che già è, che è già esiste. È anche capacità di trasformare elementi già noti e di saperli collegare con ingegno e fantasia per creare qualcosa di nuovo. La creatività è intelligenza, è negazione.
Trovo estremamente difficoltoso dovermi sedere a tavolino e stare lì, a pensare e a definire quello che ho in testa, dovendo dare struttura a qualcosa; il dover essere produttiva. Trovare una soluzione alle incertezze che quotidianamente mi si presentano, dentro e fuori il mio operato artistico, è un’operazione che mi mette agitazione e timore. “E se non dovesse essere originale?” Potrei non essere creativa…
Credo sia una costituente di assoluta importanza per il singolo e per il sociale. Se tutti la sfruttassimo si potrebbe creare un qualcosa di davvero unico per tutti noi, un qualcosa di funzionale. Molti problemi potrebbero essere risolti.
Come è stata l’esperienza con MArteLive?
MArteLive mi ha dato per la prima volta la possibilità di mettere in dubbio quel che faccio e di metterlo a giudizio di persone nuove e sconosciute. Credo che spesso sia facile avere appoggio e lusinghe da parte di persone a noi vicine, parenti e amici che siano, averli da parte di estrani invece è qualcosa che può dare un maggiore appagamento. Di certo non dico di aver provato gioia vedendo persone che apprezzavano i miei lavori durante l’evento. Ho provato a sedermi, facendo la vaga, difronte al pannello dove li avevo appesi, ma sono scappata pochi minuti dopo capendo quanto fossi realmente spaventata all’idea di dovermi mettere sotto gli occhi di tutta quella gente, sentirmi valutata e giudicata. Soprattutto perchè quello che raffiguro nelle mie incisioni è ciò che c’è alla fine di “quella me” che ogni giorno mostro al mondo. Nascondendola nella vita mi sono intimorita nel doverla svelare quella sera.
Sei tra i primi finalisti della prossima Biennale, quali sono le tue aspettative?
Come in ogni situazione cerco di non crearmi aspettative. Sicuramente sono felice di potermi nuovamente sottoporre agli sguardi giudicanti dei presenti. Non posso neanche dire di essere speranzosa di ricevere apprezzamenti e opinioni positive. So che in questo ambito il parere delle persone che ti guardano è di primaria importanza, ma per ora sono più concentrata sul cercare di tradurre al meglio quello che non sono mai riuscita a comunicare. Sto lavorando molto sulla mia ricerca artistica ed infatti rispetto alle opere presentate a MArtelive, realizzate un anno fa, ora sto cercando un qualcosa di totalmente differente. Non dico di stare rinnegando quel che ho fatto, ovviamente, ma semplicemente di guardarle, e sorridere… con un pizzico di tedio.
Cosa farai domani – progetti per il futuro…
Non sono mai stata in grado di guardare molto avanti nel futuro, non faccio progetti per un domani, non so cosa farò, ma so di voler vivere con l’arte. So anche di voler studiare, imparare, sperimentare, creare e distruggere, e ovviamente, voglio costruirmi. Voglio raccogliere tutto ciò che mi serve per poter concretizzare sogni e per realizzare la me che ad oggi voglio essere. Voglio vedermi sbattere in faccia molte porte, per avere la spinta di fare il meglio che posso. Voglio poi anche aprirmi portoni e raggiungere gli obiettivi che mano a mano mi prefiggerò. Mi piacerebbe anche non sentirmi sempre fuori luogo e invece trovare il mio di luogo. Voglio poter non girare più intorno ad un’incognita, ma darle un valore ed una definizione. Voglio potermi continuare a guardare indietro e non sentirmi insoddisfatta e voglio poter guardare avanti non vedendo il nero che credo caratterizzi la società in cui stiamo vivendo. Voglio poter avere fiducia nel mondo e nelle persone.
So che sono tanti “voglio”, ma sono convinta che non si tende con decisione e fermezza a fare o conseguire qualcosa, questo qualcosa resterà sempre un “vorrei ma…”.
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Eva Monaco, illustratrice: “Mi è sempre piaciuto sporcarmi le mani”
Tempo stimato per la lettura: 19 minuti
“Non sono mai stata in grado di guardare molto avanti nel futuro, non faccio progetti per un domani, non so cosa farò, ma so di voler vivere con l’arte”
Prosegue il nostro viaggio per conoscere gli artisti emergenti che parteciperanno alla prossima edizione della Biennale MarteLive.
Eva Monaco è una illustratrice nata a Milano. Sin dalla tenera età coltiva la passione per l’arte, grazie allo stimolo della madre. Si approccia al disegno utilizzando i colori, ai quali inizialmente si lega. All’età di cinque anni si sposta con la famiglia a Latina, ove frequenta il Liceo Artistico per seguire un anno il corso di Architettura e iscriversi poi a quello di Pittura e Scultura, qui si appassiona all’acquerello e coltiva un amore per l’argilla. Durante gli anni della maturità, per venire incontro alla propria emotività e per assecondare i propri bisogni espressivi, abbandona i colori a favore del nero. Nel 2017 si trasferisce a Roma e si iscrive all’Accademia di Belle Arti per seguire il corso triennale di Grafica d’Arte dove si avvicina alle tecniche di incisione tradizionali, in particolar modo a quella calcografica trovando la sua dimensione nella puntasecca e nell’acquaforte.
Il suo progetto “UMOR NERO” del 2018 consiste in una serie di incisioni calcografiche realizzare tramite le tecniche dirette e indirette quali puntasecca, acquaforte e acquatinta. L’obiettivo era quello di liberarsi da uno stato coercitivo nel quale l’artista si sentiva costretta. Per arrivare all’osservatore fa leva sulla simbologia, filo che lega tutte le opere della serie. La mescolanza di figurazione e astrazione si basa sulla rappresentazione del tormento umano. Nelle opere presentate, volti straziati e corpi deformi dominano la scena su sfondi scanditi da linee e da segni ritmici, a creare contrasti di luce e ombra suggestivi e emotivamente coinvolgenti.
Raccontaci un po’ di te: quando hai cominciato a lavorare nel campo artistico, perché hai iniziato?
Ho sempre trovato grande gioia nello sporcarmi le mani. Da piccola ricordo che amavo riempirmi magliette e capelli di colore e immergere nell’acrilico qualunque cosa potessi afferrare. Mia madre è stata di grande ispirazione, anche lei disegna ed ama l’arte. Durante gli anni di scuola ho disegnato e dipinto, ma non ho mai preso realmente in considerazione l’idea di poterlo fare diventare un mestiere, volevo fare l’architetto e viaggiare ascoltando i Doors. È stato solo una volta aver finito il liceo, che tra l’altro, nonostante dovesse essere un liceo artistico, credo non sia riuscito a fare altro che farmi odiare Van Gogh e il dover leggere, che ho iniziato a mettere in pratica le mie idee provando a farci qualcosa. Mi sono presa due anni di tempo per capire cosa volessi fare prima di intraprendere il mio percorso all’Accademia di Belle Arti, e durante questi, oltre a dare sostanza ad uno dei mie sogni facendo un giro di otto mesi per l’Europa, ho potuto capire quanto realmente avevo bisogno di usare le mani e la testa per darmi un’identità e per esprimermi.
La creatività per te…
Avere creatività significa avere la capacità di creare o inventare un qualcosa attraverso un processo di raccolta, osservazione e critica. È la facoltà di produrre idee non convenzionali, non legate alla realtà e quindi a regole esistenti, ma seguendo l’istinto e l’immaginazione. È il superamento di ciò che già è, che è già esiste. È anche capacità di trasformare elementi già noti e di saperli collegare con ingegno e fantasia per creare qualcosa di nuovo. La creatività è intelligenza, è negazione.
Trovo estremamente difficoltoso dovermi sedere a tavolino e stare lì, a pensare e a definire quello che ho in testa, dovendo dare struttura a qualcosa; il dover essere produttiva. Trovare una soluzione alle incertezze che quotidianamente mi si presentano, dentro e fuori il mio operato artistico, è un’operazione che mi mette agitazione e timore. “E se non dovesse essere originale?” Potrei non essere creativa…
Credo sia una costituente di assoluta importanza per il singolo e per il sociale. Se tutti la sfruttassimo si potrebbe creare un qualcosa di davvero unico per tutti noi, un qualcosa di funzionale. Molti problemi potrebbero essere risolti.
Come è stata l’esperienza con MArteLive?
MArteLive mi ha dato per la prima volta la possibilità di mettere in dubbio quel che faccio e di metterlo a giudizio di persone nuove e sconosciute. Credo che spesso sia facile avere appoggio e lusinghe da parte di persone a noi vicine, parenti e amici che siano, averli da parte di estrani invece è qualcosa che può dare un maggiore appagamento. Di certo non dico di aver provato gioia vedendo persone che apprezzavano i miei lavori durante l’evento. Ho provato a sedermi, facendo la vaga, difronte al pannello dove li avevo appesi, ma sono scappata pochi minuti dopo capendo quanto fossi realmente spaventata all’idea di dovermi mettere sotto gli occhi di tutta quella gente, sentirmi valutata e giudicata. Soprattutto perchè quello che raffiguro nelle mie incisioni è ciò che c’è alla fine di “quella me” che ogni giorno mostro al mondo. Nascondendola nella vita mi sono intimorita nel doverla svelare quella sera.
Sei tra i primi finalisti della prossima Biennale, quali sono le tue aspettative?
Come in ogni situazione cerco di non crearmi aspettative. Sicuramente sono felice di potermi nuovamente sottoporre agli sguardi giudicanti dei presenti. Non posso neanche dire di essere speranzosa di ricevere apprezzamenti e opinioni positive. So che in questo ambito il parere delle persone che ti guardano è di primaria importanza, ma per ora sono più concentrata sul cercare di tradurre al meglio quello che non sono mai riuscita a comunicare. Sto lavorando molto sulla mia ricerca artistica ed infatti rispetto alle opere presentate a MArtelive, realizzate un anno fa, ora sto cercando un qualcosa di totalmente differente. Non dico di stare rinnegando quel che ho fatto, ovviamente, ma semplicemente di guardarle, e sorridere… con un pizzico di tedio.
Cosa farai domani – progetti per il futuro…
Non sono mai stata in grado di guardare molto avanti nel futuro, non faccio progetti per un domani, non so cosa farò, ma so di voler vivere con l’arte. So anche di voler studiare, imparare, sperimentare, creare e distruggere, e ovviamente, voglio costruirmi. Voglio raccogliere tutto ciò che mi serve per poter concretizzare sogni e per realizzare la me che ad oggi voglio essere. Voglio vedermi sbattere in faccia molte porte, per avere la spinta di fare il meglio che posso. Voglio poi anche aprirmi portoni e raggiungere gli obiettivi che mano a mano mi prefiggerò. Mi piacerebbe anche non sentirmi sempre fuori luogo e invece trovare il mio di luogo. Voglio poter non girare più intorno ad un’incognita, ma darle un valore ed una definizione. Voglio potermi continuare a guardare indietro e non sentirmi insoddisfatta e voglio poter guardare avanti non vedendo il nero che credo caratterizzi la società in cui stiamo vivendo. Voglio poter avere fiducia nel mondo e nelle persone.
So che sono tanti “voglio”, ma sono convinta che non si tende con decisione e fermezza a fare o conseguire qualcosa, questo qualcosa resterà sempre un “vorrei ma…”.
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