Guggenheim New York
Tempo stimato per la lettura: 3,1 minuti
Con il Salomon di New York siamo giunti alla fine del nostro viaggio virtuale attraverso i musei Guggenheim, in attesa dell’apertura nel 2017 della nuova stupefacente galleria ad Abu Dhabi.
L’edificio della Grande Mela ha avuto varie vicissitudini prima di essere inaugurato nel 1943: lo stesso progetto, firmato dall’architetto Frank Lloyd Wright, fu oggetto di molte accese polemiche anche da parte di alcuni artisti che scrissero persino una lettera per tentare di fermare la costruzione, tra questi, Jack Tworkov, Calvin Albert, Robert Motherwell e Paul Bodin.
Le critiche vennero anche dal Dipartimento di New York, che accusò Wright di non rispettare i parametri di sicurezza, soprattutto per gli ascensori in vetro; fu il New York Times a prendere le difese dell’architetto, lamentandosi pubblicamente dell’ostinazione, da parte della città, nel dare a Wright la possibilità di mostrare il suo talento. Nonostante fosse stato dichiarato “un pugno nell’occhio” nel contesto newyorkese, fu utilizzato come sfondo di molti celebri film, tra cui Manhattan di Woody Allen.
L’architetto volle creare un edificio totalmente perfetto e ne disegnò, infatti, 700 bozzetti: tra le tante proposte, voleva realizzare l’esterno del museo in rosso (secondo lui il colore della creazione) e costruire all’ingresso un sistema a vuoto per evitare che entrasse la polvere della strada (quest’idea fu immediatamente bocciata, dal momento in cui la macchina avrebbe fatto troppo rumore).
La prima immagine che ci viene in mente quando pensiamo al museo è la sua particolare forma, per la quale l’architetto s’ispirò a una ziqqurat (un’antica costruzione templare) capovolta, ricordando una spirale che procede verso l’alto per simboleggiare l’ottimismo e le infinite possibilità dell’uomo; in secondo luogo, la rampa a spirale, che dal basso porta alla cupola (circa 432 metri), che ricorda molto quella del Museo Nazionale del Cinema a Torino.
Wright, immaginando quanto potesse essere faticosa la visita al museo, ideò delle sedie a motore che permettessero a tutti di visitare la galleria senza problemi.
Leggendaria era la precisione dell’architetto che, volendo onorare la sua prima committenza a Manhattan, si occupò personalmente di disegnare ogni singolo oggetto dalla cupola di vetro alle sedie.
La collezione permanente del Guggenheim, quella che un tempo apparteneva a Salomon Guggenheim, ospita capolavori di Kandinskij, Chagall, Klee, Mirò, Calder: negli anni si è ingrandita e al giorno d’oggi contiene moltissime opere giunte tramite importanti lasciti: la donazione più prestigiosa e ricca è stata quella di Justin K. Thannhausen, che nel 1976 donò opere di Manet, Picasso, Toulouse-Lautrec, Degas, Van Gogh e Gauguin; queste, e molte altre, sono esposte nelle due sale principali del museo, quella dedicata ai Cubisti, agli Impressionisti, Postimpressionisti e ai primi artisti moderni.
A parere di molti, il museo merita di esser visitato principalmente per l’edificio in sé, ma anche per le particolari mostre temporanee al suo interno; pare, infatti, che si volesse abbracciare un numero di pubblico maggiore, rendendo l’arte accessibile a tutti: per questo sono state realizzate mostre sulla motocicletta o su Giorgio Armani.
Che riesca davvero l’arte ad appassionare più persone scendendo a compromessi? Speriamo solo che non bisogni davvero arrivare alla realizzazione di sedie a motore per essere più “comodi”, pur di apprezzare l’arte.
Sofia Elena Zollo
condividi su
Guggenheim New York
Tempo stimato per la lettura: 9 minuti
Con il Salomon di New York siamo giunti alla fine del nostro viaggio virtuale attraverso i musei Guggenheim, in attesa dell’apertura nel 2017 della nuova stupefacente galleria ad Abu Dhabi.
L’edificio della Grande Mela ha avuto varie vicissitudini prima di essere inaugurato nel 1943: lo stesso progetto, firmato dall’architetto Frank Lloyd Wright, fu oggetto di molte accese polemiche anche da parte di alcuni artisti che scrissero persino una lettera per tentare di fermare la costruzione, tra questi, Jack Tworkov, Calvin Albert, Robert Motherwell e Paul Bodin.
Le critiche vennero anche dal Dipartimento di New York, che accusò Wright di non rispettare i parametri di sicurezza, soprattutto per gli ascensori in vetro; fu il New York Times a prendere le difese dell’architetto, lamentandosi pubblicamente dell’ostinazione, da parte della città, nel dare a Wright la possibilità di mostrare il suo talento. Nonostante fosse stato dichiarato “un pugno nell’occhio” nel contesto newyorkese, fu utilizzato come sfondo di molti celebri film, tra cui Manhattan di Woody Allen.
L’architetto volle creare un edificio totalmente perfetto e ne disegnò, infatti, 700 bozzetti: tra le tante proposte, voleva realizzare l’esterno del museo in rosso (secondo lui il colore della creazione) e costruire all’ingresso un sistema a vuoto per evitare che entrasse la polvere della strada (quest’idea fu immediatamente bocciata, dal momento in cui la macchina avrebbe fatto troppo rumore).
La prima immagine che ci viene in mente quando pensiamo al museo è la sua particolare forma, per la quale l’architetto s’ispirò a una ziqqurat (un’antica costruzione templare) capovolta, ricordando una spirale che procede verso l’alto per simboleggiare l’ottimismo e le infinite possibilità dell’uomo; in secondo luogo, la rampa a spirale, che dal basso porta alla cupola (circa 432 metri), che ricorda molto quella del Museo Nazionale del Cinema a Torino.
Wright, immaginando quanto potesse essere faticosa la visita al museo, ideò delle sedie a motore che permettessero a tutti di visitare la galleria senza problemi.
Leggendaria era la precisione dell’architetto che, volendo onorare la sua prima committenza a Manhattan, si occupò personalmente di disegnare ogni singolo oggetto dalla cupola di vetro alle sedie.
La collezione permanente del Guggenheim, quella che un tempo apparteneva a Salomon Guggenheim, ospita capolavori di Kandinskij, Chagall, Klee, Mirò, Calder: negli anni si è ingrandita e al giorno d’oggi contiene moltissime opere giunte tramite importanti lasciti: la donazione più prestigiosa e ricca è stata quella di Justin K. Thannhausen, che nel 1976 donò opere di Manet, Picasso, Toulouse-Lautrec, Degas, Van Gogh e Gauguin; queste, e molte altre, sono esposte nelle due sale principali del museo, quella dedicata ai Cubisti, agli Impressionisti, Postimpressionisti e ai primi artisti moderni.
A parere di molti, il museo merita di esser visitato principalmente per l’edificio in sé, ma anche per le particolari mostre temporanee al suo interno; pare, infatti, che si volesse abbracciare un numero di pubblico maggiore, rendendo l’arte accessibile a tutti: per questo sono state realizzate mostre sulla motocicletta o su Giorgio Armani.
Che riesca davvero l’arte ad appassionare più persone scendendo a compromessi? Speriamo solo che non bisogni davvero arrivare alla realizzazione di sedie a motore per essere più “comodi”, pur di apprezzare l’arte.
Sofia Elena Zollo
seguici su