Intervista a sogaja ceramiche di Gaia Di Cave Petrichella, finalista al Concorso Biennale MarteLive nella sezione Artigiananto
Tempo stimato per la lettura: 6,2 minuti
Vibrante, stimolante, colorato è l’universo artistico di sogaja ceramiche di Gaia Di Cave Petrichella che, con le sue sculture in ceramica simili a dei totem, rende omaggio ad alcune tribù native nordamericane. Il suo nome è tra i finalisti per la Biennale MArteLive 2024 nella sezione Artigianato.
La ceramica, un’arte ancestrale, è sempre più popolare nel mondo dell’arte: nelle fiere come nelle gallerie. Dopo una carriera sulle piste di sci come istruttrice, cinque anni fa, Gaia Di Cave Petrichella ha deciso di cambiare vita e fare della sua passione la sua professione.
Tra innovazione e tradizione, il suo lavoro si gioca su una rilettura in chiave contemporanea della simbologia classica, attraverso la creazione di oggetti caratterizzati da colori vivaci al servizio di ceramiche irriverenti, provocatorie e “rumorose”.
Incontro quest’amante del colore per parlare di ceramica, del suo universo e delle sue creazioni.
Com’è nato il progetto con cui ha vinto MArtelive?
L’idea nasce da un progetto di ricerca portato avanti durante il mio percorso di formazione. Il progetto si ispira ai Totem di alcune tribù native nordamericane, che intagliano e decorano tronchi d’albero in modo da raffigurare una serie di Totem sovrapposti, così da formare dei pali di Totem. Il concept del “Vaso Totem” è quindi la rivisitazione di oggetti di uso quotidiano, in chiave artistica, secondo modalità di ibridazione tra forme geometriche, tecniche convenzionali e volumetrie modulari.
Cos’è la ceramica per lei? Qual è stato il suo percorso di ceramista?
La ceramica rappresenta per me un atto pratico, cioè la manualità, sperimentare la materia e il corpo. Il mio percorso da ceramista è iniziato con il risveglio di questa mia vecchia passione che ha poi coinciso con il progetto di una formazione più professionale. Ho superato la selezione per l’ammissione alla Scuola di Arti e Mestieri Nicola Zabaglia di Roma perfezionando tecniche di modellazione quali colombino, lastra, colaggio e decorazione. Un’esplorazione a tutto campo delle diverse pratiche dell’arte ceramica che mi ha fatto scoprire la mia vocazione più versatile nella rivisitazione dei diversi stili. Ho iniziato così a produrre le mie prime collezioni: Geometrie Fluide, Cervelli in serie, Geometrie sovrapposte.
Ci sono stati degli incontri determinanti nel suo percorso artistico?
Il mio percorso artistico è stato determinato da un incontro fortuito sulle piste da sci con la mia insegnante di arte delle elementari (Francesca Romana Liberati n.d.r.). È proprio grazie a lei che mi sono riavvicinata al mondo della ceramica. Aver trovato un laboratorio mi ha dato la possibilità di spaziare nella ricerca creativa e di entrare in contatto con questo mondo. In questi primi anni di lavori ho scoperto un’originale sintonia con la matrice più artistica della ceramica che mi ha portato a collaborare con diverse realtà. Queste collaborazioni con artisti e performer hanno orientato la mia ricerca verso forme ancora poco esplorate di ibridazione e contaminazione tra arte e artigianato.
Come definirebbe il suo universo creativo?
Lo definirei colorato, spontaneo, giocoso. Il mio universo creativo si gioca su una rilettura in chiave contemporanea della simbologia classica, attraverso la creazione di oggetti caratterizzati da colori vivaci al servizio di ceramiche irriverenti, provocatorie e rumorose.
Cosa lavora più precisamente nella ceramica?
Nel mio laboratorio sono io che mi occupo di tutto: dal processo di creazione, produzione, finitura al processo di ricerca e acquisto di materiali. È un lavoro di continue ricerche, prove e sfide. Per quanto riguarda la materia utilizzo principalmente argille rosse e bianche a bassa temperatura ma utilizzo ed esploro anche argille più particolari come la porcellana, il gres e raku. Per i colori utilizzo principalmente engobbi a bassa temperatura ma gioco anche con smalti da colori ancora più brillanti. In generale, mi piace usare diverse tecniche e mischiarle tra loro per la realizzazione dei miei oggetti perché mi permettono di essere più libera nella costruzione delle forme.
Quanto tempo impiega per realizzare un pezzo?
Questa è una domanda che mi viene posta spesso e non così facile da rispondere. Sicuramente tanto, con la ceramica ci vuole pazienza anche perché l’imprevisto è fedele compagno di viaggio. Il tempo che impiego per fare un’oggetto è variabile poiché dipende da diversi fattori come ad esempio la dimensione, la decorazione, il processo di essiccatura, la cottura e la smaltatura. Un vaso grande avrà delle tempistiche di realizzazione e asciugatura più lunghe rispetto ad uno più piccolo. Tendenzialmente si parla comunque di settimane di lavoro e tempi di attesa altrettanto lunghi.
Quali qualità sono necessarie per esercitare la sua professione?
Per lavorare la ceramica c’è sicuramente bisogno di pazienza, perseveranza, manualità, costanza e curiosità per i dettagli. Personalmente ciò che mi ha aiutato nel mio processo creativo è stata una continua e attenta rilettura del mio percorso di vita. Sono i viaggi in giro per il mondo che ho fatto che sicuramente hanno contribuito ad essere fonte di ispirazione per la mia arte.
Cosa le piace della ceramica?
La versatilità e plasticità della materia. Il processo creativo, il tempo, l’attesa, l’incertezza. Il rapporto che c’è tra materia e corpo, e il beneficio terapeutico che ne viene. Pensare, provare, sbagliare ma anche riuscire. Sporcarmi le mani come quando ero bambina. Queste sono le cose che mi piacciono e mi emozionano di più quando lavoro la ceramica.
La ceramica sta affascinando di nuovo gli artisti che ne adorano le infinite possibilità. Pensa che ci siano delle tendenze?
La ceramica è una tecnica antichissima che si usa da sempre per creare oggetti che fanno parte del nostro vivere quotidiano quindi al di là delle tendenze credo che la ceramica ci sia sempre un po’ stata. Sicuramente negli ultimi anni sono cresciute tante nuove realtà intorno a questo settore. La mia generazione è cresciuta con l’idea del made in Italy, dell’eccellenza dell’artigianato italiano. Sento che c’è voglia di riscoprire sempre di più questa manualità. Le botteghe degli artigiani che in un certo senso stanno scomparendo stanno tornando in una versione 2.0 come studi creativi. C’è fermento e mi piace.
Sta cercando di modernizzare la ceramica con il suo lavoro?
Modernizzare vuol dire adattare alle esigenze dell’uso o del gusto moderno, rinnovare secondo le proprie idee. Quindi in un certo senso sì, il mio lavoro si incentra in una rilettura in chiave contemporanea della simbologia classica, seppur continuando ad usare tecniche di lavorazione antiche.
Quali sono le sue ambizioni per il futuro?
Mi piacerebbe riuscire ad aprire un laboratorio, uno spazio fisico dove poter organizzare workshop, incontri creativi e continuare la mia ricerca. Creare non solo uno spazio di lavoro ma un luogo di ritrovo dove poter venire a esprimere la propria arte e vena creativa.
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Intervista a sogaja ceramiche di Gaia Di Cave Petrichella, finalista al Concorso Biennale MarteLive nella sezione Artigiananto
Tempo stimato per la lettura: 18 minuti
Vibrante, stimolante, colorato è l’universo artistico di sogaja ceramiche di Gaia Di Cave Petrichella che, con le sue sculture in ceramica simili a dei totem, rende omaggio ad alcune tribù native nordamericane. Il suo nome è tra i finalisti per la Biennale MArteLive 2024 nella sezione Artigianato.
La ceramica, un’arte ancestrale, è sempre più popolare nel mondo dell’arte: nelle fiere come nelle gallerie. Dopo una carriera sulle piste di sci come istruttrice, cinque anni fa, Gaia Di Cave Petrichella ha deciso di cambiare vita e fare della sua passione la sua professione.
Tra innovazione e tradizione, il suo lavoro si gioca su una rilettura in chiave contemporanea della simbologia classica, attraverso la creazione di oggetti caratterizzati da colori vivaci al servizio di ceramiche irriverenti, provocatorie e “rumorose”.
Incontro quest’amante del colore per parlare di ceramica, del suo universo e delle sue creazioni.
Com’è nato il progetto con cui ha vinto MArtelive?
L’idea nasce da un progetto di ricerca portato avanti durante il mio percorso di formazione. Il progetto si ispira ai Totem di alcune tribù native nordamericane, che intagliano e decorano tronchi d’albero in modo da raffigurare una serie di Totem sovrapposti, così da formare dei pali di Totem. Il concept del “Vaso Totem” è quindi la rivisitazione di oggetti di uso quotidiano, in chiave artistica, secondo modalità di ibridazione tra forme geometriche, tecniche convenzionali e volumetrie modulari.
Cos’è la ceramica per lei? Qual è stato il suo percorso di ceramista?
La ceramica rappresenta per me un atto pratico, cioè la manualità, sperimentare la materia e il corpo. Il mio percorso da ceramista è iniziato con il risveglio di questa mia vecchia passione che ha poi coinciso con il progetto di una formazione più professionale. Ho superato la selezione per l’ammissione alla Scuola di Arti e Mestieri Nicola Zabaglia di Roma perfezionando tecniche di modellazione quali colombino, lastra, colaggio e decorazione. Un’esplorazione a tutto campo delle diverse pratiche dell’arte ceramica che mi ha fatto scoprire la mia vocazione più versatile nella rivisitazione dei diversi stili. Ho iniziato così a produrre le mie prime collezioni: Geometrie Fluide, Cervelli in serie, Geometrie sovrapposte.
Ci sono stati degli incontri determinanti nel suo percorso artistico?
Il mio percorso artistico è stato determinato da un incontro fortuito sulle piste da sci con la mia insegnante di arte delle elementari (Francesca Romana Liberati n.d.r.). È proprio grazie a lei che mi sono riavvicinata al mondo della ceramica. Aver trovato un laboratorio mi ha dato la possibilità di spaziare nella ricerca creativa e di entrare in contatto con questo mondo. In questi primi anni di lavori ho scoperto un’originale sintonia con la matrice più artistica della ceramica che mi ha portato a collaborare con diverse realtà. Queste collaborazioni con artisti e performer hanno orientato la mia ricerca verso forme ancora poco esplorate di ibridazione e contaminazione tra arte e artigianato.
Come definirebbe il suo universo creativo?
Lo definirei colorato, spontaneo, giocoso. Il mio universo creativo si gioca su una rilettura in chiave contemporanea della simbologia classica, attraverso la creazione di oggetti caratterizzati da colori vivaci al servizio di ceramiche irriverenti, provocatorie e rumorose.
Cosa lavora più precisamente nella ceramica?
Nel mio laboratorio sono io che mi occupo di tutto: dal processo di creazione, produzione, finitura al processo di ricerca e acquisto di materiali. È un lavoro di continue ricerche, prove e sfide. Per quanto riguarda la materia utilizzo principalmente argille rosse e bianche a bassa temperatura ma utilizzo ed esploro anche argille più particolari come la porcellana, il gres e raku. Per i colori utilizzo principalmente engobbi a bassa temperatura ma gioco anche con smalti da colori ancora più brillanti. In generale, mi piace usare diverse tecniche e mischiarle tra loro per la realizzazione dei miei oggetti perché mi permettono di essere più libera nella costruzione delle forme.
Quanto tempo impiega per realizzare un pezzo?
Questa è una domanda che mi viene posta spesso e non così facile da rispondere. Sicuramente tanto, con la ceramica ci vuole pazienza anche perché l’imprevisto è fedele compagno di viaggio. Il tempo che impiego per fare un’oggetto è variabile poiché dipende da diversi fattori come ad esempio la dimensione, la decorazione, il processo di essiccatura, la cottura e la smaltatura. Un vaso grande avrà delle tempistiche di realizzazione e asciugatura più lunghe rispetto ad uno più piccolo. Tendenzialmente si parla comunque di settimane di lavoro e tempi di attesa altrettanto lunghi.
Quali qualità sono necessarie per esercitare la sua professione?
Per lavorare la ceramica c’è sicuramente bisogno di pazienza, perseveranza, manualità, costanza e curiosità per i dettagli. Personalmente ciò che mi ha aiutato nel mio processo creativo è stata una continua e attenta rilettura del mio percorso di vita. Sono i viaggi in giro per il mondo che ho fatto che sicuramente hanno contribuito ad essere fonte di ispirazione per la mia arte.
Cosa le piace della ceramica?
La versatilità e plasticità della materia. Il processo creativo, il tempo, l’attesa, l’incertezza. Il rapporto che c’è tra materia e corpo, e il beneficio terapeutico che ne viene. Pensare, provare, sbagliare ma anche riuscire. Sporcarmi le mani come quando ero bambina. Queste sono le cose che mi piacciono e mi emozionano di più quando lavoro la ceramica.
La ceramica sta affascinando di nuovo gli artisti che ne adorano le infinite possibilità. Pensa che ci siano delle tendenze?
La ceramica è una tecnica antichissima che si usa da sempre per creare oggetti che fanno parte del nostro vivere quotidiano quindi al di là delle tendenze credo che la ceramica ci sia sempre un po’ stata. Sicuramente negli ultimi anni sono cresciute tante nuove realtà intorno a questo settore. La mia generazione è cresciuta con l’idea del made in Italy, dell’eccellenza dell’artigianato italiano. Sento che c’è voglia di riscoprire sempre di più questa manualità. Le botteghe degli artigiani che in un certo senso stanno scomparendo stanno tornando in una versione 2.0 come studi creativi. C’è fermento e mi piace.
Sta cercando di modernizzare la ceramica con il suo lavoro?
Modernizzare vuol dire adattare alle esigenze dell’uso o del gusto moderno, rinnovare secondo le proprie idee. Quindi in un certo senso sì, il mio lavoro si incentra in una rilettura in chiave contemporanea della simbologia classica, seppur continuando ad usare tecniche di lavorazione antiche.
Quali sono le sue ambizioni per il futuro?
Mi piacerebbe riuscire ad aprire un laboratorio, uno spazio fisico dove poter organizzare workshop, incontri creativi e continuare la mia ricerca. Creare non solo uno spazio di lavoro ma un luogo di ritrovo dove poter venire a esprimere la propria arte e vena creativa.
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