Leonardo Angelucci: “Mi ispiro a Pessoa, Hitchcock e Dalì”

About the Author: Alessia

Published On: 26 Luglio 2020

Tempo stimato per la lettura: 5,9 minuti



Abbiamo intervistato Leonardo Angelucci, vincitore nella sezione Musica all’ultima Biennale MArtelive

Nasce a Roma nel 1991. Inizia a studiare musica a sette anni e viene quasi subito sedotto dalle sei corde di una chitarra acustica. Crescendo coltiva, con i suoi coetanei, i primi progetti: nel 2011 pubblica “Nightbus”, album originale della sua prima rock band “Black Butterfly”; nel 2014 pubblica “I’m free” con la prog-rock band “Lateral Blast”, seguito, nel maggio 2016, da “La luna nel pozzo”.
Inizia a lavorare sul suo progetto solista alla fine del 2016. Registra e produce presso il Freedom Recording Studio “Contemporaneamente”, il suo primo ep, che esce a maggio 2017 per la Alka Record Label di Ferrara e contiene cinque brani inediti.
Durante il 2017 suona in apertura a Coez, Giorgio Canali, Roberto Billi, Daniele Coccia Paifelman, Leo Pari e molti altri. In autunno parte in tour con Daniele Coccia Paifelman, cantautore folk e leader della storica folk band romana Il muro del canto, come chitarrista elettrico. Insieme alla band, portano in tour il primo disco di Coccia, “Il cielo di sotto”.
Leonardo Angelucci entra in studio alla fine del 2017 per registrare il suo primo album, sotto la direzione artistica di Manuele Fusaroli, noto produttore della scena indipendente nazionale (The Zen Circus, Tre Allegri Ragazzi Morti, Nada, Luca Carboni, Motta, Nobraino, Le luci della centrale elettrica, etc.) e Massaga Produzioni.
Il 19 ottobre è uscito “Questo frastuono immenso”, l’album di debutto. Il disco è stato anticipato, ad agosto, da “Sedile posteriore”, il primo singolo estratto.
Da ottobre è in tour promozionale in tutta Italia, pubblica quattro videoclip estratti dal disco e raggiunge ottimi risultati promozionali con il nuovo videoclip di “Un’altra canzone” in anteprima su Repubblica.it dopo la presentazione su Rai Radio 1.
Produttore, tecnico del suono, organizzatore di eventi e speaker radiofonico. Insegnante di chitarra e songwriting in varie scuole di musica in provincia di Roma. Fondatore presidente dell’Ass. Cult. FREE CLUB, fondata nel 2010, general manager e ideatore dell’evento Castello di C’Arte dal 2012, produttore e art director del laboratorio di suoni Free Club Factory. Ha studiato Scienze della Terra e è diplomato al CET di Mogol nel corso Autori.

Ci racconti l’esperienza con MArteLive? Perché hai deciso di partecipare e cosa significa per te aver vinto la finale?
È stata sicuramente una delle più belle soddisfazioni del 2019, riuscire a vincere un premio così importante che spero presto potremmo sfruttare al meglio. Mi sono iscritto come ho fatto già molte volte in passato con vari premi e concorsi, per promuovere il mio progetto musicale. Emergere con canzoni originali non è semplice nel saturo mondo della musica liquida, quindi ben vengano le occasioni come quelle che mette a disposizione MArteLive per tutti gli indipendenti, da anni. La vittoria è ovviamente una gradita sorpresa, seppur la mia filosofia è sempre stata quella dell’importanza del viaggio, piuttosto che della meta. Spero presto si riesca ad organizzare il tour insieme al Nuovo Imaie, per ripartire alla grande sul palco, che profuma sempre di casa.

Hai pubblicato da poco il tuo primo romanzo. Raccontaci da dove è venuta l’esigenza di raccontare questa storia?
Ho sempre voluto scrivere un libro, ma allo stesso tempo l’ho vista sempre come una cosa molto lunga e dispendiosa. Certamente lo è, adesso che porto sulle mie spalle nottate insonni passate tra la tastiera del pc e il posacenere. Però ce l’ho fatta e di questo più di ogni altra cosa sono orgoglioso. Mi piace pensare che Luna, la protagonista del mio romanzo, mi sia venuta a trovare in un momento difficile, di stasi ed immobilità, portandomi i suoi viaggi e le sue avventure. Prestandomi i suoi occhi per evadere e visitare posti a me cari, in lungo e in largo per lo spazio-tempo.

In tal senso, come cambia il tuo approccio alla scrittura dal cantautorato alla letteratura?
Sicuramente sono due cose in partenza distinte e tecnicamente diverse, ma che possono avere dei punti di intersezione. Nello scrivere in musica ci sono vincoli legati alla metrica e alle rime, ma allo stesso tempo si ha la possibilità di disegnare immagini, raccontare vicende ed emozioni aiutati dalla colonna sonora sulla quale si sta scrivendo. Scrivere in prosa invece da molta più libertà a livello di forma e contenuto anche se spesso, da cantautore, mi è capitato di incappare in assonanze, involontarie allitterazioni, come se volessi dare un ritmo, una musicalità al mio racconto. Dunque pur essendo un vero e proprio romanzo e non un libro sulla musica, mi piace pensare che fra le parole ci sia anche un po’ del ritmo delle mie canzoni.

Cosa ha significato per te il lockdown, come lo hai vissuto?
Ha significato sicuramente tempo. Tempo dilatato, rallentato. Una bella pigiata sul freno in un mondo sempre più iperattivo. E a parte tutti i risvolti tragici della vicenda legata al virus, credo che personalmente sia stato positivo. Ma azzarderei anche un non solo personalmente. Indubbiamente ho avuto tempo per dedicarmi a tante piccole cose messe da parte, progetti musicali paralleli, scrittura, pittura, lettura, film, serie TV. Diciamo che ho assorbito tanto, mi sono riposato ed ora sono pronto per tornare sul palco e in studio, che sono i luoghi che più mi sono mancati durante la quarantena. Anche il mare sì, anche quello.

Qual è il “consiglio” che ti dai più spesso? Hai un motto?
Sono uno testardo e determinato, quindi il lavoro che inconsciamente faccio più spesso sui diversi fronti artistici è immergermi in un nuovo progetto fino al raggiungimento dell’obiettivo. Come è successo un po’ anche con il romanzo. Dunque il mio motto è “solo chi ci crede fino in fondo veramente”. Ultimamente poi ho letto una frase di Truffaut in un’intervista ad Hitchcock che mi ha colpito veramente: più o meno il regista francese divideva gli artisti in semplificatori e complicatori sottolineando che questi ultimi sono indubbiamente grandi artisti ed intellettuali ma faceva notare che il successo appartiene quasi sempre più ai primi.

Quale artista, non del tuo campo, del passato o del presente, è stato per te fonte di ammirazione e ispirazione?
Non un musicista quindi, ok. Mi verrebbe da dire Leonardo Da Vinci per il suo essere stato poliedrico e geniale in tutto quello che ha fatto. Non solo per l’omonimia. Sono andato troppo sul classico? Ce ne sarebbero tanti, della letteratura, delle arti visive, del cinema. Per citare un trittico più recente direi Pessoa, Hitchcock e Dalì. Almeno sono rimasto in tema con le altre domande più o meno.

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Published On: 26 Luglio 2020

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Tempo stimato per la lettura: 18 minuti



Abbiamo intervistato Leonardo Angelucci, vincitore nella sezione Musica all’ultima Biennale MArtelive

Nasce a Roma nel 1991. Inizia a studiare musica a sette anni e viene quasi subito sedotto dalle sei corde di una chitarra acustica. Crescendo coltiva, con i suoi coetanei, i primi progetti: nel 2011 pubblica “Nightbus”, album originale della sua prima rock band “Black Butterfly”; nel 2014 pubblica “I’m free” con la prog-rock band “Lateral Blast”, seguito, nel maggio 2016, da “La luna nel pozzo”.
Inizia a lavorare sul suo progetto solista alla fine del 2016. Registra e produce presso il Freedom Recording Studio “Contemporaneamente”, il suo primo ep, che esce a maggio 2017 per la Alka Record Label di Ferrara e contiene cinque brani inediti.
Durante il 2017 suona in apertura a Coez, Giorgio Canali, Roberto Billi, Daniele Coccia Paifelman, Leo Pari e molti altri. In autunno parte in tour con Daniele Coccia Paifelman, cantautore folk e leader della storica folk band romana Il muro del canto, come chitarrista elettrico. Insieme alla band, portano in tour il primo disco di Coccia, “Il cielo di sotto”.
Leonardo Angelucci entra in studio alla fine del 2017 per registrare il suo primo album, sotto la direzione artistica di Manuele Fusaroli, noto produttore della scena indipendente nazionale (The Zen Circus, Tre Allegri Ragazzi Morti, Nada, Luca Carboni, Motta, Nobraino, Le luci della centrale elettrica, etc.) e Massaga Produzioni.
Il 19 ottobre è uscito “Questo frastuono immenso”, l’album di debutto. Il disco è stato anticipato, ad agosto, da “Sedile posteriore”, il primo singolo estratto.
Da ottobre è in tour promozionale in tutta Italia, pubblica quattro videoclip estratti dal disco e raggiunge ottimi risultati promozionali con il nuovo videoclip di “Un’altra canzone” in anteprima su Repubblica.it dopo la presentazione su Rai Radio 1.
Produttore, tecnico del suono, organizzatore di eventi e speaker radiofonico. Insegnante di chitarra e songwriting in varie scuole di musica in provincia di Roma. Fondatore presidente dell’Ass. Cult. FREE CLUB, fondata nel 2010, general manager e ideatore dell’evento Castello di C’Arte dal 2012, produttore e art director del laboratorio di suoni Free Club Factory. Ha studiato Scienze della Terra e è diplomato al CET di Mogol nel corso Autori.

Ci racconti l’esperienza con MArteLive? Perché hai deciso di partecipare e cosa significa per te aver vinto la finale?
È stata sicuramente una delle più belle soddisfazioni del 2019, riuscire a vincere un premio così importante che spero presto potremmo sfruttare al meglio. Mi sono iscritto come ho fatto già molte volte in passato con vari premi e concorsi, per promuovere il mio progetto musicale. Emergere con canzoni originali non è semplice nel saturo mondo della musica liquida, quindi ben vengano le occasioni come quelle che mette a disposizione MArteLive per tutti gli indipendenti, da anni. La vittoria è ovviamente una gradita sorpresa, seppur la mia filosofia è sempre stata quella dell’importanza del viaggio, piuttosto che della meta. Spero presto si riesca ad organizzare il tour insieme al Nuovo Imaie, per ripartire alla grande sul palco, che profuma sempre di casa.

Hai pubblicato da poco il tuo primo romanzo. Raccontaci da dove è venuta l’esigenza di raccontare questa storia?
Ho sempre voluto scrivere un libro, ma allo stesso tempo l’ho vista sempre come una cosa molto lunga e dispendiosa. Certamente lo è, adesso che porto sulle mie spalle nottate insonni passate tra la tastiera del pc e il posacenere. Però ce l’ho fatta e di questo più di ogni altra cosa sono orgoglioso. Mi piace pensare che Luna, la protagonista del mio romanzo, mi sia venuta a trovare in un momento difficile, di stasi ed immobilità, portandomi i suoi viaggi e le sue avventure. Prestandomi i suoi occhi per evadere e visitare posti a me cari, in lungo e in largo per lo spazio-tempo.

In tal senso, come cambia il tuo approccio alla scrittura dal cantautorato alla letteratura?
Sicuramente sono due cose in partenza distinte e tecnicamente diverse, ma che possono avere dei punti di intersezione. Nello scrivere in musica ci sono vincoli legati alla metrica e alle rime, ma allo stesso tempo si ha la possibilità di disegnare immagini, raccontare vicende ed emozioni aiutati dalla colonna sonora sulla quale si sta scrivendo. Scrivere in prosa invece da molta più libertà a livello di forma e contenuto anche se spesso, da cantautore, mi è capitato di incappare in assonanze, involontarie allitterazioni, come se volessi dare un ritmo, una musicalità al mio racconto. Dunque pur essendo un vero e proprio romanzo e non un libro sulla musica, mi piace pensare che fra le parole ci sia anche un po’ del ritmo delle mie canzoni.

Cosa ha significato per te il lockdown, come lo hai vissuto?
Ha significato sicuramente tempo. Tempo dilatato, rallentato. Una bella pigiata sul freno in un mondo sempre più iperattivo. E a parte tutti i risvolti tragici della vicenda legata al virus, credo che personalmente sia stato positivo. Ma azzarderei anche un non solo personalmente. Indubbiamente ho avuto tempo per dedicarmi a tante piccole cose messe da parte, progetti musicali paralleli, scrittura, pittura, lettura, film, serie TV. Diciamo che ho assorbito tanto, mi sono riposato ed ora sono pronto per tornare sul palco e in studio, che sono i luoghi che più mi sono mancati durante la quarantena. Anche il mare sì, anche quello.

Qual è il “consiglio” che ti dai più spesso? Hai un motto?
Sono uno testardo e determinato, quindi il lavoro che inconsciamente faccio più spesso sui diversi fronti artistici è immergermi in un nuovo progetto fino al raggiungimento dell’obiettivo. Come è successo un po’ anche con il romanzo. Dunque il mio motto è “solo chi ci crede fino in fondo veramente”. Ultimamente poi ho letto una frase di Truffaut in un’intervista ad Hitchcock che mi ha colpito veramente: più o meno il regista francese divideva gli artisti in semplificatori e complicatori sottolineando che questi ultimi sono indubbiamente grandi artisti ed intellettuali ma faceva notare che il successo appartiene quasi sempre più ai primi.

Quale artista, non del tuo campo, del passato o del presente, è stato per te fonte di ammirazione e ispirazione?
Non un musicista quindi, ok. Mi verrebbe da dire Leonardo Da Vinci per il suo essere stato poliedrico e geniale in tutto quello che ha fatto. Non solo per l’omonimia. Sono andato troppo sul classico? Ce ne sarebbero tanti, della letteratura, delle arti visive, del cinema. Per citare un trittico più recente direi Pessoa, Hitchcock e Dalì. Almeno sono rimasto in tema con le altre domande più o meno.

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