Mario Giacomelli e Franco Fontana conversano alla galleria Polka
Tempo stimato per la lettura: 4 minuti
A Parigi, la Galerie Polka è lieta di presentare Conversazione, una mostra di Mario Giacomelli e Franco Fontana da scoprire dall’8 settembre al 28 ottobre 2023.
L’esposizione Conversazione è un incontro tra due maestri i cui mondi sembrano agli antipodi. Uno è nato grazie al colore quando il processo era ancora agli inizi. L’altro esplorava instancabilmente le stigmate del mondo che lo circondava utilizzando il bianco e nero. Ma i lavori di questi due fotografi italiani si ritrovano nella stessa lettura del paesaggio, delle linee e dell’astrazione. Giacomelli e Fontana ci ricordano che aveva ragione Edward Weston: «È stupido dire che il colore uccide il bianco e nero. Si tratta di due linguaggi diversi che non possono competere tra loro. (Fotografia moderna, 1947)».
«Non vorrei ripetere le cose visibili, ma renderle veramente visibili»
Mario Giacomelli nasce nel 1925 a Senigallia, nelle Marche. Trascorse lì tutta la sua vita, dedicando la maggior parte del suo lavoro ai paesaggi e alle persone del suo ambiente immediato. Non c’è bisogno di viaggiare lontano per fotografare. Il suo appetito per i materiali inchiostrati e i contrasti deriva dalla sua prima formazione come tipografo e stampatore. Nutrito dalla pittura che pratica fin dall’adolescenza, la sua fotografia è piena di poesia e nostalgia. Profeta nel suo paese, questo allievo del gruppo Misa, fondato da Giuseppe Cavalli, che riuniva negli anni Cinquanta i fotografi italiani curiosi di paesaggio, fu notato molto presto dai pionieri degli artigiani della fotografia. Nel 1967 John Szarkowski, curatore del MoMA di New York, aprì le porte alle grandi collezioni museali americane.
Il mondo da un oblò
Nel 1975, a bordo di un aereo diretto in Spagna, Giacomelli immortalò la Terra attraverso una finestra. È una rivelazione per lui. Negli anni successivi moltiplicherà queste foto viste dall’alto, generalmente a bordo di un piccolo aereo pubblicitario da spiaggia. Giacomelli ci porta a incontrare campi a perdita d’occhio, solcati dalla violenza che l’uomo infligge alla natura. E queste macchine che rivelano, attorno ad alcune case crollate, le cicatrici del lavoro al ritmo delle stagioni. Un’astrazione stridula e grafica in cui il bianco e nero è spinto ai suoi limiti. L’altezza dell’inquadratura permette all’autore di togliere il cielo che i più poveri, quelli che tengono gli occhi bassi e alle cui ferite ha sempre voluto pensare, non vedono. Nelle stimmate del paesaggio sono loro che ci sorridono e ci salutano.
La bellezza rivelata di Franco Fontana
Nato nel 1933 a Modena, Franco Fontana ha infranto molto presto i codici della sua generazione, in particolare imponendo il colore nella fotografia, nell’era sacra del bianco e nero. Al giallo fosforescente di un cielo dorato risponde il nero di un mare plumbeo. Fontana è giocoso. Le sue tavolozze luminose e la sua passione per le linee geometriche sono l’alfabeto di un linguaggio che usa per eliminare o sublimare ciò che deve essere. Le foto dei suoi paesaggi sono allo stesso tempo sobrie e raffinate, come tanti mosaici spogliati di ogni asperità e dove le linee si giustappongono di prospettive.
Fotografia introspettiva
Ispirandosi ai pittori Mark Rothko, Barnett Newman e Ad Reinhardt, ma anche a Paul Klee e all’arte informale di Alberto Burri, Franco Fontana gioca – dalla fine degli anni Sessanta e con sconcertante facilità – con i codici della pubblicità sotto l’influenza dell’astratto espressionismo e minimalismo. Tra cielo e terra, con il mare come orizzonte, nel cuore di una città colorata e in decadenza, i paesaggi quotidiani riprendono improvvisamente vita come autoritratti. «Non fotografiamo ciò che vediamo, ma ciò che siamo, perché riveliamo al mondo solo ciò che portiamo dentro di noi, e abbiamo bisogno che il mondo lo scopra e lo restituisca come vorremmo che fosse.»
Alla ricerca di una fotografia pura
In questa mostra in forma di dialogo, la galleria Polka affianca due prospettive mosse dalla stessa ambizione artistica: quella di promuovere una forma di “fotografia pura”, chiave di un viaggio interiore. Contrariamente alla vulgata che vuole conservare solo l’astrazione nelle rispettive opere, dobbiamo ricordare che per questi uomini concreti conta la realtà. È presente, con i suoi alberi, le sue case, le sue arature, le sue sponde, i suoi riflessi. Che lo scatto sia spontaneo o calcolato, Fontana e Giacomelli decontestualizzano gli spazi davanti ai loro occhi. Senza luogo identificabile, senza orientamento. Le linee minimaliste e raffinate che tracciano con la luce creano una geometria singolare che diventa, attraverso la mostra, il filo conduttore di una conversazione tra due maestri che si parlano come amici.
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Mario Giacomelli e Franco Fontana conversano alla galleria Polka
Tempo stimato per la lettura: 12 minuti
A Parigi, la Galerie Polka è lieta di presentare Conversazione, una mostra di Mario Giacomelli e Franco Fontana da scoprire dall’8 settembre al 28 ottobre 2023.
L’esposizione Conversazione è un incontro tra due maestri i cui mondi sembrano agli antipodi. Uno è nato grazie al colore quando il processo era ancora agli inizi. L’altro esplorava instancabilmente le stigmate del mondo che lo circondava utilizzando il bianco e nero. Ma i lavori di questi due fotografi italiani si ritrovano nella stessa lettura del paesaggio, delle linee e dell’astrazione. Giacomelli e Fontana ci ricordano che aveva ragione Edward Weston: «È stupido dire che il colore uccide il bianco e nero. Si tratta di due linguaggi diversi che non possono competere tra loro. (Fotografia moderna, 1947)».
«Non vorrei ripetere le cose visibili, ma renderle veramente visibili»
Mario Giacomelli nasce nel 1925 a Senigallia, nelle Marche. Trascorse lì tutta la sua vita, dedicando la maggior parte del suo lavoro ai paesaggi e alle persone del suo ambiente immediato. Non c’è bisogno di viaggiare lontano per fotografare. Il suo appetito per i materiali inchiostrati e i contrasti deriva dalla sua prima formazione come tipografo e stampatore. Nutrito dalla pittura che pratica fin dall’adolescenza, la sua fotografia è piena di poesia e nostalgia. Profeta nel suo paese, questo allievo del gruppo Misa, fondato da Giuseppe Cavalli, che riuniva negli anni Cinquanta i fotografi italiani curiosi di paesaggio, fu notato molto presto dai pionieri degli artigiani della fotografia. Nel 1967 John Szarkowski, curatore del MoMA di New York, aprì le porte alle grandi collezioni museali americane.
Il mondo da un oblò
Nel 1975, a bordo di un aereo diretto in Spagna, Giacomelli immortalò la Terra attraverso una finestra. È una rivelazione per lui. Negli anni successivi moltiplicherà queste foto viste dall’alto, generalmente a bordo di un piccolo aereo pubblicitario da spiaggia. Giacomelli ci porta a incontrare campi a perdita d’occhio, solcati dalla violenza che l’uomo infligge alla natura. E queste macchine che rivelano, attorno ad alcune case crollate, le cicatrici del lavoro al ritmo delle stagioni. Un’astrazione stridula e grafica in cui il bianco e nero è spinto ai suoi limiti. L’altezza dell’inquadratura permette all’autore di togliere il cielo che i più poveri, quelli che tengono gli occhi bassi e alle cui ferite ha sempre voluto pensare, non vedono. Nelle stimmate del paesaggio sono loro che ci sorridono e ci salutano.
La bellezza rivelata di Franco Fontana
Nato nel 1933 a Modena, Franco Fontana ha infranto molto presto i codici della sua generazione, in particolare imponendo il colore nella fotografia, nell’era sacra del bianco e nero. Al giallo fosforescente di un cielo dorato risponde il nero di un mare plumbeo. Fontana è giocoso. Le sue tavolozze luminose e la sua passione per le linee geometriche sono l’alfabeto di un linguaggio che usa per eliminare o sublimare ciò che deve essere. Le foto dei suoi paesaggi sono allo stesso tempo sobrie e raffinate, come tanti mosaici spogliati di ogni asperità e dove le linee si giustappongono di prospettive.
Fotografia introspettiva
Ispirandosi ai pittori Mark Rothko, Barnett Newman e Ad Reinhardt, ma anche a Paul Klee e all’arte informale di Alberto Burri, Franco Fontana gioca – dalla fine degli anni Sessanta e con sconcertante facilità – con i codici della pubblicità sotto l’influenza dell’astratto espressionismo e minimalismo. Tra cielo e terra, con il mare come orizzonte, nel cuore di una città colorata e in decadenza, i paesaggi quotidiani riprendono improvvisamente vita come autoritratti. «Non fotografiamo ciò che vediamo, ma ciò che siamo, perché riveliamo al mondo solo ciò che portiamo dentro di noi, e abbiamo bisogno che il mondo lo scopra e lo restituisca come vorremmo che fosse.»
Alla ricerca di una fotografia pura
In questa mostra in forma di dialogo, la galleria Polka affianca due prospettive mosse dalla stessa ambizione artistica: quella di promuovere una forma di “fotografia pura”, chiave di un viaggio interiore. Contrariamente alla vulgata che vuole conservare solo l’astrazione nelle rispettive opere, dobbiamo ricordare che per questi uomini concreti conta la realtà. È presente, con i suoi alberi, le sue case, le sue arature, le sue sponde, i suoi riflessi. Che lo scatto sia spontaneo o calcolato, Fontana e Giacomelli decontestualizzano gli spazi davanti ai loro occhi. Senza luogo identificabile, senza orientamento. Le linee minimaliste e raffinate che tracciano con la luce creano una geometria singolare che diventa, attraverso la mostra, il filo conduttore di una conversazione tra due maestri che si parlano come amici.
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