Naples ’44, di Francesco Patierno. Tutte le guerre sono uguali, Napoli è come Aleppo

About the Author: Alessia

Published On: 19 Ottobre 2016

Tempo stimato per la lettura: 2,8 minuti

“Io amerei vivere su un pianeta tutto napoletano, perché so che ci starei bene, Napoli va presa come una città unica, molto intelligente, Napoli è troppo speciale, quindi non la possono capire tutti” (Marcello Mastroianni)

Presentato ieri al Festival del Cinema di Roma 2016, “Naples ‘44/Napoli ‘44” è un docu-film del regista Francesco Patierno davvero singolare, una storia a metà tra il passato (nemmeno troppo lontano) e l’oggi.
Racconta la Napoli alla fine della guerra, secondo gli occhi di Norman Lewis, scrittore e giornalista britannico, che nel 1943 era un giovane ufficiale inglese, entrato con l’esercito americano in una città devastata dalla guerra. “Il 5 settembre 1943 salpammo con la 312esima divisione Fiedl Security Section a bordo della Duchess of Bedford, lasciando Mers-el Kebir per unirci al convoglio dell’invasione che faceva rotta su Salerno”, scrive Norman sul suo taccuino.

Sì perché da quel taccuino di guerra, che riporta in modo tanto minuzioso le ferite di una intera città piegata da fame e orrore, è stato tratto un best-seller e da quel best-seller, il film.
“Napoli ’44” è anche un omaggio al cinema che ha saputo raccontare quegli anni terribili, “dentro c’è Rossellini di Paisà, Cavani della Pelle e poi ancora Napoli Milionaria, O sole mio, Le 4 giornate di Napoli, il Miracolo di San Gennaro e uno sconosciuto Re di Poggioreale” afferma Patierno. “È nel mio Dna mischiare generi e giocare con le linee temporali per fare un racconto emotivo”, continua il regista alla conferenza stampa con Davide Azzolini e Francesca Barra (produttori), Maureen Lewis e Julien Evans.

Napoli bombardata con i palazzi sventrati e i cumuli di macerie, liberata dagli anglo-americani, con la sua miseria e la sua bellezza – narrata da Benedict Cumberbatch nella versione inglese – è una città complessa e “creativa”. Uomini, donne e bambini che cercano di rinascere dalle macerie. Statue di santi che dovevano bloccare l’eruzione del Vesuvio, il sangue di San Gennaro che se è liquefatto ha fatto il miracolo, professionisti ridotti in miseria costretti a fare le comparse ai funerali (come il Sig. Lattarullo), ragazze che volevano scrollarsi di dosso miseria e povertà, pronte a tutto pur di continuare a vivere e sognare. Per realizzare il documentario è stato necessario un anno intenso di ricerche in archivi italiani, inglesi e americani. E in più delle incursioni d’autore, con Marcello Mastroianni e un immenso Totò, simboli e capisaldi universali di una città così controversa.

Con le immagini trovate e le parole dello scrittore, che funge da narratore, si mostrano le ferite di una intera città, la crudeltà della guerra, i soprusi subiti dai suoi abitanti, ma anche le infinite risorse dei napoletani. “Il libro è un ritratto fedele, partecipe e equilibrato e racconta il passato ma è uno specchio del presente. Per questo il progetto mi ha coinvolto”, dichiara Patierno. “Volevo”, ha aggiunto il regista in un’intervista all’ANSA, “che venisse annullata la distanza temporale tra passato e presente, quel tempo non è così lontano. Napoli ’44 è uno specchio di quello che accade oggi ad Aleppo e non solo. Tutte le guerre sono uguali, la vita che ci si trova a fare in una città bombardata è la stessa in ogni latitudine e epoca”.

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Naples ’44, di Francesco Patierno. Tutte le guerre sono uguali, Napoli è come Aleppo

Published On: 19 Ottobre 2016

About the Author: Alessia

Tempo stimato per la lettura: 9 minuti

“Io amerei vivere su un pianeta tutto napoletano, perché so che ci starei bene, Napoli va presa come una città unica, molto intelligente, Napoli è troppo speciale, quindi non la possono capire tutti” (Marcello Mastroianni)

Presentato ieri al Festival del Cinema di Roma 2016, “Naples ‘44/Napoli ‘44” è un docu-film del regista Francesco Patierno davvero singolare, una storia a metà tra il passato (nemmeno troppo lontano) e l’oggi.
Racconta la Napoli alla fine della guerra, secondo gli occhi di Norman Lewis, scrittore e giornalista britannico, che nel 1943 era un giovane ufficiale inglese, entrato con l’esercito americano in una città devastata dalla guerra. “Il 5 settembre 1943 salpammo con la 312esima divisione Fiedl Security Section a bordo della Duchess of Bedford, lasciando Mers-el Kebir per unirci al convoglio dell’invasione che faceva rotta su Salerno”, scrive Norman sul suo taccuino.

Sì perché da quel taccuino di guerra, che riporta in modo tanto minuzioso le ferite di una intera città piegata da fame e orrore, è stato tratto un best-seller e da quel best-seller, il film.
“Napoli ’44” è anche un omaggio al cinema che ha saputo raccontare quegli anni terribili, “dentro c’è Rossellini di Paisà, Cavani della Pelle e poi ancora Napoli Milionaria, O sole mio, Le 4 giornate di Napoli, il Miracolo di San Gennaro e uno sconosciuto Re di Poggioreale” afferma Patierno. “È nel mio Dna mischiare generi e giocare con le linee temporali per fare un racconto emotivo”, continua il regista alla conferenza stampa con Davide Azzolini e Francesca Barra (produttori), Maureen Lewis e Julien Evans.

Napoli bombardata con i palazzi sventrati e i cumuli di macerie, liberata dagli anglo-americani, con la sua miseria e la sua bellezza – narrata da Benedict Cumberbatch nella versione inglese – è una città complessa e “creativa”. Uomini, donne e bambini che cercano di rinascere dalle macerie. Statue di santi che dovevano bloccare l’eruzione del Vesuvio, il sangue di San Gennaro che se è liquefatto ha fatto il miracolo, professionisti ridotti in miseria costretti a fare le comparse ai funerali (come il Sig. Lattarullo), ragazze che volevano scrollarsi di dosso miseria e povertà, pronte a tutto pur di continuare a vivere e sognare. Per realizzare il documentario è stato necessario un anno intenso di ricerche in archivi italiani, inglesi e americani. E in più delle incursioni d’autore, con Marcello Mastroianni e un immenso Totò, simboli e capisaldi universali di una città così controversa.

Con le immagini trovate e le parole dello scrittore, che funge da narratore, si mostrano le ferite di una intera città, la crudeltà della guerra, i soprusi subiti dai suoi abitanti, ma anche le infinite risorse dei napoletani. “Il libro è un ritratto fedele, partecipe e equilibrato e racconta il passato ma è uno specchio del presente. Per questo il progetto mi ha coinvolto”, dichiara Patierno. “Volevo”, ha aggiunto il regista in un’intervista all’ANSA, “che venisse annullata la distanza temporale tra passato e presente, quel tempo non è così lontano. Napoli ’44 è uno specchio di quello che accade oggi ad Aleppo e non solo. Tutte le guerre sono uguali, la vita che ci si trova a fare in una città bombardata è la stessa in ogni latitudine e epoca”.

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