Ri-scatti, il progetto fotografico che fa rivivere foto perdute
Tempo stimato per la lettura: 4,5 minuti
Ci sono foto dimenticate, frammenti di un tempo che fu, nessun nome, nessuna data, nessuna storia. E poi c’è una giovane donna che a quel passato in bianco e nero, a quegli scatti color seppia decide di dare una vita nuova, chiedendo a scrittori, attori, musicisti, amici di inventare un racconto per ciascuna di quelle foto perdute. Nasce Ri-scatti e questa è l’intervista alla sua ideatrice, Ivana Marrone.
Era un pomeriggio qualsiasi, girovagavi per i banchi di un mercatino, e hai visto una foto, poi che è successo?
E’ successo che perdendomi mi sono ritrovata davanti a questa enorme scatola di vecchie foto, tutte disordinate. Più le guardavo e più pensavo a quanto fosse triste. Si trattava di ricordi che, per chissà quale motivo, non erano stati conservati così come andrebbe fatto. Non sapevo esattamente cosa avrei fatto con quelle foto ma sentivo che dovevo salvarle comprandone il più alto numero possibile. Ho passato così tanto tempo davanti a quel banco che il proprietario dopo un po’ mi ha portato uno sgabello.
Diane Arbus diceva che la fotografia è un segreto che parla di un segreto, c’è la voglia di svelamento alla base di Ri – scatti?
Credo la facilità che abbiamo oggi nell’immortalare i momenti della nostra vita ci abbia fatto perdere di vista la poesia che c’è dietro a uno scatto. Quelle foto non appartenevano più a nessuno ma avevano ancora molto da dire. Gli ho solo dato la possibilità di farlo.
Hai definito questa raccolta un archivio romantico delle foto perdute, guardandole non ti senti mai sopraffatta dalla malinconia?
Nella maggior parte delle foto vediamo gente sorridente, in vacanza, a pranzo con la famiglia, sulla neve. E’ come se mi fossi sentita in debito con quelle persone e ogni volta che qualcuno accetta di adottare una foto sento di averla salvata dal dimenticatoio. Quindi più che malinconia la definirei leggera tenerezza.
Come è nata la collaborazione con nomi del calibro di Vinicio Capossela, Roberto Saviano, Aldo Nove, Dente, Chef Rubio, Colapesce?
In maniera del tutto casuale e naturale. Ho provato a contattarli raccontandogli semplicemente cosa avevo in testa e loro hanno accettato subito. Con Aldo Nove nello specifico c’è una nota poetica in più. A lui ho scritto quando il sito non c’era ancora, era tutto astratto, diciamo che ha accettato a scatola chiusa dandomi fiducia e per questo gliene sarò per sempre grata.
Tra le foto e le storie che raccogli c’è n’è una che ami più di tutte?
Le amo tutte allo stesso modo, in particolare però sono legata alla foto che mi ha fatto scattare la molla in testa. E’ una foto tessera che vede ritratta una giovane ragazza, sul retro c’è una dedica, “A Fernando, il mio amore, con tutto il mio amore. Enza”. Diciamo che è stata lei a suggerirmi cosa fare con tutte quelle foto che ormai erano mie.
A guardarle e a leggerle sembra venir fuori un altro paese, un paese nella sua piena adolescenza, speranzoso, irrequieto, con tutta la vita davanti. Credi che il passato sia più bello perché non ci appartiene più?
Credo semplicemente che le persone che decidono di scrivere non se la sentano di inventare cose tristi. Il progetto si chiama Ri-scatti anche per questo motivo. Mi piace pensare che si sentano in dovere di assegnare a quelle persone un lieto fine.
Nella vita sei una regista radiofonica, la radio e la fotografia sono gli strumenti più vecchi con cui comunichiamo agli altri, resistono a tutto, alle rivoluzioni, alle tecnologie, al tempo che passa. Secondo te perché?
Non so, forse perchè stimolano dei sensi primordiali come l’udito e la vista , e lo fanno in maniera distinta. La radio la puoi solo ascoltare così come le foto le puoi solo vedere, le sensazioni che ti trasmettono poi sono altra cosa. Oggi si usa molto il termine multitasking, probabilmente con la radio e la fotografia ci riposiamo un po’.
Ri – scatti sta avendo molto successo, te lo aspettavi?
Onestamente no. La cosa che più mi rende fiera non è tanto ricevere storie di personaggi noti, che senza dubbio è lusinghiero, ma leggere i messaggi della gente comune che dice che questa cosa di inventare storie su foto di sconosciuti la facevano già ma che non avevano mai pensato di condividerla. E’ come se Ri-scatti fosse di tutti.
Se aprissi un cassetto di casa tua in Abruzzo quale foto di famiglia ti piacerebbe trovare tra mazzi di chiavi e tappi di bottiglia e che storia vorresti fosse raccontata?
Vorrei trovare una foto di mia nonna Adelia. Mi piacerebbe si parlasse di una donna leonessa che ha combattuto e continua a combattere con i denti stretti e una metafora nella tasca del grembiule sempre pronta ad insegnarti la vita.
Per leggere le storie, visitate www.riscatti.net
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Ri-scatti, il progetto fotografico che fa rivivere foto perdute
Tempo stimato per la lettura: 13 minuti
Ci sono foto dimenticate, frammenti di un tempo che fu, nessun nome, nessuna data, nessuna storia. E poi c’è una giovane donna che a quel passato in bianco e nero, a quegli scatti color seppia decide di dare una vita nuova, chiedendo a scrittori, attori, musicisti, amici di inventare un racconto per ciascuna di quelle foto perdute. Nasce Ri-scatti e questa è l’intervista alla sua ideatrice, Ivana Marrone.
Era un pomeriggio qualsiasi, girovagavi per i banchi di un mercatino, e hai visto una foto, poi che è successo?
E’ successo che perdendomi mi sono ritrovata davanti a questa enorme scatola di vecchie foto, tutte disordinate. Più le guardavo e più pensavo a quanto fosse triste. Si trattava di ricordi che, per chissà quale motivo, non erano stati conservati così come andrebbe fatto. Non sapevo esattamente cosa avrei fatto con quelle foto ma sentivo che dovevo salvarle comprandone il più alto numero possibile. Ho passato così tanto tempo davanti a quel banco che il proprietario dopo un po’ mi ha portato uno sgabello.
Diane Arbus diceva che la fotografia è un segreto che parla di un segreto, c’è la voglia di svelamento alla base di Ri – scatti?
Credo la facilità che abbiamo oggi nell’immortalare i momenti della nostra vita ci abbia fatto perdere di vista la poesia che c’è dietro a uno scatto. Quelle foto non appartenevano più a nessuno ma avevano ancora molto da dire. Gli ho solo dato la possibilità di farlo.
Hai definito questa raccolta un archivio romantico delle foto perdute, guardandole non ti senti mai sopraffatta dalla malinconia?
Nella maggior parte delle foto vediamo gente sorridente, in vacanza, a pranzo con la famiglia, sulla neve. E’ come se mi fossi sentita in debito con quelle persone e ogni volta che qualcuno accetta di adottare una foto sento di averla salvata dal dimenticatoio. Quindi più che malinconia la definirei leggera tenerezza.
Come è nata la collaborazione con nomi del calibro di Vinicio Capossela, Roberto Saviano, Aldo Nove, Dente, Chef Rubio, Colapesce?
In maniera del tutto casuale e naturale. Ho provato a contattarli raccontandogli semplicemente cosa avevo in testa e loro hanno accettato subito. Con Aldo Nove nello specifico c’è una nota poetica in più. A lui ho scritto quando il sito non c’era ancora, era tutto astratto, diciamo che ha accettato a scatola chiusa dandomi fiducia e per questo gliene sarò per sempre grata.
Tra le foto e le storie che raccogli c’è n’è una che ami più di tutte?
Le amo tutte allo stesso modo, in particolare però sono legata alla foto che mi ha fatto scattare la molla in testa. E’ una foto tessera che vede ritratta una giovane ragazza, sul retro c’è una dedica, “A Fernando, il mio amore, con tutto il mio amore. Enza”. Diciamo che è stata lei a suggerirmi cosa fare con tutte quelle foto che ormai erano mie.
A guardarle e a leggerle sembra venir fuori un altro paese, un paese nella sua piena adolescenza, speranzoso, irrequieto, con tutta la vita davanti. Credi che il passato sia più bello perché non ci appartiene più?
Credo semplicemente che le persone che decidono di scrivere non se la sentano di inventare cose tristi. Il progetto si chiama Ri-scatti anche per questo motivo. Mi piace pensare che si sentano in dovere di assegnare a quelle persone un lieto fine.
Nella vita sei una regista radiofonica, la radio e la fotografia sono gli strumenti più vecchi con cui comunichiamo agli altri, resistono a tutto, alle rivoluzioni, alle tecnologie, al tempo che passa. Secondo te perché?
Non so, forse perchè stimolano dei sensi primordiali come l’udito e la vista , e lo fanno in maniera distinta. La radio la puoi solo ascoltare così come le foto le puoi solo vedere, le sensazioni che ti trasmettono poi sono altra cosa. Oggi si usa molto il termine multitasking, probabilmente con la radio e la fotografia ci riposiamo un po’.
Ri – scatti sta avendo molto successo, te lo aspettavi?
Onestamente no. La cosa che più mi rende fiera non è tanto ricevere storie di personaggi noti, che senza dubbio è lusinghiero, ma leggere i messaggi della gente comune che dice che questa cosa di inventare storie su foto di sconosciuti la facevano già ma che non avevano mai pensato di condividerla. E’ come se Ri-scatti fosse di tutti.
Se aprissi un cassetto di casa tua in Abruzzo quale foto di famiglia ti piacerebbe trovare tra mazzi di chiavi e tappi di bottiglia e che storia vorresti fosse raccontata?
Vorrei trovare una foto di mia nonna Adelia. Mi piacerebbe si parlasse di una donna leonessa che ha combattuto e continua a combattere con i denti stretti e una metafora nella tasca del grembiule sempre pronta ad insegnarti la vita.
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