Sulle linee del movimento: l’illustrazione dinamica di Federica Del Proposto

About the Author: Cristina Biordi

Published On: 22 Marzo 2025

Tempo stimato per la lettura: 9 minuti

Federica Del Proposto è talentuosa artista che sa catturare attraverso il disegno la dinamicità della vita urbana e la complessità delle interazioni umane. L’abbiamo intervistata in occasione della pubblicazione, nel numero di questo marzo 2025 del celebre New Yorker, dei suoi disegni dedicati agli sport invernali.

Con uno stile distintivo che unisce la precisione architettonica a una narrazione visiva coinvolgente, l’artista ci parla del suo processo creativo, delle sue fonti d’ispirazione e di come il suo lavoro, pur mantenendo una certa giocosità, affronta anche tematiche complesse e attuali. In questa intervista, ci offre uno sguardo intimo sul suo percorso e sulle sue evoluzioni artistiche, rivelando come la sua esperienza nella capitale francese e la sua formazione d’architetto abbiano influenzato il suo approccio all’illustrazione.

Breve biografia

Nata a Roma nel 1978 e laureata in architettura, Federica Del Proposto inizia a disegnare fumetti proprio mentre prepara la tesi di laurea, nonostante la passione per il disegno la accompagnasse fin da bambina. Dal 2012, Federica decide di dedicarsi all’illustrazione. Da quel momento non ha più smesso di disegnare e oggi i suoi lavori sono ospitati tra le pagine della stampa europea e americana (Living Paris Magazine, The New York Times, Travel Magazine, Marie Claire, Chicago Magazine, Elle Paris, The Wall Street Journal ecc…). Federica vive e lavora tra Roma e Parigi.

Com’è nata l’idea dei disegni per il New Yorker sugli sport invernali?

Volevo disegnare la velocità, il dinamismo. Il New Yorker mi ha contattata per creare una serie di undici disegni per uno dei suoi numeri invernali, lasciandomi carta bianca. Ho scelto gli sport invernali pensando anche alle prossime Olimpiadi di Milano-Cortina. La velocità è una tematica ricorrente nei miei lavori. La mia prima serie sulla velocità, Running People, del 2014, nell’estate 2024 è diventata una installazione su larga scala per la Lake Bridge Gallery di Seoul. Con la serie Winter Sports per il New Yorker ho voluto continuare questa ricerca sul movimento.

Come definirebbe il suo stile? Come si adatta ai diversi soggetti e committenti?

Non mi adatto molto. Se si tratta di disegni, opere commissionate, declino me stessa tenendo a mente le richieste del cliente, ma sono sempre i committenti a scegliere l’artista per quel soggetto, avendo già in mente il suo stile. Se invece non c’è un committente, non mi adatto per definizione. Il mio stile non posso definirlo, dicono che devono definirlo gli altri, ma probabilmente mi contraddirò nelle prossime risposte.

Qual è stata la sua principale fonte di ispirazione per iniziare a lavorare nel campo dell’illustrazione?

Parigi, dove ho vissuto per diverso tempo nei miei anni di formazione e più in generale le città e i loro abitanti. Ho una formazione da architetto, un immaginario da autrice e un metodo logico. Sono sempre stata affascinata dalla vitalità delle persone e da come si muovono nelle strade delle città. Viviamo in luoghi progettati da noi umani, possiamo essere architetti delle nostre emozioni, colonizziamo e modifichiamo il nostro mondo.

Paesaggi, città, edifici e stanze sono la scenografia delle nostre storie personali, che spesso interagiscono con quelle di altri, creando uno movimento emotivo generale.

Assault Course, Histoires Courtes, mostra personale, Galerie Robillard, Parigi, Francia, 2016

Può raccontarci il suo processo creativo? Come nascono le sue opere?

La mia pratica artistica unisce disegno architettonico e narrazione a fumetti, entrambe discipline della mia formazione. La mia forma naturale di espressione è il disegno, il tracciare segni. Penso per linee, non per forme. Inizio sempre disegnando lo spazio in cui avvengono le cose, i personaggi arrivano dopo, spesso in tanti, a riempire questo spazio, che con loro diventa narrativo. Questi due livelli interagiscono ma non si fondono, linee e colori rimangono separati. Attraverso il disegno racconto queste interazioni, che possono tradursi in composizioni semplici o complesse, ultimamente un po’ più complesse.

 

Thailand, Extra + Ordinary Journey, mostra personale, Museum 209, Seoul, Corea del Sud, 2024

Quali tecniche o materiali preferisce utilizzare nelle sue illustrazioni?

Uso principalmente strumenti che mi consentono di disegnare, quindi di tracciare linee. Lavoro spesso su carta, con una tecnica mista che prevede matite colorate per le zone di colore solido e pennarelli o inchiostro a punta fine per le linee. Disegnavo così anche da bambina, separando i pieni dalle linee colorate. Lavoro anche in digitale, non sono contraria al passare da strumenti tradizionali al digitale, si tratta sempre di aree di colore solido alternate a linee di colore, che tracciano il disegno. Anche con una penna digitale la mano rimane la stessa, il disegno accade prima nella mente e poi passa al supporto. Rifuggo da sempre gli strumenti che non mi fanno tracciare linee, come l’acquerello, per esempio, che considero indomabile. Ultimamente, il disegno si sta sviluppando in tre dimensioni e sempre più spesso lavoro su installazioni a media o larga scala.

Come sceglie i temi o i soggetti delle sue opere? Ci sono storie particolari che le piacerebbe raccontare attraverso le sue illustrazioni?

Le mie opere raffigurano quasi sempre città, spazi architettonici dove accadono interazioni tra personaggi dinamici, giocosi. Ho sempre disegnato situazioni molto pacifiche e naif, ma ultimante sto rappresentando interazioni conflittuali. Mi interessano le tematiche sociali e politiche contemporanee, rifletto sugli aspetti più complessi della nostra società. Recentemente, grazie al Museum 209 di Seoul, ho avuto l’opportunità di esprimere questa mia fase più riflessiva. Il museo mi ha commissionato un’opera per la mia prima mostra personale in Corea del Sud, che occupava l’ultima stanza del percorso espositivo. Three Lands è stata pensata per passare dal bidimensionale al tridimensionale, diventando una installazione pop-up di circa due metri quadrati. L’opera rappresenta tre terre distinte, ognuna con la propria capitale, architettura, flora e cultura, simbolizzando l’occidente, il mondo asiatico e quello arabo, e mettendo in scena conflitti, migrazioni e confini. È un’opera complessa che invita alla riflessione sul nostro mondo.

Continuerò a raccontare le storie delle terre e dei loro abitanti, la cui convivenza non è sempre pacifica.

 

Pensa che con il suo lavoro si possano far passare dei messaggi più facilmente?

Nel mio caso non credo che il messaggio sia sempre facile da decodificare. Mi accorgo anzi che più il messaggio è complesso più le composizioni si complicano. Three Lands ne é un esempio. Pur mantenendo la giocosità e la sintesi che caratterizzano spesso le mie opere, il messaggio non è di comprensione immediata. Sintetizzare non coincide sempre con semplificare; dipende dal messaggio che voglio trasmettere.

Ha un illustratore o un artista che considera un modello o un punto di riferimento? Se sì, chi è e perché?

Ho molta stima e interesse per diversi artisti e artiste, sono sempre stata molto curiosa. Non ho fatto una scuola d’arte, ho scoperto artisti, autrici e disegnatori nel tempo, istintivamente, per affinità con le cose che facevo. All’inizio della carriera, quando studiavo architettura e disegnavo fumetti, ho scoperto i grandi cartoonist e fumettisti del ‘900: Saul Steinberg, Sempé, Claire Bretecher. Poi le line nette delle architetture di Guy Buillout, Joost Swarte. Ultimamente sto ristudiando gli artisti del Medioevo e del Rinascimento, il loro modo di riempire gli spazi con molti personaggi e vitalità, che mi risuona. E l’arte astratta, ora la capisco: l’equilibrio di linee e forme, la ricerca di una composizione armonica di molteplici elementi e strati.

Qual è stata la sua esperienza più significativa fino ad ora nel suo percorso professionale?

Ogni passo avanti nella ricerca è segnato da un lavoro che definisce quel momento. Penso di aver fatto almeno tre/quattro passi significativi da quando ho iniziato il mio percorso artistico. I Fumettisottovuoto sono stati la mia striscia a fumetti d’esordio, anticipando un periodo specifico del fumetto italiano. La serie Le Village Saint-Martin, simultanea a Running People, ha segnato il mio esordio a Parigi e in essa sono visibili le caratteristiche principali del mio lavoro: le architetture, la vitalità, le linee nette. The Summer Series, ha segnato una pausa dalle giocosità a favore di atmosfere più oniriche. Three Lands è il passo più recente, un ritorno alla giocosità, ma con messaggi complessi. Ogni passo fino a questo è stato significativo e importante.

In che modo Internet, i social media e le piattaforme online hanno influenzato la sua carriera?

Tutti i miei passaggi sono stati spontanei: dall’architettura al fumetto, dal fumetto all’illustrazione, dall’illustrazione all’arte visiva, alle installazioni. Internet ha sicuramente influenzato il mio passaggio dall’architettura al fumetto. Ho iniziato a scrivere e disegnare i Fumettisottovuoto mentre preparavo la tesi di laurea. Li condividevo nel mio blog, avevo molti lettori, sono stati, in Italia, il primo diario online a fumetti scritto da una ragazza, con tematiche più femministe che femminili. Oggi li ricordano in pochi, ma alla fine degli anni 2000 segnarono l’inizio di un trend che avrebbe avuto pieno successo solo qualche anno dopo, con l’arrivo dei social e con la fine dell’epoca dei blog. Io ero a già espatriata a Parigi per disegnare e raccontare altre cose. Nelle mie fasi successive, internet e i social media non hanno avuto un ruolo così determinante. Spesso i numeri che leggiamo sui social sono gonfiati, comprati, i dati sono illusori. Oggi una assenza virtuale è impensabile, ma una presenza virtuale incessante non coincide necessariamente con una carriera significativa.

La danza, Fumettisottovuoto, 2007

Quali progetti futuri ha in cantiere?

Sto portando a conclusione una serie di installazioni interne, un progetto che mi ha divertita molto, vi terrò aggiornati. In programma ho anche diversi libri di fantascienza da leggere e alcuni film polizieschi anni ’70 da guardare.

Quale consiglio darebbe a chi vorrebbe intraprendere questa carriera?

Fidati di chi sei tu, non seguire passivamente i trend. Bevi molta acqua.

 

 

Foto apertura :

Ritratto di Federica Del Proposto © Longblack

 

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Published On: 22 Marzo 2025

About the Author: Cristina Biordi

Tempo stimato per la lettura: 27 minuti

Federica Del Proposto è talentuosa artista che sa catturare attraverso il disegno la dinamicità della vita urbana e la complessità delle interazioni umane. L’abbiamo intervistata in occasione della pubblicazione, nel numero di questo marzo 2025 del celebre New Yorker, dei suoi disegni dedicati agli sport invernali.

Con uno stile distintivo che unisce la precisione architettonica a una narrazione visiva coinvolgente, l’artista ci parla del suo processo creativo, delle sue fonti d’ispirazione e di come il suo lavoro, pur mantenendo una certa giocosità, affronta anche tematiche complesse e attuali. In questa intervista, ci offre uno sguardo intimo sul suo percorso e sulle sue evoluzioni artistiche, rivelando come la sua esperienza nella capitale francese e la sua formazione d’architetto abbiano influenzato il suo approccio all’illustrazione.

Breve biografia

Nata a Roma nel 1978 e laureata in architettura, Federica Del Proposto inizia a disegnare fumetti proprio mentre prepara la tesi di laurea, nonostante la passione per il disegno la accompagnasse fin da bambina. Dal 2012, Federica decide di dedicarsi all’illustrazione. Da quel momento non ha più smesso di disegnare e oggi i suoi lavori sono ospitati tra le pagine della stampa europea e americana (Living Paris Magazine, The New York Times, Travel Magazine, Marie Claire, Chicago Magazine, Elle Paris, The Wall Street Journal ecc…). Federica vive e lavora tra Roma e Parigi.

Com’è nata l’idea dei disegni per il New Yorker sugli sport invernali?

Volevo disegnare la velocità, il dinamismo. Il New Yorker mi ha contattata per creare una serie di undici disegni per uno dei suoi numeri invernali, lasciandomi carta bianca. Ho scelto gli sport invernali pensando anche alle prossime Olimpiadi di Milano-Cortina. La velocità è una tematica ricorrente nei miei lavori. La mia prima serie sulla velocità, Running People, del 2014, nell’estate 2024 è diventata una installazione su larga scala per la Lake Bridge Gallery di Seoul. Con la serie Winter Sports per il New Yorker ho voluto continuare questa ricerca sul movimento.

Come definirebbe il suo stile? Come si adatta ai diversi soggetti e committenti?

Non mi adatto molto. Se si tratta di disegni, opere commissionate, declino me stessa tenendo a mente le richieste del cliente, ma sono sempre i committenti a scegliere l’artista per quel soggetto, avendo già in mente il suo stile. Se invece non c’è un committente, non mi adatto per definizione. Il mio stile non posso definirlo, dicono che devono definirlo gli altri, ma probabilmente mi contraddirò nelle prossime risposte.

Qual è stata la sua principale fonte di ispirazione per iniziare a lavorare nel campo dell’illustrazione?

Parigi, dove ho vissuto per diverso tempo nei miei anni di formazione e più in generale le città e i loro abitanti. Ho una formazione da architetto, un immaginario da autrice e un metodo logico. Sono sempre stata affascinata dalla vitalità delle persone e da come si muovono nelle strade delle città. Viviamo in luoghi progettati da noi umani, possiamo essere architetti delle nostre emozioni, colonizziamo e modifichiamo il nostro mondo.

Paesaggi, città, edifici e stanze sono la scenografia delle nostre storie personali, che spesso interagiscono con quelle di altri, creando uno movimento emotivo generale.

Assault Course, Histoires Courtes, mostra personale, Galerie Robillard, Parigi, Francia, 2016

Può raccontarci il suo processo creativo? Come nascono le sue opere?

La mia pratica artistica unisce disegno architettonico e narrazione a fumetti, entrambe discipline della mia formazione. La mia forma naturale di espressione è il disegno, il tracciare segni. Penso per linee, non per forme. Inizio sempre disegnando lo spazio in cui avvengono le cose, i personaggi arrivano dopo, spesso in tanti, a riempire questo spazio, che con loro diventa narrativo. Questi due livelli interagiscono ma non si fondono, linee e colori rimangono separati. Attraverso il disegno racconto queste interazioni, che possono tradursi in composizioni semplici o complesse, ultimamente un po’ più complesse.

 

Thailand, Extra + Ordinary Journey, mostra personale, Museum 209, Seoul, Corea del Sud, 2024

Quali tecniche o materiali preferisce utilizzare nelle sue illustrazioni?

Uso principalmente strumenti che mi consentono di disegnare, quindi di tracciare linee. Lavoro spesso su carta, con una tecnica mista che prevede matite colorate per le zone di colore solido e pennarelli o inchiostro a punta fine per le linee. Disegnavo così anche da bambina, separando i pieni dalle linee colorate. Lavoro anche in digitale, non sono contraria al passare da strumenti tradizionali al digitale, si tratta sempre di aree di colore solido alternate a linee di colore, che tracciano il disegno. Anche con una penna digitale la mano rimane la stessa, il disegno accade prima nella mente e poi passa al supporto. Rifuggo da sempre gli strumenti che non mi fanno tracciare linee, come l’acquerello, per esempio, che considero indomabile. Ultimamente, il disegno si sta sviluppando in tre dimensioni e sempre più spesso lavoro su installazioni a media o larga scala.

Come sceglie i temi o i soggetti delle sue opere? Ci sono storie particolari che le piacerebbe raccontare attraverso le sue illustrazioni?

Le mie opere raffigurano quasi sempre città, spazi architettonici dove accadono interazioni tra personaggi dinamici, giocosi. Ho sempre disegnato situazioni molto pacifiche e naif, ma ultimante sto rappresentando interazioni conflittuali. Mi interessano le tematiche sociali e politiche contemporanee, rifletto sugli aspetti più complessi della nostra società. Recentemente, grazie al Museum 209 di Seoul, ho avuto l’opportunità di esprimere questa mia fase più riflessiva. Il museo mi ha commissionato un’opera per la mia prima mostra personale in Corea del Sud, che occupava l’ultima stanza del percorso espositivo. Three Lands è stata pensata per passare dal bidimensionale al tridimensionale, diventando una installazione pop-up di circa due metri quadrati. L’opera rappresenta tre terre distinte, ognuna con la propria capitale, architettura, flora e cultura, simbolizzando l’occidente, il mondo asiatico e quello arabo, e mettendo in scena conflitti, migrazioni e confini. È un’opera complessa che invita alla riflessione sul nostro mondo.

Continuerò a raccontare le storie delle terre e dei loro abitanti, la cui convivenza non è sempre pacifica.

 

Pensa che con il suo lavoro si possano far passare dei messaggi più facilmente?

Nel mio caso non credo che il messaggio sia sempre facile da decodificare. Mi accorgo anzi che più il messaggio è complesso più le composizioni si complicano. Three Lands ne é un esempio. Pur mantenendo la giocosità e la sintesi che caratterizzano spesso le mie opere, il messaggio non è di comprensione immediata. Sintetizzare non coincide sempre con semplificare; dipende dal messaggio che voglio trasmettere.

Ha un illustratore o un artista che considera un modello o un punto di riferimento? Se sì, chi è e perché?

Ho molta stima e interesse per diversi artisti e artiste, sono sempre stata molto curiosa. Non ho fatto una scuola d’arte, ho scoperto artisti, autrici e disegnatori nel tempo, istintivamente, per affinità con le cose che facevo. All’inizio della carriera, quando studiavo architettura e disegnavo fumetti, ho scoperto i grandi cartoonist e fumettisti del ‘900: Saul Steinberg, Sempé, Claire Bretecher. Poi le line nette delle architetture di Guy Buillout, Joost Swarte. Ultimamente sto ristudiando gli artisti del Medioevo e del Rinascimento, il loro modo di riempire gli spazi con molti personaggi e vitalità, che mi risuona. E l’arte astratta, ora la capisco: l’equilibrio di linee e forme, la ricerca di una composizione armonica di molteplici elementi e strati.

Qual è stata la sua esperienza più significativa fino ad ora nel suo percorso professionale?

Ogni passo avanti nella ricerca è segnato da un lavoro che definisce quel momento. Penso di aver fatto almeno tre/quattro passi significativi da quando ho iniziato il mio percorso artistico. I Fumettisottovuoto sono stati la mia striscia a fumetti d’esordio, anticipando un periodo specifico del fumetto italiano. La serie Le Village Saint-Martin, simultanea a Running People, ha segnato il mio esordio a Parigi e in essa sono visibili le caratteristiche principali del mio lavoro: le architetture, la vitalità, le linee nette. The Summer Series, ha segnato una pausa dalle giocosità a favore di atmosfere più oniriche. Three Lands è il passo più recente, un ritorno alla giocosità, ma con messaggi complessi. Ogni passo fino a questo è stato significativo e importante.

In che modo Internet, i social media e le piattaforme online hanno influenzato la sua carriera?

Tutti i miei passaggi sono stati spontanei: dall’architettura al fumetto, dal fumetto all’illustrazione, dall’illustrazione all’arte visiva, alle installazioni. Internet ha sicuramente influenzato il mio passaggio dall’architettura al fumetto. Ho iniziato a scrivere e disegnare i Fumettisottovuoto mentre preparavo la tesi di laurea. Li condividevo nel mio blog, avevo molti lettori, sono stati, in Italia, il primo diario online a fumetti scritto da una ragazza, con tematiche più femministe che femminili. Oggi li ricordano in pochi, ma alla fine degli anni 2000 segnarono l’inizio di un trend che avrebbe avuto pieno successo solo qualche anno dopo, con l’arrivo dei social e con la fine dell’epoca dei blog. Io ero a già espatriata a Parigi per disegnare e raccontare altre cose. Nelle mie fasi successive, internet e i social media non hanno avuto un ruolo così determinante. Spesso i numeri che leggiamo sui social sono gonfiati, comprati, i dati sono illusori. Oggi una assenza virtuale è impensabile, ma una presenza virtuale incessante non coincide necessariamente con una carriera significativa.

La danza, Fumettisottovuoto, 2007

Quali progetti futuri ha in cantiere?

Sto portando a conclusione una serie di installazioni interne, un progetto che mi ha divertita molto, vi terrò aggiornati. In programma ho anche diversi libri di fantascienza da leggere e alcuni film polizieschi anni ’70 da guardare.

Quale consiglio darebbe a chi vorrebbe intraprendere questa carriera?

Fidati di chi sei tu, non seguire passivamente i trend. Bevi molta acqua.

 

 

Foto apertura :

Ritratto di Federica Del Proposto © Longblack

 

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