Tommaso Protti fotografa vita e morte di un mondo in crisi
Tempo stimato per la lettura: 3,3 minuti
«L’Amazzonia è un immenso tesoro naturale, abbandonato a cielo aperto». Con questa frase il fotoreporter Tommaso Protti conclude il suo testo d’introduzione al libro Amazzonia, vita e morte nella foresta tropicale brasiliana. Il suo progetto consacrato all’Amazzonia, vincitore della decima edizione del Premio Carmignac di fotogiornalismo, è esposto dal 4 dicembre 2019 al 14 febbraio 2020 alla Maison Européenne de la Photographie (MEP) di Parigi, dove l’ho incotrato per vivicreativo.
Da gennaio a luglio 2019, il fotoreporter italiano Tommaso Protti, accompagnato dal giornalista britannico Sam Cowie, ha viaggiato per migliaia di chilometri attraverso l’Amazzonia, dalla regione orientale di Maranhão alla regione occidentale di Rondônia attraversando gli stati di Para e Amazonas per documentare le crisi sociali e umanitarie sul territorio.
In viaggio per denunciare
«Volevo illustrare le trasformazioni sociali denunciando il massacro e la distruzione che stanno attualmente avvenendo nella regione», afferma il fotografo. «Queste diverse forme di violenza sono le conseguenze dei cambiamenti nel mercato internazionale e di un aumento esponenziale del consumo globale di cocaina e di carne bovina. Gli scienziati concordano sul fatto che la foresta sta per raggiungere un punto di non ritorno a causa delle troppe ferite inferte: la deforestazione, alimentata dal commercio illegale del legname, lo sfruttamento della terra, l’espansione agricola, lo sviluppo di progetti privati e statali, e l’estrazione delle risorse, per esempio l’oro attravero dei prodotti tossici come il mercurio. Penso che sia importante sensibilizzare l’opinione pubblica su questo argomento e chiedersi cosa stia succedendo», spiega Tommaso Protti.
Storia di un mondo in crisi
Senza porre un giudizio sulle scene che immortala, il fotoreporter racconta la storia di un mondo in crisi, vittima di un consumo eccessivo e di un’espansione agricola e urbana senza alcuna pianificazione. Durante il loro viaggio, Protti e Cowie hanno incontrato attivisti indigeni, gangs che lottano per il controllo del mercato della cocaina, rifugiati venezuelani in fuga dai conflitti o contadini che rischiano la vita per volere coltivare la terra. In questo contesto dissestato e molteplice, Tommaso Protti è riuscito a catturare l’ordinario in un’opera complessa, che mostra il teatro delle relazioni umane in una natura preziosa che corre troppo velocemente verso la rovina.
Dalla Lombardia al Brasile verso il Premio Carmignac
Tommaso Protti vive e lavora a San Paolo, Brasile. Nato a Mantova nel 1986, ha iniziato la sua carriera come fotografo nel 2011 dopo una laurea in scienze politiche e relazioni internazionali. Da allora, si è dedicato ai suoi progetti a lungo termine. Il suo lavoro è stato esposto in tutto il mondo e le sue fotografie sono pubblicate da molte riviste e giornali internazionali. Lavora anche con organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite. È un membro dell’agenzia Angustia.
Presieduta da Yolanda Kakabadse, ex ministro dell’ambiente dell’Ecuador ed ex presidente dell’associazione WWF, la giuria del Premio Carmignac ha premiato il suo vincitore del 2019, Tommaso Protti, durante il festival Visa pour l’immagine.
In difesa del fotogiornalismo
Dal 2009, il Premio Carmignac difende il fotogiornalismo, offrendo ai suoi vincitori una borsa di studio del valore di 50.000 euro che gli consente di produrre un reportage sul campo di sei mesi. Per la decima edizione del concorso, la Fondazione aveva proposto ai candidati di dedicarsi a un luogo unico: l’Amazzonia. Su una superficie di 5.500.000 km2, la sola regione rappresenta il 70 % della biodiversità mondiale, ospita un decimo delle specie terrestri e ospita 30 milioni di persone. Tuttavia, il polmone verde del pianeta è fragile. Una vulnerabilità accentuata in particolare dall’attività umana – emissioni di gas serra, erosione del suolo, distruzione della biodiversità – e incendi che devastano la regione.
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Tommaso Protti fotografa vita e morte di un mondo in crisi
Tempo stimato per la lettura: 10 minuti
«L’Amazzonia è un immenso tesoro naturale, abbandonato a cielo aperto». Con questa frase il fotoreporter Tommaso Protti conclude il suo testo d’introduzione al libro Amazzonia, vita e morte nella foresta tropicale brasiliana. Il suo progetto consacrato all’Amazzonia, vincitore della decima edizione del Premio Carmignac di fotogiornalismo, è esposto dal 4 dicembre 2019 al 14 febbraio 2020 alla Maison Européenne de la Photographie (MEP) di Parigi, dove l’ho incotrato per vivicreativo.
Da gennaio a luglio 2019, il fotoreporter italiano Tommaso Protti, accompagnato dal giornalista britannico Sam Cowie, ha viaggiato per migliaia di chilometri attraverso l’Amazzonia, dalla regione orientale di Maranhão alla regione occidentale di Rondônia attraversando gli stati di Para e Amazonas per documentare le crisi sociali e umanitarie sul territorio.
In viaggio per denunciare
«Volevo illustrare le trasformazioni sociali denunciando il massacro e la distruzione che stanno attualmente avvenendo nella regione», afferma il fotografo. «Queste diverse forme di violenza sono le conseguenze dei cambiamenti nel mercato internazionale e di un aumento esponenziale del consumo globale di cocaina e di carne bovina. Gli scienziati concordano sul fatto che la foresta sta per raggiungere un punto di non ritorno a causa delle troppe ferite inferte: la deforestazione, alimentata dal commercio illegale del legname, lo sfruttamento della terra, l’espansione agricola, lo sviluppo di progetti privati e statali, e l’estrazione delle risorse, per esempio l’oro attravero dei prodotti tossici come il mercurio. Penso che sia importante sensibilizzare l’opinione pubblica su questo argomento e chiedersi cosa stia succedendo», spiega Tommaso Protti.
Storia di un mondo in crisi
Senza porre un giudizio sulle scene che immortala, il fotoreporter racconta la storia di un mondo in crisi, vittima di un consumo eccessivo e di un’espansione agricola e urbana senza alcuna pianificazione. Durante il loro viaggio, Protti e Cowie hanno incontrato attivisti indigeni, gangs che lottano per il controllo del mercato della cocaina, rifugiati venezuelani in fuga dai conflitti o contadini che rischiano la vita per volere coltivare la terra. In questo contesto dissestato e molteplice, Tommaso Protti è riuscito a catturare l’ordinario in un’opera complessa, che mostra il teatro delle relazioni umane in una natura preziosa che corre troppo velocemente verso la rovina.
Dalla Lombardia al Brasile verso il Premio Carmignac
Tommaso Protti vive e lavora a San Paolo, Brasile. Nato a Mantova nel 1986, ha iniziato la sua carriera come fotografo nel 2011 dopo una laurea in scienze politiche e relazioni internazionali. Da allora, si è dedicato ai suoi progetti a lungo termine. Il suo lavoro è stato esposto in tutto il mondo e le sue fotografie sono pubblicate da molte riviste e giornali internazionali. Lavora anche con organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite. È un membro dell’agenzia Angustia.
Presieduta da Yolanda Kakabadse, ex ministro dell’ambiente dell’Ecuador ed ex presidente dell’associazione WWF, la giuria del Premio Carmignac ha premiato il suo vincitore del 2019, Tommaso Protti, durante il festival Visa pour l’immagine.
In difesa del fotogiornalismo
Dal 2009, il Premio Carmignac difende il fotogiornalismo, offrendo ai suoi vincitori una borsa di studio del valore di 50.000 euro che gli consente di produrre un reportage sul campo di sei mesi. Per la decima edizione del concorso, la Fondazione aveva proposto ai candidati di dedicarsi a un luogo unico: l’Amazzonia. Su una superficie di 5.500.000 km2, la sola regione rappresenta il 70 % della biodiversità mondiale, ospita un decimo delle specie terrestri e ospita 30 milioni di persone. Tuttavia, il polmone verde del pianeta è fragile. Una vulnerabilità accentuata in particolare dall’attività umana – emissioni di gas serra, erosione del suolo, distruzione della biodiversità – e incendi che devastano la regione.
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